Ci sono
impegni che non puoi rimandare. Puoi solo caricare l’arco e incoccare la
freccia giusta, sperando che sia la volta buona.
Ci sono
impegni per i quali lavori con umiltà, grinta e determinazione, che segni sul
calendario con la penna rossa perché valgono una vita intera.
Graziano
Torricelli, classe 1962 da Magreta, frazione di Formigine, in provincia di
Modena, sul suo calendario ha segnato queste date: 29 agosto-5 settembre 2015.
È in quei
giorni che, in Umbria, si svolgono i Mondiali di tiro con l’arco, specialità
3D. E questo “ragazzo” di 53 anni, alla prima convocazione in Nazionale dopo
aver vinto, nella prima metà di agosto, i campionati italiani di specialità, rappresenta
la “freccia” all’occhiello di una squadra azzurra che parte per fare bene.
Molto bene.
Il luogo in
cui si svolgeranno le gare è di prestigio assoluto: la Cascata delle Marmore.
Qui si dipaneranno cinque giorni di competizione ad altissimo livello tra i più
bravi arcieri del mondo, mentre la finale è in programma nella vicina Carsulae.
Luoghi fantastici, che hanno permesso all’Italia di vincere la concorrenza di
Francia e Messico per organizzare i Mondiali e che promettono allori importanti.
Torricelli,
campione in forza agli Arcieri e Balestrieri della Torre di Formigine, si
giocherà le sue (tante) chance
rimanendo per una settimana ospite della cittadella degli arcieri e per provare
a coronare un sogno.
Parliamoci
chiaro: Graziano è un campione puro, di quelli di razza. Non solo con l’arco in
mano. Uomo di profonda umiltà, campione di concentrazione e di pazienza, è un
modello di educazione e di altruismo per giovani e meno giovani. Operaio,
comincia con il tiro al piattello con il fucile. “Poi, un giorno, mio fratello
mi ha proposto di provare a tirare con l’arco. Mi ha messo in mano il suo arco
nudo e in me è scoppiato da subito un vero e proprio amore. Ho riposto il
fucile nell’armadio, ho comprato il mio primo arco e ho cominciato”. Per non
fermarsi più, verrebbe da dire.
Un dettaglio
va svelato, a questo punto. E non è un dettaglio di poco conto. Dire che
Torricelli è un campione puro non è affatto eccessivo, se si pensa che la sua
carriera di arciere è cominciata nell’ottobre del 2011, appena quattro anni fa.
Quarantotto mesi per passare dalla prima gara indoor alla convocazione in Nazionale per giocarsi un Mondiale. E
badate che il tiro con l’arco non è uno sport facile, tutt’altro. Richiede
preparazione fisica, forza muscolare, precisione, pazienza, abnegazione,
umiltà. Non basta avere da investire soldi su un’arma. Serve avere la forza
interiore di allenarsi con cinque gradi sotto zero come con quaranta gradi
all’ombra, tutto l’anno, dentro un tunnel semibuio come macinando chilometri in
un bosco.
Ed è
all’aperto che Graziano dà il meglio di sé, come i selezionatori azzurri hanno
avuto modo di vedere. “Dopo aver vinto i campionati regionali in Emilia Romagna
mi sono reso conto che le mie specialità preferite sono il 3D (ovvero il tiro a
bersagli con forma di animale, posizionati a diversa distanza, N.d.R.) e l’Hunter field (ovvero il tiro di campagna
a bersagli posizionati a distanza sconosciuta, N.d.R.), nelle quali ho deciso
di specializzarmi, prima nelle file della mia prima squadra, a Castelfranco
Emilia, ora nella Compagnia di Formigine, che sento davvero come casa mia,
essendo nati e sempre vissuti sia io che mia moglie a pochissimi chilometri dal
campo d’allenamento”.
La strada
attraverso cui Torricelli ha convinto con la sua classe i selezionatori della
Federazione italiana tiro con l’arco (Fitarco) è culminata con la vittoria del
campionato italiano 3D ma è passata “attraverso due prove di valutazione che
sono stato chiamato a disputare dalla stessa Federazione, la prima a Torino,
dove ho conseguito il quinto posto, e la seconda a Sulmona, dove mi sono
classificato al sabato primo, alla domenica secondo assoluto in finale contro
Giuseppe Seimandi”, spiega Graziano, senza aggiungere che la rivincita contro
il campione azzurro se l’è presa poco dopo, battendolo nella finale per il
primo e secondo posto del campionato italiano 3D, ad agosto. Exploit che è
valso a entrambi la convocazione per i Mondiali delle Marmore.
“Aver vinto
il campionato italiano è stato decisivo per la mia convocazione in nazionale –
ammette Torricelli – e per coronare un sogno che inseguo da quando ho
cominciato a tirare con l’arco, quello di difendere i colori del mio Paese.
Farlo in occasione di un Mondiale, senza aver dovuto sostenere altre prove, è
un onore e al contempo una grande responsabilità. Ma ho intenzione non solo di
metterci tutto me stesso, ma anche di godermi ogni singolo istante del
Mondiale, che sarà il premio non solo a tutti i grandi sacrifici che ho dovuto
fare per essere arrivato fin qui, ma anche per quelli che ha dovuto sostenere
la mia famiglia, ovvero mia moglie Isabella e mio figlio Luca, che sono da
sempre i miei più grandi tifosi e mi hanno sostenuto senza sosta, seguendomi in
trasferta ogni volta che potevano. Ecco, io credo di dovere davvero tutto alla
mia famiglia, e sono loro riconoscente per questo”.
A Formigine,
in Compagnia, gli arcieri faranno un tifo sfrenato per Graziano. Torricelli e
tutta la squadra azzurra di tiro con l’arco hanno bisogno di calore, di
sostegno, di non continuare a essere classificati come “sport minore”, perché
sport minori non esistono. Ci sono solo quelli più ricchi, a volte veramente
troppo ricchi, e gli altri, che sopravvivono solo grazie alla passione e ai
sacrifici personali, famigliari e di gruppo, nel disinteresse sia dei media che degli amministratori, capaci
solo di esaltare, e di appropriarsi, delle vittorie, relegando gli atleti
nell’oblio in caso di sconfitta.
La
convocazione di Graziano Torricelli in Nazionale, invece, in un Paese normale,
è un evento che avrebbe bisogno di un’enfasi e di un’eco più ampli possibili.
Perché dimostra come nulla sia precluso a chi mette tutto se stesso nel
raggiungimento di un obbiettivo, neppure il sogno di vestire i colori della
Nazionale in un Mondiale a 53 anni, o in età ancora più avanzata. La differenza
la fanno la motivazione e l’amore. Torricelli in questo – e come lui, tanti
altri grandi atleti italiani dimenticati dai grandi circuiti mediatici – dona a
tutti un grande sogno e una grande speranza.
L’augurio è
che torni non solo pieno di gioia e d’esperienza dal “suo” Mondiale, ma che
rientri a Formigine con una medaglia al collo, di qualunque metallo sia, per
dare ancora fiato e gambe a un sogno – il suo e quello di ogni sportivo – che
deve andare avanti. E che avanti andrà.