Protagonista
della vicenda è Almaz Nezirović,
musulmano bosniaco residente nella contea di Roanoke, in Virginia, Stati Uniti.
Nezirović durante la
guerra del 1992-1995 era in forza all’Hvo, l’esercito croato-bosniaco che
combatteva per staccare con la forza l’Erzegovina bosniaca dalla Bosnia
Erzegovina e annetterla alla Croazia per creare la cosiddetta Grande Croazia. L’uomo
prestò servizio in un campo di detenzione croato, nel quale erano detenuti prigionieri
sia musulmani sia, soprattutto, serbo-bosniaci.
Dopo la guerra, ed
esattamente nel 1997, Nezirović si
trasferì negli Stati Uniti e prese casa per l’appunto nella contea di Roanoke. Nel
2003 fu raggiunto da una richiesta di estradizione da parte della giustizia
bosniaca. Ma, mancando un trattato ad hoc tra Sarajevo e Washington, i tempi
per la decisione da parte delle autorità Usa – in effetti molto restie a
operare estradizioni in Bosnia – si sono allungati a dismisura. Ieri, 26
febbraio 2015, finalmente la giustizia statunitense ha dato l’ok all’estradizione
di Nezirović, accusato di aver percosso, torturato e umiliato prigionieri
civili serbi detenuti nel campo di prigionia erzegovese in cui prestava
servizio.
Un caso minore, senza
dubbio, ma al contempo la dimostrazione che giustizia può essere fatta sempre,
se ce n’è la volontà. Anche a distanza di vent’anni e più.