Prologo
Sarajevo,
fine del 1991
–
Le mie felicitazioni per la sua brillante esposizione, caro ragazzo. Lei ha
concluso nel migliore dei modi un percorso di studi eccellente!
–
Grazie, Professore. Detto da lei è un grande onore…
–
Cosa pensa di fare, ora?
–
Beh, come sa la mia famiglia sta bene e, se tanto mi dà tanto, a breve la
Bosnia Erzegovina non farà più parte di un’anacronistica federazione di
repubbliche socialiste ma sarà uno Stato sovrano, presto o tardi membro della
Comunità europea… poi si parla sempre più insistentemente della nascita di un
nuovo soggetto, l’Unione europea… con un’economia di mercato e una posizione
geografica assolutamente strategica… insomma, credo che per noi giovani si
aprano grandi possibilità… grandi speranze…
–
Lo spero davvero… eppure, sempre più sento voci che destano in me la più
profonda preoccupazione… nessuno dà retta ormai ai canti delle Sirene dopo che
Odisseo ci ha insegnato ad assicurarci all’albero della nostra derelitta nave.
Le voci che ascolto cantare, tuttavia, non sono soavi ma giungono alle mie
orecchie come suoni stridenti… parlano di magazzini della nostra Difesa
territoriale che vengono svuotati delle armi, poi convogliate nelle caserme
dell’Esercito popolare jugoslavo, sottoposto al controllo di una maggioranza di
generali serbi… di reclutamento a suon di soldi di gruppi paramilitari a
Belgrado, per farne chissà cosa… di ammassamenti di truppe intorno a Sarajevo e
ad altre città… di incidenti tra vicini di casa di sempre… di alberi che lassù
in cima alle montagne intorno alla nostra bella città vengono tagliati… di
curiose esercitazioni militari… sa, qualche notte fa ho avuto un brutto incubo…
–
Mi dispiace, Professore…
–
Ma no, ma no… sarà stata una rakija
di troppo prima di coricarmi… sa, comincio a essere vecchio… ma le dirò: era un
sogno davvero realistico… era inverno… la neve una coltre spessa e gelata…
vagavo completamente nudo – non mi dica nulla… so da
me che non doveva essere un gran spettacolo… – sulle montagne intorno a Sarajevo,
seguendo il percorso della discesa libera delle Olimpiadi del 1982…
improvvisamente mi sono ritrovato con le gambe tagliate di netto tra le mani…
le guardavo, senza provare dolore, e non capivo… la neve tutt’intorno era
macchiata di sangue, eppure avevo la certezza che non fosse il mio… perché io –
ma guardi la meraviglia dei sogni, anche se così orribili… – sebbene portassi
con me a spasso le mie gambe, mi muovevo normalmente, camminavo… epperò… beh,
tutta la pista s’era trasformata in una colata orrifica di sangue che scendeva
giù verso la città… la nostra bella Sarajevo che sembrava, d’improvviso, fosse
stata squassata fin dalle sue radici di roccia da un terribile sisma… beh, per
fargliela breve, non so di chi fossero quelle gambe, se davvero mie o di altri,
ma mi sono svegliato piuttosto agitato e non ho più ripreso sonno…
–
Un gran brutto sogno, Professore… per fortuna, però, non è stato profetico… lei
è qui con noi, sano e salvo…
–
E lo spero bene, perbacco! Va bene, mio caro… io le auguro davvero ogni fortuna
e spero che la Bosnia indipendente possa rappresentare una grande chance per tutti noi, e in particolare
per voi giovani… aspettiamo il referendum
del prossimo anno… sentivo parlare di marzo… poi seppelliremo del tutto il
cadavere putrescente della nostra povera Jugoslavia e cominceremo questa nuova
avventura…
–
Ce la metteremo tutta, Professore… costruiremo un grande Paese, ne può stare
certo! A proposito… posso passare a trovarla, di tanto in tanto, magari per
avere qualche prezioso consiglio…?
–
Non si aspetti da me aiuto per la ricerca di un lavoro… ma d’altronde lei non
ne ha davvero bisogno… ma certo, può passare ogni volta che ne ha desiderio,
mio caro… oh, oggi la mia testa sembra proprio non volermi assecondare… mi
vuole ripetere il suo nome, stimato amico…?
–
Šemsudin, Professore… per lei semplicemente Šemsudin…