Moni Ovadia: “Lo sconvolgente volume di Riccardo Noury
e Luca Leone ci mostra che la comunità internazionale e le vaste maggioranze
delle nostre società, sono segnate da un tragico fallimento perché se i
sopravvissuti al genocidio di Srebrenica e i familiari dei trucidati, delle
donne stuprate, dei torturati e fatti a pezzi, non trovano giustizia e pace a
distanza di vent’anni e se atrocità di simile portata si sono prodotte nelle
terre della ex Jugoslavia che conobbe nelle sue forme più brutali la ferocia dei
nazisti e dei fascisti, ci troviamo di fronte alla bancarotta morale
dell’intero Occidente”
Srebrenica, dall’antico nome latino “Argentaria” si può tradurre in “città
dell’argento”. Prima del 1992 era conosciuta per le terme, l’estrazione di
salgemma e le miniere. Poi, la storia si è incaricata di concentrare lì il
peggio delle atrocità. In questa località tra i monti della Bosnia
nord-orientale oltre diecimila musulmani bosniaci maschi, tra i 12 e i 76
anni, vennero catturati, torturati, uccisi e sepolti in fosse comuni
dalle forze ultranazionaliste serbo-bosniache e dai paramilitari serbi.
Era l’11 luglio del 1995, vent’anni fa. La “mattanza” avvenne in una decina di
giorni, dopo che la città, assediata per tre anni e mezzo, dall’inizio del conflitto,
il 10 luglio era caduta nelle mani del generale Ratko Mladić. Il 19 aprile 2004
il Tribunale internazionale dell’Aja per l’ex Jugoslavia (Tpi) ha definito
quello di Srebrenica “genocidio”, il primo in Europa dalla fine della seconda
guerra mondiale. Ma da quel momento, tra omissioni e rinvii, si è fatto
poco. Restano le tombe, il ricordo di uccisioni, saccheggi, violenze, torture,
sequestri, detenzione illegale e sterminio. Ci sarà mai giustizia? Quattro
lustri dopo, rimane un profondo senso di ingiustizia e di impotenza nei
sopravvissuti e un pericoloso messaggio di impunità per i carnefici di allora,
in buona parte ancora a piede libero e considerati da alcuni persino degli
“eroi”.
Con il libro “ Srebrenica, la giustizia negata”
(Infinito edizioni), Luca Leone e Riccardo Noury accompagnano il lettore
in un attualissimo e amaro reportage dentro al buco nero della guerra e
del dopoguerra bosniaco e nel vuoto totale di giustizia che ha seguito il
genocidio di Srebrenica, una delle pagine più vergognose della storia europea
del Novecento, sicuramente la peggiore dalla fine della seconda guerra
mondiale. “Lo sconvolgente volume di Riccardo Noury e Luca Leone –
Srebrenica. La giustizia negata – ci mostra che la comunità
internazionale e le vaste maggioranze delle nostre società, sono segnate da un
tragico fallimento perché se i sopravvissuti al genocidio di Srebrenica e i
familiari dei trucidati, delle donne stuprate, dei torturati e fatti a pezzi,
non trovano giustizia e pace a distanza di vent’anni e se atrocità di simile
portata si sono prodotte nelle terre della ex Jugoslavia che conobbe nelle sue
forme più brutali la ferocia dei nazisti e dei fascisti, ci troviamo di fronte
alla bancarotta morale dell’intero Occidente in primis, in particolare
dell’Europa comunitaria pavida e opportunista, nonché dell’Onu, imbelle e
impotente”. Così scrive nella sua prefazione lo scrittore e attore teatrale,
Moni Ovadia. Riccardo Noury è il portavoce di Amnesty International Italia
e Luca Leone è tra gli scrittori che più si sono impegnati a raccontare
ciò che è stato fatto a Srebrenica affinché il grido delle madri, mogli e
figlie di chi venne ucciso nella città “ dell’argento e del sangue non resti
inascoltato. Da anni , queste donne coraggiose, durante le loro proteste non
violente, che si svolgono l’11 di ogni mese a Tuzla pronunciano una parola:
“Odgovornost”, responsabilità. Chiedono verità e giustizia, accertamento delle
responsabilità, condanne per i criminali. All’epoca dei fatti, la
Comunità Internazionale, affogando in un mare d’ignavia e di disprezzo,
non mosse un dito e volto lo sguardo altrove, così che
quarantamila persone furono lasciate nelle mani delle forze
serbo-bosniache e dei paramilitari. Il libro di Luca Leone e Riccardo Nouryci
mostra tutto questo, senza filtri, mettendo a nudo questa vergogna. Come scrive
ancora Moni Ovadia, “se i sopravvissuti al genocidio di Srebrenica e i
familiari dei trucidati, delle donne stuprate, dei torturati e fatti a pezzi,
non trovano giustizia e pace a distanza di vent’anni e se atrocità di simile
portata si sono prodotte nelle terre della ex Jugoslavia che conobbe nelle sue
forme più brutali la ferocia dei nazisti e dei fascisti, ci troviamo di fronte
alla bancarotta morale dell’intero Occidente in primis, in particolare
dell’Europa comunitaria pavida e opportunista, nonché dell’Onu, imbelle e
impotente”. Non si può stare zitti e guardare tra quelle montagne di Bosnia con
occhi indifferenti e bui. Uno dei più grandi intellettuali balcanici, Predrag
Matvejevic, scrisse: “I tragici fatti dei Balcani continuano, non si
esauriscono nel ricordo come avviene per altri. Chi li ha vissuti, chi ne è
stato vittima, non li dimentica facilmente. Chi per tanto tempo è stato immerso
in essi non può cancellarli dalla memoria”. Parole amare e sagge. Parole da
ascoltare.
Marco Travaglini per "Il Torinese" (mercoledì 29 aprile 2015)