L’altro
ieri il padre e padrone della Repubblica serba di Bosnia (Rs), il milionario
ultranazionalista Milorad Dodik, aveva espresso totale contrarietà verso l’iniziativa
britannica e aveva rimarcato una volta di più che la Bosnia Erzegovina non è
nella condizione di continuare sulla strada unitaria decisa dagli Accordi di
Dayton, arrivando una volta di più ad auspicare la secessione dell’Entità,
fortemente voluta da Mosca in questa triste epoca di rigurgiti di nazionalismi e
negazionismi e di rinnovata guerra fredda.
Ogni
commento è superfluo. Russia, Serbia e Repubblica serba di Bosnia non volendo
condannare il genocidio si schierano apertamente al fianco di chi lo ha
perpetrato, dunque si pongono al di fuori della stessa comunità internazionale
e del diritto internazionale. Chi più soffre questa situazione sono, una volta
di più, le superstiti di Srebrenica, dove tra l’11 e il 16 luglio 1995 furono
massacrate 10.701 persone, tutti civili e quasi tutti maschi di età compresa
tra i 12 e i 76 anni. Chi più se ne avvantaggia sono gli estremisti, non solo
quelli dell’universo ortodosso, ben rappresentati dagli attuali governi russo,
serbo e serbo-bosniaco, ma anche quelli del mondo islamico, turchi e sauditi in
testa, che approfitteranno di questa ingiustificabile alzata di scudi
russo-serba. È un preciso disegno, questo, non qualcosa di lasciato al caso. Su
questo non vi sono più dubbi. Ed è stato reso possibile dal pressappochismo e
dalla superficialità con cui l’Unione europea e i nostri mediocri
rappresentanti hanno, in questi ultimi vent’anni, trattato la tragedia
bosniaca.