Quella
che vedete è la mia zucca di Halloween per il 2015 (di cui, tra l’altro, andavo
decisamente orgoglioso, prima di averne vista in foto un’altra… quindi la sfida
per l’anno prossimo è lanciata!). Una zucca ravennate, comprata in un negozio
di frutta e verdura a due passi dal centro.
Siccome
chi scrive non crede in streghe, fantasmi e mostri (tranne quelli in carne e
ossa che purtroppo si aggirano tra noi), tende dunque a scartare decisamente l’ipotesi
– sposata da certo estremismo cattolico in vena di spargere zizzania qua e là –
che la festa di Halloween sia in alcun modo legata a invocazioni a Satana. È di
certo una festa pagana che la Ognissanti cattolica, a differenza di tante altre
feste pagane, non è riuscita a sopprimere o ad assorbire. E già per questo
merita un certo rispetto, visto che ogni altra festività pagana (pensiamo al Ferragosto)
è stata soppiantata e assorbita dagli uomini con la gonna che comandano in
quell’angolino di mondo troppo opulento che si chiama Vaticano.
Halloween,
come tutti sanno, deriva il suo nome da “All Hallow Eve”, cioè Tutti i Santi, e
ne è la variante scozzese. Quindi qui più di qualcuno alzerà le antenne e gli
scudi: Scozia, quindi Celti, quindi pagani precristiani che hanno fatto finta
di arrendersi al cristianesimo ma ancora vivono in mezzo a noi, eccetera…
(scene di panico, crocifissi in fiamme, legna accatastata per ogni evenienza…).
Per i
Celti il 31 ottobre – che oggi per noi è la festa di Halloween – era una data
speciale, perché segnava la fine dell’estate. Si celebrava allora, quel giorno,
la festa di Samhain, ovvero la fine della stagione dei raccolti e l’inizio dell’inverno.
Che non era l’inverno nostro da riscaldamento globale, per essere precisi. Era
questa, contestualmente, la notte in cui le anime dei morti tornavano sulla
terra in varie fogge, ovvero come fantasmi, streghe, demoni… ovvero tutto ciò
in cui non crede chi scrive… oltre a Berlusconi, Renzi e i vari onemanshow di moda in questi tempi
tristi, forse loro, davvero, incarnazione dei nostri peggiori fantasmi…
Poi,
come si sa – non lo sanno i leghisti, perché sono ignoranti, e i fascisti,
perché sono se stessi… e lo fanno molto bene… – l’uomo da quando è nato su
questo povero pezzo di mondo sferico con i poli schiacciati, cammina, si
sposta, vaga, si trasferisce, transita… da ben prima che la privatizzazione
delle autostrade e delle ferrovie dello Stato creasse i disastri che tutti i giorni
viviamo. E così qualche celto – e senz’altro la cultura celtica – un bel giorno
arriva negli Stati Uniti. Che, si sa, sono la patria di Hollywood, della
plastica, delle californiane con le tette rifatte e del neoliberismo, per cui
se quattro più quattro fa otto, era inevitabile che proprio là nascesse la
festa che poi, negli ultimi anni, è rimbalzata di nuovo di qua, nella vecchia
Europa, perdendo al contempo ogni lato macabro e trasformandosi in un evento
ludico e commerciale. Praticamente, l’incarnazione di un grande cartone animato
di Scooby-doo grande come l’intero Occidente.
Insomma:
se vi citofonano per fare “trick or treat”, “dolcetto o scherzetto”, non uscite
con la spingarda e il crocifisso spianati, ma portate con voi qualche
caramella, dei cioccolatini, un sorriso: non vi sta suonando Lucifero in
persona, ma qualche bambino o ragazzino, fortunatamente figli di famiglie meno
bigotte, oltranziste, reazionarie, medievali, ultracatto, eccetera. Che bello
che ne esistano ancora, pensate un po’!
E la
zucca?
Quella
coi Celti, poveracci, non c’entra proprio niente (al pari della festa di Halloween
come la consociamo noi, d’altronde…). La zucca – saporito e meraviglioso frutto
di stagione dalle vitaminiche molteplici capacità – entra in scena nell’Ottocento,
verso la metà. Non da sola. Perché a Halloween serve anche il coltello, per l’intaglio.
La sfiga dell’intaglio, prima della zucca, in effetti, toccava alle rape.
Meglio la zucca, direi, che sporca anche meno.
La
storia dell’intaglio nasce invece da una leggenda di quelle da raccontare
quando c’è il temporale, va via la luce e i bambini fanno finta di tremare di
paura (perché quelli che tremano, in realtà, sono i grandi, per quanto si
stampino in faccia un ghigno che dovrebbe essere un sorriso di superiorità).
Insomma,
pare che un tempo un certo Jack, fabbro irlandese furbo e con il vizio del
bere, s’imbatté nel diavolo in persona. S’incontrarono al bar, pensa un po’.
Satanasso voleva a tutti i costi l’anima di Jack (che sarebbe quindi diventata
animaccia…), ma questi – bevi che ti ribevi, siccome reggeva l’alcol meglio del
demonio in persona – convinse Lucifero a trasformarsi in una moneta in cambio
dell’ultima bevuta. Così Jack pagò e se la diede a gambe. Passarono dieci anni
e Satana si ripresentò, sempre in forma di moneta, al povero Jack: “Furbacchione,
pensavi di avermela fatta, neh!?!” (era un diavolaccio piemontese…). Jack quasi
stramazzò al suolo, ma trovò la prontezza di riflessi per stringere un patto
con il diavolo: libertà per questi, che finalmente poté tornare a prendere le
sue sembianze, e anima salva per il nostro Jack. Che però non subodorò la
fregatura. Infatti, al momento della dipartita, il nostro fabbro era certo di
aver scampato la dannazione eterna, ma non aveva capito che le porte del
paradiso gli sarebbero rimaste chiuse per sempre al pari di quelle dell’inferno.
E se si sta nella terra di mezzo, che si fa? Ecco che così da allora Jack gira
senza trovare pace in cerca di rifugio, facendosi luce con la rapa in cui
Satana conficcò un tizzone ardente (che in realtà forse aveva tirato per
beccare l’alcolico fabbro sulla capoccia). Ecco spiegato il perché delle rape,
insomma.
A
proposito, Jack di cognome faceva O’ Lantern. Almeno così si dice.
Buon
Halloween di scherzi e giochi. E fate girare questo post, possibilmente
inviandolo a chi non festeggia… e che ci si faccia una risata, perbacco, ogni
tanto!