Martedì 26 maggio ricorre il quarto
anniversario dell’arresto di Ratko Mladić, generale e capo di stato maggiore dell’esercito
dell’autoproclamata Repubblica Serba di Bosnia (Rs) durante la guerra del
1992-1995. Mladić era
stato fermato dopo 16 anni di latitanza nel villaggio di Lazarevo, nel nord
della Serbia e, nonostante fosse ricercato dal Tribunale per i crimini di
guerra nell'ex-Jugoslavia (Tpi) con le accuse di genocidio, crimini contro l'umanità, violazione
delle leggi di guerra durante l'assedio di Sarajevo e per il genocidio di Srebrenica, godeva della
protezione e persino della pensione militare da parte dello Stato serbo.Il processo di primo grado presso il Tpi è ancora
in corso e si auspica che il verdetto possa arrivare entro la fine del 2015. Al
momento, è previsto che il Tpi chiuda i suoi lavori alla fine del 2017.Lo stupro etnico,
una delle colpe di cui si è macchiata la soldataglia agli ordini di Mladic,
viene raccontato in questo breve brano tratto da “Srebrenica.
La giustizia negata”
di Luca Leone e Riccardo Noury.
“Tra
il 2005 e il 2014, i tribunali locali hanno esaminato solo cinquanta casi di
stupro. Un numero irrisorio. La giustizia è dunque una chimera. Nonostante sia
ciò da cui poter davvero ripartire. Lo spiega bene ‘Aida’: “Il mio più grande
desiderio è che lo arrestino. In quel momento sarò felice. Non riesco a vivere
normalmente finché non accade. Quella persona è responsabile di tutto ciò che
di negativo è accaduto nella mia vita. È entrato in casa nostra. Mi ha presa
davanti ai miei genitori e mi ha portato in una stanza dove mi ha violentata.
Poi ha legato le mani di mio padre con un laccio e lo ha portato via. Infine,
ha incendiato la nostra abitazione. Ogni giorno è peggio. Non riesco a
cancellare niente dalla mia memoria, se non lo arrestano”.Secondo Luca
Leone, autore di ben sette libri (sei dei quali per la Infinito edizioni) sulla
Bosnia Erzegovina, due dei quali dedicati al genocidio di Srebrenica (“Srebrenica. I giorni della vergogna” e “Srebrenica. La giustizia negata”), “è difficile, se non
impossibile, pensare al momento che entro il dicembre del 2017 si arrivi alla
lettura della sentenza di secondo grado nel processo contro Mladić. Il
pessimismo deriva dal fatto che il procedimento contro l’altro grande accusato,
l’ex presidente serbo-bosniaco Radovan Karadžić, è in corso da ormai sette anni
e non si è ancora arrivati a sentenza di primo grado. La condanna di Mladić
sembrerebbe scontata, viste anche le due sentenze del Tpi (2001 e 2004) ai
danni del numero due a Srebrenica di Mladić, ovvero Radislav Krstić, condannato
sia in primo che in secondo grado (prima a 46, poi a 35 anni di reclusione) per
il genocidio di Srebrenica. È però difficile poter avere certezze al momento
sulla condanna di Mladić poiché la giurisprudenza del Tpi ultimamente sembra
cambiata nel senso di attribuire il grosso delle responsabilità a chi fece le
scelte politiche, sgravando, incredibilmente, di colpe gli esecutori militari e
materiali di quelle decisioni. Per questo e per tanti altri motivi la condanna
di Mladić, che pure sembra una formalità, non potrà essere data per scontata
fintantoché non si arrivi a sentenza di secondo grado. Ma, ripeto, è
impensabile, al momento, che questo avvenga entro la fine del 2017. E se la
parola dovesse passare ai tribunali bosniaci è probabile che giustizia, visto
lo stato pietoso in cui versa la giustizia in Bosnia Erzegovina, non sarà mai
fatta”.