A
pochissime ore dalla proclamazione ufficiale della sua vittoria dopo il tirato
testa a testa con il suo avversario, il presidente uscente, il
socialdemocratico Ivo Josipović, la bionda e avvenente neo-presidente della
Repubblica croata, la conservatrice nazionalista Kolinda Grabar-Kitarović è
subito inciampata sulla prima “radice” bosniaca.
La
quarantaseienne leader dell’Unione
democratica di centro (Hrvatska
demokratska zajednica, HDZ, il partito fondato dal generale Franjo Tuđman, padre nazionalista della Croazia nata dal
disfacimento della Jugoslavia) ha infatti dichiarato davanti alla
stampa croata la sua intenzione di appoggiare qualsiasi richiesta che dovesse
provenire dai croato-bosniaci rispetto al governo centrale bosniaco di
Sarajevo, inclusa la creazione di una terza Entità, da aggiungere a quelle che
già oggi compongono il disastroso e ingovernabile mosaico bosniaco, ossia la
Federazione di Bosnia Erzegovina (FBiH) e la Repubblica serba di Bosnia (Rs).
Un approccio “invasivo” e ben diverso da quello del predecessore della Grabar-Kitarović, l’ex
presidente Josipović, che all’atto della sua elezione, cinque anni fa, si era
limitato a dichiarare la volontà croata di preservare in tutti i modi l’unità
territoriale bosniaca da una possibile e sempre minacciata secessione della Rs.
La Grabar-Kitarović,
già ministro degli Esteri dal 2004 al 2008, poi ambasciatore a Washington e
infine segretario aggiunto della Nato per la diplomazia pubblica, ha vinto il
ballottaggio dell’11 gennaio 2015 con Josipović per un soffio, sconfiggendo il
presidente uscente con il 50,45% dei voti contro il 49,55%. Josipović aveva
ottenuto la maggioranza relativa nel primo turno del 28 dicembre 2014 con l’1,2%
di vantaggio sulla Grabar-Kitarović, brava però nello sconfiggere lo sfidante
nei duelli televisivi e nel cavalcare la crisi economica della Croazia, entrare
nell’Ue nel luglio 2013 e da allora piombata in un calvario sociale.
La Grabar-Kitarović
resterà in carica per cinque anni. Che, per la polveriera balcanica mai sedata,
potrebbero essere cinque lunghi anni, sia nei rapporti tra Zagabria e la Bosnia
sia, ancor di più, in quelli con la Serbia e il suo sponsor russo.