Aigues-Mortes è un piccolo comune della Francia del sud
circondato dagli stagni della Camargue e da ampi territori paludosi. Dalle
paludi si estrae il sale, il prezioso oro bianco, che rappresenta la vera
ricchezza del paese. Il lavoro nelle saline è durissimo, pagato con pochi
franchi al giorno e non mancano le rivalità tra gli operai francesi e gli stagionali
italiani.
Un clima d’odio crescente portò, il 17 agosto del 1893,
una folla inferocita – aizzata ad arte – a volgersi contro i lavoratori
italiani in feroci scontri in cui dieci connazionali persero la vita. Un
episodio a lungo dimenticato, il massacro di Aigues-Mortes, su cui fa luce il
lavoro accurato di Enzo Barnabà in Aigues-Mortes. Il massacro
degli Italiani, appena uscito in libreria.
Qui di seguito pubblichiamo la testimonianza di
Salvatore Gatti, un operaio nelle saline di Aigues-Mortes, testimone delle condizioni
di lavoro e di vita all’epoca dei fatti.
“Anzitutto è
bene ch’ella sappia – ci disse – che alla lavorazione ordinaria del sale la
Compagnia di Aigues-Mortes impiega soltanto da 50 a 60 vecchi operai francesi,
quasi tutti del paese, i quali hanno impiego permanente. Costoro sono
conosciuti nel paludoso paese della Camargue col nome di saliniers. Soltanto
all’epoca del raccolto del sale vengono arruolati da Aigues-Mortes molte
centinaia d’operai per l’accumulazione in mucchi del sale, e per il trasporto
di esso – ridotto a mattonelle dai saliniers – fuori delle saline.
La giornata di lavoro è di undici ore
per tutti: cioè dalle sei alle sei con un’ora intermedia di riposo. Gli operai
sono divisi per squadre distinte per nazionalità. La compagnia nell’accettare
lavoratori dà la preferenza a quelli che già conosce perché usi a fare la
stagione del raccolto alle saline. La maggioranza degli italiani che accorrono
al faticosissimo lavoro è composta da elementi piemontesi, toscani e
parmigiani.
Ogni squadra o bricola è posta
sotto la direzione di un capo il quale pensa, mediante una ritenuta di fr. 1,60
al giorno, al vitto de’ suoi uomini ai quali fa onestamente pagare 30
centesimi al litro del vino ch’egli compera a 17 centesimi!!! L’alloggio lo
provvede la Società delle saline in certe baracche di legno su cui vien teso
uno strato di paglia il quale, con quanta pulizia e igiene non saprei dire,
deve durare per tutto il tempo della stagione. I capi di bricola talora
poi dopo aver preso agli operai il danaro per il vitto e il vino, se ne filano
insalutati ospiti creando diffidenze nei provveditori del paese che estendono
poi l’odio loro su tutti quanti i lavoratori.
Finita l’accumulazione del sale, i salinieri fanno col
sale stesso delle mattonelle che poi i lavoranti provvisori devono portare
fuori dalle saline, in carrette cariche da 100 a 105 chilogrammi di merce, a
mezzo di stretti sentieri ripidi fino a tre o quattrocento metri di distanza.
Questa seconda parte del lavoro, detta di roulage non è più pagata a giornata ma a
cottimo con tariffa unica. Un forte operaio può in questo lavoro
guadagnare una media di dieci franchi al giorno. Nel lavoro di roulage l’operaio
francese in generale non resiste. Così una squadra di francesi conta il primo
giorno di lavoro 100 uomini, al secondo non ne ha più che 50 e va così sempre
diminuendo finché sul campo non rimangono che i resistenti, forti, pazienti,
operai italiani.
Va di pari passo
col lavoro di roulage quello detto della costruzione delle gamelle o
piramidi di mattonelle di sale alte circa metri 7,26 che poi vien misurata a
metri cubi per stabilire il guadagno fatto giornalmente dai singoli operai.
Quest’anno fra gamellage
e roulage erano occupati da 600 italiani. I francesi quasi uguali
per numero il primo giorno andarono man mano scemando. Da ciò, da questa loro
notoria impotenza e non già dalla concorrenza del prezzo nella mano d’opera, il
loro risentimento, l’odio contro di noi.
Ancora
un’osservazione: il lavoro di roulage dura 12 ore, con un’alternativa di
due ore di lavoro e una di riposo. La giornata era divisa così causa l’enorme
fatica che viene da tale lavoro.
[testimonianza di Salvatore
Gatti, di Casteggio (Pavia) al Secolo XIX, 22-23 agosto 1893]”.