Se, prendendo in
mano I bastardi di Sarajevo, restate
colpiti già dal titolo, è la dimostrazione che l’autore Luca Leone ha centrato
l’obbiettivo.
“Bastardi”, un
termine inatteso nel titolo di un libro, è come un colpo allo stomaco, un
termine non propriamente dolce e questo denota la volontà di inviare un chiaro
messaggio: questo è un libro forte, deciso, diretto, che non lascia spazio a
incertezze, a perifrasi.
“A
chi sa leggere la Storia senza ipocrisie e rifugge le facili conclusioni”, recita la dedica
del libro di Luca Leone (Infinito edizioni - 13 €), è un secondo avvertimento
al lettore, dopo il titolo, e mantiene la promessa, senza ipocrisie, di affondare
il coltello nella piaga della corruzione in un Paese senza speranza come la
Bosnia-Erzegovina, appeso ad un Trattato (Dayton, 1995) che lo ingessa, lo
blocca in un assurdo sistema politico che, invece di farlo uscire dai danni
della guerra, lo condanna all’immobilismo, avvitandolo nella spira di due
entità substatali, tre gruppi nazionali, decine di governi, centinaia di
politici e di polizie locali.
Dopo la felice
introduzione di Silvio Ziliotto, che lascia almeno aperta la prospettiva di un risveglio,
forse improbabile, della “nostra“ Bosnia, immediatamente Luca Leone vi getta
nel baratro della guerra, che, anche se scrive dell’oggi, sembra ancora in
corso attraverso l’uso della punteggiatura, che ricorda in modo impressionante
i colpi di kalašhnikov, le raffiche
brevi di tre-quattro colpi per tenere il mirino dell’Ak-47 sul bersaglio in movimento, che può essere una donna con
poche cose nella borsa racimolate nei desolati mercati della città assediata,
un bambino, un uomo carico di taniche d’acqua, più lento, più facile da
colpire…
Questa sinfonia di
punti di sospensione ti accompagna per tutto il racconto, in tutti i suoi
intrecci, come colonna sonora ripetitiva, ma appropriata, consona al drammatico
scenario di una umanità esposta ai capricci di un cecchino o di un militare
ubriaco ieri, oggi alla mercé di politici corrotti e senza scrupoli.
Sia che parli di
Fatima e del dramma della sorella Azra, una delle migliaia di donne vittime
dello stupro etnico, malata e senza denaro per curarsi; sia che descriva le
imprese del violento, ma “efficiente” faccendiere Dubravko al servizio di uno
spregevole onorevole arrivista, Luca Leone accompagna il suo racconto, che
vorrebbe essere un romanzo di fantasia, ma ambientandolo nella Sarajevo post
guerra non lo può essere, con la ripetizione di una punteggiatura, che non è
sospensiva, è lacerante, che entra nel racconto senza mai uscirne, non come una
sequenza di punti, ma un susseguirsi di colpi.
Uno dei temi
fondanti de I bastardi di Sarajevo è dunque
la corruzione, quella corruzione che in Bosnia è totale, perché tutto ruota
attorni ai fondi statali, unica vera risorsa di un Paese che spende gran parte
del suo budget solo per la
sopravvivenza della sua elefantiaca struttura. In Bosnia vi è una classe politica
corrotta e aggressiva, collegata da sempre alla criminalità, i cui i capi dei
partiti politici, espressione quasi sempre di componenti nazionali, sono i
maggiori responsabili dello stritolante connubio. Con questa classe politica il
popolo bosniaco ha perso la guerra un’altra volta, hanno vinto i faccendieri, i
“lupi della politica”, i “bastardi”, una nomenklatura
che l’Occidente, dopo non aver visto i massacri, gli stupri, si ostina a
considerare interlocutore.
Un libro che lascia
amaro in bocca, che fa rabbrividire al pensiero di una nazione in balia di
“bastardi” e non di galantuomini, con le tombe ancora fresche nei cimiteri che
avvolgono Sarajevo e tutta la Bosnia; che dipinge l’onorevole Šemso talmente
veritiero, che non occorre usare la fantasia per immaginarlo; che riporta
l’orrore dei cecchini, gli snaipers
in viaggio turistico dall’Italia per sparare a prede umane a pagamento; il
dramma dei giornalisti indipendenti o non asserviti, massacrati brutalmente per
metterli a tacere, affinché non svelino le infami trame della politica. A qualche
pagina infatti basterebbe sostituire i nomi bosniaci con nomi italiani per
vivere una pagina di casa nostra. Il libro ammonisce, tra le righe, che non
bisogna guardare altrove per vedere o per capire, che certi problemi sono
presenti anche da noi, troppo spesso non visti o non considerati: non
dimentichiamo che i “bastardi” sono ovunque...
La Bosnia ancora
una volta è più vicina di quello che si crede, lo era nell’orrore di ieri, lo è
oggi nella rappresentazione dura e violenta di una società magistralmente
descritta dall’autore. I bastardi di
Sarajevo è un libro di fantasia, ma talmente ben inserito nella storia e
nei fatti di Bosnia, che supera molti libri di Storia, figlio delle profonde
conoscenze di Luca Leone, ma anche della sua capacità di inserirsi nei drammi
presenti e passati con grande umanità, senza retorica, senza preconcetti, senza
luoghi comuni.