Keith
Richards, chitarrista dei Rolling Stones, pare che una volta abbia detto: “Sono
stato per dieci anni al numero uno della ‘lista delle persone che vorresti
veder morto’. Insomma, ero molto dispiaciuto quando ne sono uscito”.
Io
non so suonare la chitarra e non me la cavo tanto bene nemmeno col citofono, a
volerla dire tutta, però dieci anni fa mi sono iscritto da solo alla lista
delle persone che volevano provare a rendere migliore l’Italia attraverso la
cultura. E, un po’ d’ufficio e un po’ perché ci credevano anche loro, ci ho
iscritto la mia piccola famiglia e tante amiche e tanti amici. Non me ne pento
e non ne sono ancora uscito, da questo gruppo, – e questo già è qualcosa di
immenso, un vero lusso, visto il periodo – ma confesso d’aver capito, con
profonda delusione, che l’Italia e gli italiani della cultura, e specificamente
del libro, se ne infischiano, in questo magistralmente guidati dalla classe
politica che da anni e anni e anni ci governa e ci amministra. Forse ci
assedia.
Ti
ritrovi, insomma, a suonare, cantare e tirare il carro sempre da solo, in
questo Paese allergico alla cultura e ai libri. Ma intanto, asciugandoti il
sudore, durante una sosta ti accorgi che sono già passati dieci anni. Un
decennio. Una volta – penso agli anni Ottanta e Novanta – una band musicale avrebbe fatto un bel disco
antologico per festeggiare “la prima decade”. E poi una serie di concerti e
magari un bel disco live. Ma una casa
editrice?
Giunta
al decimo anno di vita, in piena crisi editoriale ed economica nazionale, che
cosa può mai fare una piccola casa editrice? Oltre che, beninteso, continuare a
sperare che il settore editoriale non crolli del tutto?
Alla
fine, a forza di porci quella domanda senza riuscire a darci una risposta, il
tempo è passato inesorabilmente e ha deciso per noi: l’unica cosa da fare è
festeggiare lavorando, ovvero continuare a fare quel che abbiamo fatto in ogni
secondo degli ultimi dieci anni. Con gioia e soddisfazione. Perché quando si è
liberi e indipendenti e si mangia il pane che deriva dal proprio duro lavoro,
non si può che essere felici, soddisfatti e grati.
L’8
novembre 2014, sabato, saremo dunque al lavoro e festeggeremo, sommessamente,
la nostra prima decade d’esistenza a Chiari, in occasione della Rassegna della Microeditoria
che da tanti anni si tiene a Villa Mazzotti. Perché essere piccoli non è una
vergogna. L’Italia da decenni si regge sulle fatiche delle piccole imprese,
mentre le grandi vanno avanti grazie a cassa integrazione e sussidi più o meno
mascherati.
Questo
sommesso evento, i nostri primi dieci anni di vita quasi sussurrati,
rappresentano però un’occasione importante per fare un po’ il punto della situazione.
Ho pensato, inizialmente, di riavvolgere il nastro del tempo e di provare a
raccontare qualche aneddoto. Ce ne sarebbero tanti, ma non credo d’essere
dell’umore giusto. Allora preferisco affidarmi ai numeri e ai nomi.
I
numeri, innanzi tutto. In dieci anni, nove collane, la decima in arrivo nel
2015; 193 libri pubblicati in formato cartaceo, molti dei quali con molteplici
edizioni e ristampe; quasi tutti pubblicati anche in digitale, formato in cui
abbiamo sperimentato negli ultimi diciotto mesi anche cinque e-book inediti, per un totale di 198
titoli inediti pubblicati in dieci anni. Considerato che nei primi dodici mesi
della nostra esistenza avevamo pubblicato sette titoli (con tre ristampe), la
media di 19,8 libri l’anno per un piccolo editore non a pagamento è qualcosa di
eccezionale. Qualche altro numero, prima di passare agli autori: dieci nostri
titoli sono stati tradotti all’estero; vendiamo libri, oltre che in Italia, in
gran parte dei Paesi europei, in Messico, Stati Uniti, Australia; il nostro
libro più venduto ha totalizzato circa 15.000 copie in libreria. Ancora, e per
concludere: i nostri e-book, nei
formati epub e mobi (e qualcosa in pdf, ma ancora per poco), sono in vendita in
tutti i più importanti store on line
del mondo e i dati di vendita danno un lieve e costante incremento mensile. Non
sappiamo se felicitarcene o meno, perché siamo affezionati al libro cartaceo.
Ma ne prendiamo con interesse atto, certi che il digitale non ucciderà il
cartaceo ma, senz’altro, lo cambierà. E non è detto che sia in peggio.
Tutti
questi, e tanti altri, sono i dati di un’azienda viva, attiva, dinamica,
giovane ma già affermata. Che non intende di certo fermarsi. Anzi, che vuole
rilanciare.
