Pubblico con grande piacere, con l'assenso di Marco, che oggi ha pubblicato su "Il Torinese" questa bella recensione de "I bastardi di Sarajevo".
La città ha vissuto l’assedio più lungo
della storia bellica europea. E anche oggi, quasi vent’anni dopo la fine della
guerra, continua a essere sotto l’assedio delle mafie, della corruzione politica,
giudiziaria e della polizia, dei giochi di potere tra fazioni religiose e
politiche che fanno finta di contendersi le anime e invece lottano all’ultimo
brandello di carne per appropriarsi dei soldi, delle risorse, del territorio
“I bastardi di Sarajevo”
(Infinito edizioni) è l’ultimo libro di Luca Leone, uno dei più attenti e
informati giornalisti e scrittori sulle vicende balcaniche in generale e
bosniache in particolare.
Questa volta l’autore di “Srebrenica.I giorni della vergogna” e “Bosnia Express”, riassume in un romanzo che sembra quasi un “noir” le lacerazioni, i drammi e le infinite miserie che ancora oggi segnano l’infinito dopoguerra di Sarajevo, della Bosnia Erzegovina e della sua gente. Sarajevo ha vissuto l’assedio più lungo della storia bellica europea. E anche oggi, quasi vent’anni dopo la fine della guerra, continua a essere sotto l’assedio delle mafie, della corruzione politica, giudiziaria e della polizia, dei giochi di potere tra fazioni religiose e politiche che fanno finta di contendersi le anime e invece lottano all’ultimo brandello di carne per appropriarsi dei soldi, delle risorse, del territorio. Luca Leone riassume le lacerazioni, i drammi e le miserie di una città in balìa della corruzione, di un Paese senza speranze di futuro, dove i fantasmi del passato tornano anche dall’Italia. Un racconto tragicamente bello. Bello perché vero, doloroso; tragico perché offre un inquietante spaccato della terribile pace con cui, da quasi vent’anni, devono quotidianamente fare i conti i bosniaci in generale e i sarajevesi in particolare.
Questa volta l’autore di “Srebrenica.I giorni della vergogna” e “Bosnia Express”, riassume in un romanzo che sembra quasi un “noir” le lacerazioni, i drammi e le infinite miserie che ancora oggi segnano l’infinito dopoguerra di Sarajevo, della Bosnia Erzegovina e della sua gente. Sarajevo ha vissuto l’assedio più lungo della storia bellica europea. E anche oggi, quasi vent’anni dopo la fine della guerra, continua a essere sotto l’assedio delle mafie, della corruzione politica, giudiziaria e della polizia, dei giochi di potere tra fazioni religiose e politiche che fanno finta di contendersi le anime e invece lottano all’ultimo brandello di carne per appropriarsi dei soldi, delle risorse, del territorio. Luca Leone riassume le lacerazioni, i drammi e le miserie di una città in balìa della corruzione, di un Paese senza speranze di futuro, dove i fantasmi del passato tornano anche dall’Italia. Un racconto tragicamente bello. Bello perché vero, doloroso; tragico perché offre un inquietante spaccato della terribile pace con cui, da quasi vent’anni, devono quotidianamente fare i conti i bosniaci in generale e i sarajevesi in particolare.
È un quadro a tinte
fosche che ha dato un significato più ampio e profondo a quel termine che Luca
Leone pronunciò la sera di fine dicembre che a Cuneo abbiamo condiviso un
dibattito sulla Bosnia:default. Sì, perché – come
scrive con pieno realismo – mancanza, assenza, difetto sono oggi le
caratteristiche della società bosniaca post-bellica. Se non sotto tutti,
certamente sotto molti punti di vista. Il libro è una denuncia decisa dei senza
scrupoli, dei profittatori, dei delinquenti che stanno soggiogando quel Paese,
rubando ai giovani il loro futuro o, almeno, cercando di far questo. Si nota
l’impronta di un giornalista d’inchiesta che interpreta e “usa” i vari
personaggi per una forte denuncia. E’ un libro che chiunque legge si porta
dentro, che apre gli occhi, che mette in guardia da quella crudeltà che
solo l’essere umano può mettere in atto quando vanifica il limite. Credo
proprio che la lettura de “I bastardi di Sarajevo” sia quanto mai utile e necessaria
per chi (a partire dai molti che vivono in quella meravigliosa e disgraziata
terra dall’altra parte dell’Adriatico), pensa che lo “spirito di Sarajevo” non
debba morire soffocato da nazionalismi, corruzione e criminalità. Con l’augurio
che, presto, si possa scorgere all’orizzonte una primavera bosniaca.
Marco Travaglini