Nove mesi dopo la scadenza della data
stabilita dalla legge (31 marzo 2015), il primo Ospedale psichiatrico
giudiziario (Opg), una vergogna tutta italiana, è stato chiuso. Ne dà notizia
il Comitato nazionale StopOpg (http://www.stopopg.it). A ottenere quello che è
un primato non da poco, per un Paese che vuol continuare a definirsi civile, è
Secondigliano (Napoli), che si spera sia d’esempio per le amministrazioni che
devono chiudere gli altri quattro Opg ancora aperti: Reggio Emilia, Montelupo
Fiorentino, Aversa e Barcellona Pozzo di Gotto.
Nei mesi necessari alla chiusura della
struttura di Secondigliano le persone internate nel locale Opg – in gran parte
residenti nel Lazio e in Campania – sono state progressivamente trasferite
nelle Rems (le Residenze regionali per l’Esecuzione della Misura di Sicurezza),
strutture in condizioni più decorose degli Opg, ma sempre di tipo detentivo,
che non possono perciò rappresentare l’alternativa definitiva ai manicomi
giudiziari.
Da molte parti ci si chiede che cosa
aspetti il governo italiano a nominare il commissario nelle regioni
inadempienti che non hanno ancora accolto i loro pazienti in strutture diverse
e più umane degli Opg, dando così attuazione alla nuova legge 81. Il
superamento degli Opg non può e non deve, infatti, risolversi con la sola
apertura delle Rems (o peggio, come a Castiglione delle Stiviere), strutture
che la nuova legge considera una extrema ratio,
ma devono essere privilegiate misure alternative alla detenzione, nello
spirito della legge 180, che, abolendo il manicomio, ha indicato come centrali
gli interventi terapeutico riabilitativi di comunità, fuori dalla logica della
custodia e dell’esclusione sociale.
Sull’argomento consigliamo vivamente la lettura del libro di
Angelo Lallo, “Mala dies”
(Infinito edizioni, 2014).