Nonostante quest’emergenza oramai
ultraventennale, lo scorso 27 agosto 2014 l’operazione marittima di salvataggio
Mare Nostrum è stata di fatto
cancellata per essere gradualmente sostituita con operazioni di deterrenza
condotte da Frontex nelle acque
costiere dell’Unione. Questo porterà inevitabilmente a un aumento del numero
delle vittime.
Una rete transnazionale di attivisti
per i diritti umani ha deciso nei giorni scorsi di lanciare, come forma di
reazione civile e umanitaria, un servizio volontario d’emergenza per aiutare
migranti in difficoltà nel Mediterraneo. Dalla fine di settembre – si legge in
un comunicato stampa diffuso dalla campagna Watch
The Med Alarm Phone – a Tunisi, Palermo, Strasburgo, Vienna, Berlino e in
molte altre città, una cinquantina di attivisti ha testato un telefono
collettivo di emergenza per i boat-people.
Il telefono d’emergenza è attivo giorno e notte con una squadra capace di
parlare più lingue pronta all’ascolto. Il servizio coprirà le chiamate
provenienti dalle rotte migratorie nel Mediterraneo centrale, nel Mar Egeo e
tra il Marocco e la Spagna. Watch the Med
Alarm Phone darà immediatamente l’allarme
per far scattare le operazioni di salvataggio e denuncerà eventuali ritardi
delle stesse.
“Pensiamo a noi stessi come a un
progetto pilota. Dopo un primo periodo valuteremo le nostre esperienze con il
telefono d’emergenza e decideremo come migliorare l’intervento contro le
violazioni dei diritti umani in mare”, ha detto Karim S., un rifugiato siriano
che nel 2013 ha vissuto in prima persona un respingimento illegale nel Mar Egeo
mentre fuggiva dalla guerra nel suo Paese e che si è unito al telefono d’emergenza
da Amburgo.
Il numero di telefono sarà
attivato il 10 ottobre e sarà fatto circolare tra migranti e rifugiati nei
principali Paesi di transito del Nord Africa oltre che in Turchia.
Il telefono d’emergenza è
supportato da organizzazioni su entrambe le sponde del Mediterraneo. L’appello
è stato firmato da importanti intellettuali, quali il filosofo francese Étienne
Balibar e il premio Nobel per la Letteratura Elfriede Jelinek, ma anche da un
sopravvissuto del naufragio dell’11 ottobre 2013 e da gruppi autorganizzati di
migranti e loro famiglie in Marocco, Tunisia e Grecia.