La
risoluzione presentata dalla Gran Bretagna al Consiglio di sicurezza delle
Nazioni Unite con l’obiettivo di ricordare le vittime del genocidio di
Srebrenica e di facilitare la pacificazione nazionale in Bosnia Erzegovina “interpreta
gli eventi in una maniera non corretta, anche dal punto di vista legale”:
parola di Sergej Lavrov, ministro degli Esteri russo, in occasione di una conferenza
stampa congiunta durante il recente “Forum di San Pietroburgo” con il
padre-padrone della Repubblica serba di Bosnia, il milionario ultranazionalista
Milorad Dodik, che da giorni chiede sostegno e protezione a Mosca contro la
proposta di testo londinese, che sarà discussa al Palazzo di Vetro il prossimo
7 luglio. Dalle parole di Lavrov trapela dunque l’idea che l’interpretazione “corretta”
del genocidio, per Mosca, sia quella negazionista, in linea con i desiderata ormai ventennali dell’estremismo
serbo-bosniaco.
“La
proposta di risoluzione è completamente contro i serbi”, ha infatti precisato
Lavrov, spazzando via ogni dubbio sulla posizione del governo di Vladimir Putin.
Il
ministro degli Esteri russo non ha spiegato se Mosca intenda porre il veto sull’approvazione
della risoluzione, ma questo è quanto auspica pubblicamente Dodik, mentre la
posizione del governo di Belgrado in proposito è ancora divisa, quindi incerta.
Sembra
destino che per le 10.701 vittime di Srebrenica (da vent’anni “spacciate” per
8.500 da una stampa cieca ai documenti e sorda alle testimonianze) e per i
circa 30.000 sopravvissuti non debba esservi né pace né giustizia. Almeno
secondo la dottrina moscovita, in questo rigurgito violento e riprovevole di
guerra fredda che l’Europa – e l’Italia spesso quasi inconsapevolmente, in
linea con quel che da sempre siamo – sta vivendo.