venerdì 6 aprile 2018

6 aprile 1992, inizia l’incubo a Višegrad


26 anni fa aveva inizio la guerra in Bosnia Erzegovina con l’assedio di Sarajevo, che con i suoi 1445 giorni è stato l’assedio più lungo della storia del ventesimo secolo e, a Višegrad, con l’inizio dei bombardamenti ai danni delle case dei musulmani-bosniaci.
Ripercorriamo brevemente quei giorni grazie alle parole del giornalista e scrittore  Luca Leone nel reportage sul campo dal titolo Višegrad. L’odio, la morte, l’oblio
Ragioni economiche, storiche e strategiche porta­no, il 6 aprile 1992, unità serbe locali appartenenti alla Jna, ovvero la Ju­goslovenska narodna armija, ad aprire il fuoco contro la città di Višegrad oltre che contro molti villaggi circostanti.
Il referendum del 1° marzo 1992 aveva sancito quasi all’unanimi­tà – con l’esclusione della quasi totalità dei cittadini serbo-bosniaci, che si erano astenuti dalle urne, come chiesto dal loro leader Radovan Karadžić – la volontà della Bosnia Erzegovina di seguire l’esempio slo­veno e croato e di proclamare l’indipendenza della Repubblica dalla Jugoslavia. La reazione serbo-bosniaca è quasi immediata e si concre­tizza in un diffuso intervento armato contro la Bosnia Erzegovina, sia a Sarajevo che in molte città di confine. Tra queste, Višegrad.
Una breve digressione. Il 6 aprile 1992 è il giorno in cui viene fatto formalmente cominciare il conflitto in Bosnia Erzegovina. È il giorno in cui i cecchini, a Sarajevo, assassinano Suada Dilberović e Olga Sučić. Qualche libro riporta la data del 5 aprile per raccontare lo scoppio del conflitto. In realtà non è così. Come non è vero, o non del tutto, che è quello il giorno in cui comincia l’aggressione contro la municipalità di Višegrad. Si tratta, in verità, di date simboliche, perché l’essere umano ha bisogno di catalogare tutto, e per farlo necessita di un inizio e di una fine – trasferendo così negli archivi che forse giungeranno ai posteri la sua, la nostra, biologica finitezza e fragilità.
I primi segnali dell’inizio del conflitto in Bosnia Erzegovina risalgono alla fine del 1991. La prima vittima sacrificale fu la cittadina bosniaco-er­zegovese di Ravno, ad ampia maggioranza croato-bosniaca, attaccata dal­le forze serbo-bosniache. L’allora presidente bosniaco Alija Izetbegović, il presunto padre della Bosnia Erzegovina, bollò quel primo episodio di pulizia etnica come un “fatto” tra serbi e croati e tranquillizzò i suoi con­cittadini – come follemente avrebbe fatto altre volte, in seguito, anche di fronte all’evidenza dell’inizio dell’assedio a Sarajevo – asserendo che la Bosnia in quel conflitto sarebbe rimasta neutrale. Chissà se l’intellettua­le musulmano-bosniaco amico della Libia e dell’Arabia Saudita (e degli Stati Uniti) lo pensava davvero. Le prime richieste d’aiuto arrivano a Sarajevo, però, dai villaggi e dalle cittadine lungo la Drina, in particolare da Bijeljina (che è ben più di una cittadina, con i suoi quasi 115.000 abitanti) e da Zvornik. Parliamo del 4-5 aprile.