A 15
anni può capitare d’essere campione italiano di
tiro con l’arco, specialità hunter
field, e di camminare con i piedi saldamente per terra.
È il
caso di Mattia Venturelli, campione in erba della Compagnia degli arcieri e
balestrieri della Torre di Formigine, così giovane eppure per già ben tre volte
campione italiano. La prima volta, nel 2014, arco nudo indoor (quei 18 metri che per molti arcieri sono un vero e proprio
incubo invernale), quindi sempre quell’anno nella specialità hunter field. Infine, nel settembre
2015, ad Avellino, di nuovo campione d’Italia hunter field. Ma non più
nella categoria “ragazzi”, bensì in quella, ben più probante, degli “allievi”.
Si comincia a fare veramente sul serio, insomma.
Se
volete, per un “arciere in erba” come chi scrive, lo choc maggiore è raccontare le gesta di un tre volte campione
d’Italia sulla cui carta d’identità c’è scritto come anno di nascita il 2000.
Trent’anni prima di me, in poche parole… al giorno d’oggi, almeno tre ere
geologiche da una decade ciascuna…
“Ho iniziato a tirare con l’arco così per gioco. – racconta Mattia
con il suo sorriso timido – Me lo ricordo ancora... è stato nell'estate del
2010. Mi trovavo in vacanza con la mia famiglia in un villaggio turistico e
c'era la possibilità di provare a tirare con l’arco. Dopo un po’ di suppliche,
i miei genitori mi hanno dato il permesso di provare... è sempre stato il mio
sogno poter scoccare un freccia... dopodiché mi sono innamorato di questo sport
e, tornati a casa, abbiamo cercato su internet la società più vicina a Pavullo,
la località del modenese dove viviamo. Trovammo a Formigine gli Arcieri e
balestrieri della Torre. L’accoglienza è stata da subito fantastica e
l’istruttore federale Pietro Lodi mi ha preso sotto la sua ala protettiva,
facendomi capire che questo sport mi avrebbe potuto dare tante soddisfazioni”.
Oltre a Lodi, altri due nomi importanti per la
crescita di Mattia sono stati quelli di Marco Golfieri, arciere “che mi ha dato
una grossa mano per migliorare tanto”, e quello di Adriano Frigeri (nella foto con Mattia e la medaglia), “che oggi è
il mio coach e mi ha fatto fare quel
cosiddetto salto di qualità”, spiega il giovane campione. Che svela un
“segreto” e un sogno: “Io non sono uno che pretende tanto da sé, però quando mi
impongo un obbiettivo cerco di metterci cuore e anima... ecco...il mio
obbiettivo era ed è tutt'ora quello di avere un futuro in questo sport... e ci
sto letteralmente mettendo tutto me stesso per farcela... Certo, questo
comporta delle rinunce non facili per un adolescente, come il non poter sempre
uscire con gli amici… però vedo che i miei sacrifici vengono premiati da tante
soddisfazioni”. E quindi c’è da immaginare che Mattia nei prossimi anni ce la
metterà tutta non solo per migliorarsi, ma – che è poi ciò che più conta in uno
sport – divertirsi e crescere. In bocca al lupo a Mattia e ai tanti ragazzi in
gamba come lui, che l’Italia si ostina a voler continuare a ignorare o a
relegare in un ruolo di eterni comprimari.