Perché Tore nel settembre 1999 è morto a causa dell’uranio
impoverito.
C’è scritto nero su bianco nel dispositivo della sentenza
d’appello e quindi ora si può dire ufficialmente.
Nel 2005 abbiamo scelto proprio la sua storia, e quella di
sua mamma Giuseppina, una donna forte e coraggiosa, per aprire il nostro libro
di inchiesta sull’uranio impoverito (“Uranio, il nemico
invisibile”). Giuseppina, la sua forza, la sua tenacia hanno scoperchiato
il vaso di Pandora di questa vicenda che in questi anni ci ha fatto vivere di
tutto: l’omertà, le bugie, le deviazioni, le ammissioni. E le sentenze. Ce ne
sono state più di 40 favorevoli alle vittime, ma questa è la più forte di
tutte. Si dice senza mezzi termini che il soldato Salvatore Vacca morì a causa
dell’uranio impoverito. E che la letteratura scientifica internazionale in
questi anni ha dimostrato con così tanta chiarezza il nesso tra le malattie e
l’uso di uranio che non è più neanche il caso di doverlo dimostrare in ogni
procedimento giudiziario.
“La sentenza non mi restituirà mio figlio, ma giustizia è
stata fatta”, ha detto mamma Giuseppina.
Una settimana lunga, dicevamo. Tra lunedì e martedì la
Commissione d’inchiesta sull’uranio impoverito della Camera ha preparato e, ieri,
votato, una relazione di maggioranza approvata quasi all’unanimità (un solo
voto contrario). Sottolinea le verità giudiziali e si spinge oltre nel campo
della tutela previdenziale: le cause di servizio dei militari adesso dovranno
essere sottratte all’amministrazione della Difesa e gestite dall’Inail.
Una rivoluzione nel senso della giustizia. È giusto che a
decidere sulla sorte dei soldati non siano i loro superiori o apparati della
Difesa, ma l’Inail, come per tutti gli altri cittadini.
Ieri mattina in audizione c’era il ministro Pinotti: proprio
qualche settimana fa aveva affermato in un’intervista al progamma tv Le Iene
che “il problema uranio non esiste”.
È stata costretta a essere più cauta dai commissari
incalzanti.
E le è stata strappata una promessa: che il ministero smetta
di fare appelli inutili alle sentenze di condanna. Inutili, perché perde
praticamente sempre. E i conti per lo Stato aumentano sempre di più perché ai
risarcimenti si sommano gli interessi.
Ebbene il ministro ha detto che si impegnerà a farlo, ma che
l’ultima parola spetta all’avvocatura dello Stato. Quindi il suo parere è poco
più che consultivo. Ecco, non ci basta.
Serve ben altro, ministro. E lei come titolare del ministero
può farlo. Anche perché in molti casi, come ha sostenuto l’Osservatorio
militare, l’avvocatura dello Stato ha espresso parere negativo al ricorso. Ma
il ministero ha proceduto lo stesso.
Non si nasconda dietro giustificazioni formali, ministro.
Agisca. Il momento è adesso.
(di Stefania Divertito, giornalista e scrittrice)
(di Stefania Divertito, giornalista e scrittrice)