Šešelj “non
rappresenta la Serbia”, ha voluto puntualizzare il primo ministro serbo
Aleksandar Vučić, aggiungendo che “la Serbia si comporta da elemento di
stabilizzazione nella regione e non invierà messaggi che possano creare
tensione”.
La tensione,
in effetti, tra Serbia e Croazia è alle stelle da ormai un quarto di secolo,
tanto che le relazioni diplomatiche tra i due Paesi non sono mai state
formalmente riallacciate, dall’uscita della Croazia dalla federazione
jugoslava, nel 1991, a oggi.
Šešelj
invece, per conto suo, continua a voler insistentemente far parlare di sé e a
dare, a sua volta, fiato ai tromboni dell’ultranazionalismo serbo. Šešelj
dovrebbe trovarsi all’Aja in attesa della sentenza di primo grado del processo
in cui è imputato di omicidio, atti inumani, persecuzioni per motivi politici,
razziali e religiosi, sterminio e attacchi contro civili in Bosnia Erzegovina,
in Croazia e nella regione serba della Vojvodina. Šešelj era stato liberato lo
scorso novembre per permettergli di curarsi un cancro al colon. L’uomo – per
oltre dieci anni deputato dell’Assemblea nazionale serba e di quella federale
della Repubblica jugoslava, vice primo ministro serbo dal 1998 al 2000 e
sindaco di Zemun dal 1996 al 1998 – era stato estradato all’Aja il 24 febbraio
2003 ed è in attesa della sentenza del Tpi dal marzo del 2012. Appena rientrato
a Belgrado era stato accolto da scene di giubilo e da subito si era lasciato
andare alle intemperanze verbali che gli sono note e proprie. Non sembra al
momento intenzionato a cambiare atteggiamento…