Ciao
Luca, ho atteso il passaggio, mai così agognato, delle feste natalizie, per
tracciare un breve resoconto su “I bastardi di Sarajevo”. Come ti avevo
accennato, all’inizio la forma del dialogo diretto (a parte le poche parti del diario
di Fata e l’articolo di giornale) mi aveva sorpreso e non in maniera positiva.
Poi andando avanti col racconto la mia visione è cambiata. Compito non facile
tra l’altro, fatto con l’obiettivo di romanzare, narrare alcune storie
intrecciate e tratteggiare i personaggi collegati, ma allo stesso tempo
raccontare pezzi di guerra e di genocidio. Narrativa, ma anche saggistica. In
alcuni punti la tua volontà di informare il lettore su alcuni fatti salienti
dell’assedio sembra offuscare il filo del racconto, ma poi ritorni subito a
bomba sui vari protagonisti. Comunque, guarda, c’è solo un fattore che serve
per descrivere il tuo libro: la sera, quando tornavo a casa dal lavoro, non
vedevo l’ora di prenderlo in mano. Tutto il resto conta poco.
Pierfrancesco Curzi