Dragomir Vasić, nazionalista classe 1964 neo-eletto (lo
scorso ottobre) al parlamento della Repubblica serba di Bosnia, una delle due
Entità che costituiscono la Bosnia Erzegovina come deciso dagli Accordi di
Dayton, è stato rinviato a giudizio dai giudici del Tribunale bosniaco per i
crimini di guerra di Sarajevo per aver partecipato al genocidio di Srebrenica
nel luglio del 1995, allorché 10.701 musulmani bosniaci dai 12 ai 76 anni
vennero torturati e assassinati dall’esercito serbo-bosniaco e dai paramilitari
serbi e poi inumati in fosse comuni.
Con Vasić, che naturalmente da sempre professa la sua
innocenza (e che gli elettori serbo-bosniaci, nonostante tutto, hanno
recentemente premiato per i suoi “meriti” di guerra con una bella elezione in
parlamento), sono sottoposti alla medesima accusa anche due poliziotti
serbo-bosniaci, Danilo Zoljić e Radomir Pantić. Lo stesso Vasić, nativo di Tuzla,
durante la guerra del 1992-1995 comandava le forze di polizia dell’area di
Zvornik, anonima cittadina lungo il confine con la Serbia a circa un’ora d’auto
da Srebrenica.
Non è raro che ex poliziotti o poliziotti tuttora in
attività nella Repubblica serba di Bosnia siano accusati di aver partecipato al
genocidio di Srebrenica. Alcuni mesi fa con la stessa accusa sono stati
arrestati anche dei poliziotti di Bratunac. Ma c’è ancora tanto lavoro da fare
e migliaia di criminali di guerra sono ancora malauguratamente a piede libero.