Devo
rileggerlo una seconda volta, “I bastardi di Sarajevo”. La prima lettura è
stata una scossa, come quando stringi la mano a una persona che ha le scarpe
piene di cariche elettrostatiche. Questa persona è l’autore, Luca Leone, e le
scarpe di gomma le ha calzate volutamente quando ha deciso di scrivere questo
libro.
Troppo
veloce, jazzata, la prima lettura. Perché mentre leggi un capitolo su una delle
storie di questo libro corale, vuoi correre a leggere lo sviluppo dell’altra. Vuoi
saperne ancora delle sorelline Fatima e Azra e, mentre entri ancora di più nel
loro dramma, ti senti salire lo sdegno per i “bastardi” con la B maiuscola,
quei leader politici che si
comportano come capi tribali. Leggi dei loro malaffari ma hai bisogno di altre
sagge parole del “professore”. Intanto, Snajper porta avanti le sue azioni
criminali e capisci che ti ricaccerà dentro la guerra degli anni Novanta, di
cui è un triste e violento lascito il killer
prestato alla politica, Dubravko. La
corruzione divora gli studenti in piazza. Un giornalista paga il prezzo del
coraggio.
Mi accingo alla seconda lettura e alla seconda carica
elettrostatica. Di dolore e pena per i tanti cittadini della Bosnia Erzegovina
vittime dei “bastardi”, per le sopravvissute allo stupro, per i disoccupati
ridotti alla fame dai nuovi arricchiti.
Riccardo Noury