Con piacere pubblico una nuova lettera di un lettore de I BASTARDI DI SARAJEVO: Alessandro Dotti da Brescia.
Beh Luca, che dire, i
Bastardi di Sarajevo è veramente come mi avevi anticipato: “un grande libro,
forse il mio lavoro più bello”. Poche letture sono riuscite a catturare la mia
attenzione come questa, oltre duecento pagine che scorrono come l'acqua sulle piume
impermeabili di un cigno.
Abituarsi a saltellare fra le storie dei vari
personaggi che compongono il romanzo è praticamente un gioco da ragazzi: la
sensibile Fata, l'eterno insicuro Andrea, il miserabile Tommaso, lo spregevole
Semsudin, il cinico e colto Dubravko, il mostruoso Snajper, il nobile Nermin,
l'irreprensibile Professore. Tutti legati l'uno all'altro da un sottile filo
conduttore, spinti dalla mano invisibile degli strascichi di una guerra ancora
ben presenti al giorno d'oggi.
La sensazione è che la povera Bosnia
Erzegovina, ferita ed abbandonata, sia una sorta di Divina Provvidenza
manzoniana spogliata dei suoi poteri, segregata a ruolo di spettatore passivo,
costretta ad osservare impotente una società spaccata fra “uomini e belve”.
Questo libro è un piccolo gioiello, forte e
spietato quanto basta per dipingere questo complesso quadro. Hai avuto il
grande merito di prendere la storia dotta, erudita, paludata e trasformarla per
il grande pubblico.
Spero che “i bastardi” riesca ad avere il successo
che merita, anche fra i neofiti dell'argomento.
Con affetto e stima, Alessandro.