Insomma,
io sono figlio di tutte queste sensazioni ed emozioni messe in fila una dopo l’altra,
e vissute con un’intensità che oggi forse non saprei più raggiungere. E come me
ce ne sono tanti, anche molto ma molto migliori.
Ora,
lo ammetto e lo confermo: sono stanco. Per tante ragioni che sarebbe inutile
enumerare. E molte volte avrei voglia di chiudere tutto e andarmene da un’altra
parte. Lontano. Poi mi rendo conto che oggi “lontano” è un concetto tanto
astratto da essere diventato utopia. “Lontano” non esiste più, geograficamente.
Esiste solo nel sentire di ciascuno di noi. E oggi siamo troppo spesso troppo
lontani, anche se magari viviamo per ore o per tutta la vita sotto lo stesso
tetto.
Ieri
sera, però, nello sfacelo e nella rabbia, con quei passi di vandali ladri che
si allontanavano rapidi facendo crocchiare sinistramente i vetri spaccati,
mentre mi aggiravo furibondo con un bastone in mano per l’ufficio, m’è caduto l’occhio
su un libro in particolare. Nello sfacelo, uno solo, girato di quarta, con un’impronta
fangosa sopra e la copertina mezza accartocciata. Ho visto lo sguardo
sorridente, forse un po’ forzato, della povera Alda Radaelli e m’è tornata in
mente la sua passione, anche a pochi passi dalla morte, mi è tornata in mente
le nostra Bosnia, Sarajevo. Se la sono presa con la collana Orienti, il nostro
fiore all’occhiello, la mia passione più grande, quella per cui sto preparando
con Maria Cecilia e Betta un 2015 con i controfiocchi, per non cedere neanche
un passo alla propaganda oscurantista e revisionista. Accanto a “Sabur” c’erano
le copie maciullate di “La lumaca e il tamburo”: ancora Bosnia, ancora un amico
che non c’è più e che forse proprio la Bosnia s’è portato via, o il Kosovo, o
tutti e due: Paolo Vittone. Il povero Paolo Vittone che mentre scriveva l’ottavo
capitolo mi chiamava trafelato e mi diceva, ve lo giuro: “Non t’incazzare con
me se ti chiedo troppo nel fare la correzione delle bozze, ma io sto morendo e
voglio vedere nascere questo libro. Sto scrivendo in piedi perché la morfina
non mi fa più effetto e seduto proprio non ce la faccio. Aiutami, fai uscire
questo libro”. Paolo non ha mai visto “La lumaca e il tamburo”. È morto sul
nono capitolo, dopo una chemio, ascoltando musica classica in ospedale con
accanto Paolo Rumiz a raccoglierne gli ultimi sospiri. E Paolo Rumiz ha finito
il nono e riscritto il decimo capitolo, oltre alla stupenda introduzione al
libro di Paolo Vittone. E ho pensato a un altro povero amico che non c’è più,
il magnifico e sempre positivo Angelo Lallo, stroncato meno di un anno fa da un
infarto senza la gioia di prendere in mano il suo “Mala dies”, il suo
capolavoro, il suo testamento spirituale, denso, profondo, lirico, tosto, com’era
Angelo nella vita. E poi la nostra Barbara Fabiani…
Alla
fine ti dici che, nonostante vivi in un Paese orribile con una classe politica
orribile e tante persone orribili, hai comunque scelto una strada, mica facile,
e non puoi tirarti indietro. Perché quella strada va percorsa ancora a lungo
per affermare princìpi mica da poco.
Insomma,
il libro con sopra il mezzo busto sorridente di Alda è ancora lì, a guardarmi.
Butterò quel libro perché è troppo dura tenerlo. Ma la lezione resta, forte. E
la voglia, nonostante la stanchezza, è più forte. La cultura in Italia è un oggetto
estraneo, un ufo, un “visitor”, un portasfortuna, una inutilità, un vacuo hobby
per sfigati. Proprio per questo vale la pena continuare a mettercela tutta.
Perché non c’è niente di più bello che andare controcorrente. Può capitare di
annaspare. Ma se affoghi, lo farai sempre a testa alta. E in tempi di struzzi e
di stronzi, è una medaglia al valore appuntata sulla giacca, anche se magari ad
eterna memoria (che ormai, d’eterno, non c’è proprio più niente).
Questo
mi è venuto in mente in libertà. Poi, resti tra noi, se puta caso dovessi
ritrovarmi quei vandali tra le mani ad armi pari, non lo so come finisce. La
stanchezza non è passata, ma la voglia di guerreggiare è di nuovo qui.
Buona
domenica.
Ps: e
mentre il nostro amministratore firmava scartoffie in caserma, io stamattina ho
piantato fiori, alla faccia dei cementificatori di tutto il mondo!