Passiamo
agli autori: con i due libri in uscita a novembre, i nostri autori diventeranno
176. Qualche nome – precisando che coloro che non saranno qui citati non sono
per noi certamente meno importanti di chi lo sarà – in ordine più o meno
sparso: Andrea Camilleri, Erri De Luca, Franco Battiato, Jovan Divjak, Luciano
Garofano, Alessandro Meluzzi, Francesco De Filippo, Ricardo Sabas Martin, Enzo
Barnabà, Mauro Bergamasco, Daniele Nardi, Marco Scarpati, Andrea Satta,
Emanuela Zuccalà, Jasmina Tesanovic, Daniele Scaglione, Martin e Florian
Riegler, Dario Ricci, Gianni Pittella, Lucilio Santoni, Corrado Ruggeri…
A
costoro e agli altri ci sarebbe da aggiungere il nome di chi firma questo
articolo, che qualche soddisfazione editoriale se l’è pur tolta, in tutti
questi anni.
Poi
ci sono le nostre “scoperte”, ovvero gli autori che abbiamo lanciato e che
danno lustro al nostro marchio: Giuseppe Coco e Gabriele Del Grande su tutti,
poi ci sarebbe da fare un altro nome, una ex ragazzina bosniaca il cui nome mi
fu suggerito anni fa dal professor Predrag Matvejevic, e che oggi mi rifiuto di
scrivere perché preferisco evitare qualsiasi forma di pubblicità gratuita a
favore di chi se n’è voluta andare via senza salutare e senza nemmeno
ringraziare, dimostrando che la mancanza di riconoscenza non è un vizio solo
italiano. O forse è una malattia così facilmente trasmissibile da riuscire a
contagiare chiunque venga a trasferirsi qui.
Infinito
edizioni in questi dieci anni ha affrontato temi forti e importanti: la Bosnia
e i Balcani; i migranti e il Mare di Mezzo trasformato in Mare Solido; i
diritti dei bambini e quelli di genere; i diritti umani in tutte le loro
declinazioni; genocidi di cui nessuno voleva o sapeva parlare; la lotta contro
la prostituzione minorile in Cambogia e in Thailandia, argomento che tanto
infastidisce certi maschietti italiani con tanti timbri asiatici sul
passaporto; le tragedie africane; Chernobyl; ma anche l’Europa e il mondo che
cambiano; la medicina tradizionale e quella naturale; la Resistenza;
l’anti-fascismo nella guerra di Spagna; eccidi dimenticati come quello di Aigues-Mortes;
la scuola che cambia e che invece non cambia mai…
E di
quanti Paesi abbiamo raccontato? Difficile enumerarli tutti. A memoria e in
ordine sparso, senz’altro abbiamo parlato di Bosnia, Serbia, Slovenia, Italia,
Kosovo, Isole Canarie, Argentina, Russia, Cecenia, Paraguay, Uruguay, Rwanda,
Costa d’Avorio, Palestina, Israele, Egitto, Portogallo, Sudafrica, Svezia,
Birmania, Svizzera…
Insomma,
questi siamo noi, questa è la Infinito edizioni, che da gennaio del 2014 ha
cambiato distributore, passando a Dehoniana, e che ce la sta mettendo tutta – e
continuerà a farlo – per fare sempre meglio e sempre di più.
Poi
c’è la pagina meno gradevole, che non va taciuta. La pagina di quelli a cui
sappiamo di stare antipatici, di quelli che seminano zizzania, di quelli che ti
accoltellano alle spalle. Ma in un giorno di festa, è bello pensare a costoro
come a una sparuta minoranza; agguerrita, polemica, talvolta ingiuriosa, ma
senz’altro minoranza. In cui infilare (e poi dimenticare dopo aver chiuso il
tappo) qualche collega geloso, qualche autore maleducato, qualche aspirante
autore respinto, qualche collega giornalista troppo legato all’italico “lei non
sa chi sono io” che ha stancato, credo, tutti, e di cui sarebbe ormai ora di
saper fare a meno, qualche organizzatore di fiere e iniziative attento solo
all’incasso, qualche deludente librario e un importante teatro milanese
scappati coi (nostri) libri e soldi. Poi certi politici. Ma quelli passano,
come l’acqua sotto i ponti, che però spesso non lesina danni… È il “lei non sa
chi sono io” di cui sopra, sempre in bocca ai tromboni di qualunque casta e
categoria.
In
chiusura, dopo aver fatto nomi ed elencato dati di un compleanno in punta di
piedi, permettetemi, e permettete a tutti noi della Infinito edizioni, di fare
alcuni ringraziamenti sinceri: alla stragrande maggioranza dei nostri autori,
molti dei quali capaci di un coraggio senza pari (penso, per tutti, alla nostra
Anna Milazzo); ai nostri distributori e promotori; ai giornalisti che, sempre
numerosi, recensiscono i nostri libri; ai tipografi e a tutti coloro con cui
più o meno quotidianamente lavoriamo e collaboriamo.
Per ultimi, i
ringraziamenti più importanti: ai nostri lettori, sempre di più, sempre più
affezionati, sempre attenti e motivati. Nonostante la crisi. Siete la nostra
forza e il nostro orgoglio. E con voi, con tutti voi, speriamo sarà possibile
condividere altri dieci anni di lavoro, letture, impegno e sogni. Perché le
voci di tutti noi, singolarmente prese, sono forse flebili. Ma insieme siamo
una grande forza. E attraverso i libri questa forza la possiamo davvero far
sentire, fino a farla diventare, se serve, un ruggito.