Dopo
tre mesi, invece, finalmente qualcosa sembra muoversi dal punto di vista delle
donazioni internazionali. Nei giorni scorsi una conferenza dei donatori svoltasi
a Bruxelles ha stanziato 809 milioni di euro per la Bosnia Erzegovina e 995
milioni di euro per la Serbia oltre ad altri 41 milioni per le attività
transfrontaliere di ricostruzione tra i due Paesi. I finanziamenti servono per
ricostruire le case, per l’assistenza agli sfollati, la sistemazione degli
edifici pubblici, la ripresa delle forniture idriche ed elettriche e la
ricostruzione delle strade e delle altre strutture viarie, in primis i ponti. Non
è chiaro chi gestirà questi soldi e come, e questo, in Paesi profondamente
corrotti come Bosnia e Serbia, è un serio problema.
In
più, a detta della Commissione europea, le alluvioni dello scorso maggio
avrebbero provocati danni strutturali per oltre due miliardi di euro. Un
disastro per i due Paesi ma, volendo provare a essere ottimisti, anche una
grande chance per rilanciare l’occupazione attraverso la ricostruzione e
progettare finalmente un vero e serio sviluppo dei due Paesi. Conoscendo,
invece, i caratteri e la voracità dei politici balcanici, è ovvio dare per scontato
che anche questa chance nata da una tragedia andrà persa. Una tragedia nella
tragedia, in parole povere. Povere come il futuro della gente di questi due
Paesi afflitti dalle peggiori classi politiche d’Europa, al pari dell’Italia.