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Parigi per diversi giorni si è parlato di cambiamenti climatici: la Cop21,
convocata dall’Onu, era iniziata con aspettative e speranze, ma anche con molto
scetticismo sulle reali prospettive di impegno da parte dei Paesi maggiori
inquinatori del pianeta. Pesava l’esperienza del Protocollo di Kyoto, entrato
in vigore nel 2005, otto anni dopo la sua approvazione, senza l’adesione
degli Stati Uniti e di altri Paesi grandi inquinatori quali Cina e India,
responsabili in totale del 40 per cento delle emissioni di gas serra nell’atmosfera.
Da
più parti la discussione sui metodi per ridurre il tasso di crescita della
temperatura sul pianeta e iniziare una retromarcia è stata incentrata sul
ricorso alle fonti energetiche rinnovabili. Un futuro completamente senza
combustibili fossili è il desiderio delle organizzazioni non governative (ong),
dei movimenti ambientalisti e di gran parte della popolazione dei Paesi più
industrializzati e di conseguenza più inquinanti, ormai consapevole della
necessità di un cambiamento radicale del modo di produrre e consumare energia.
Il
risultato della Cop21 segnala l’approvazione del documento finale da parte di
195 Paesi e questo traguardo è stato salutato come un risultato eccezionale.
Ciò nonostante i motivi per esultare sono davvero pochi. Innanzitutto,
l’accordo non mira a ridurre le emissioni, ma punta a far sì che nel 2030 si
mantengano ai livelli attuali, in modo da contenere l’aumento delle temperature
nei limiti dei 2°C (e non è detto che sia sufficiente). Inoltre, i 29
articoli dell’accordo si limitano a raccomandare agli Stati di tenere
comportamenti virtuosi, ma non prevedono sanzioni, quindi quello che è stato
salutato come un momento epocale non è altro che uno scambio di vaghe promesse
il cui rispetto è rimesso alla piena discrezione degli Stati.
In
definitiva, pare evidente che i governi del pianeta e i gruppi economici e
lobbistici che purtroppo li sostengono non sono minimamente interessati al
futuro ma solo al loro presente, sotto forma di massimizzazione del loro
guadagno, arrivando probabilmente a considerare le catastrofi naturali del
futuro come una potenzialità di guadagno e non come dei disastri collettivi.
Se
mai l’umanità ha dimostrato di avere dei governanti incompetenti e privi di
etica, lo ha fatto di sicuro a Parigi in occasione della Cop21.
Ricordiamo
su questo argomento l’inedito, disponibile solo in e-pub, di Andrea Merusi dal
titolo La sfida di oggi.