Un estratto da un mio vecchio e caro libro,
Uomini e belve.Storie dai Sud del mondo, purtroppo ancora così drammaticamente attuale.
“Charlie ha in testa un vecchio cappello di
velluto beige. Sorride. Mostra degli splendidi denti bianchi. Grandi.
Perfettamente allineati. È arrivato in Italia nel novembre 2002 dopo avere
lasciato la Liberia, il suo Paese natale sconvolto dalla guerra. Charlie
sorride, dunque. Lo fa affabilmente e stringe con vigore ogni mano che gli
viene tesa. La sua voce somiglia a un sussurro, un fioco soffio quasi
impercettibile. «Sono in Italia – racconta – perché un giorno d’estate del 1999
il National Patriotic Front of Liberia (Npfl) ha deciso
che avrei dovuto imbracciare le armi per combattere contro altri liberiani».
«Io – riprende a raccontare Charlie –
all’imposizione del National Patriotic Front risposi di no. Che
non avrei mai vestito la divisa. Perché sono un pacifista. E perché non volevo
sulla coscienza dei fratelli uccisi dalle mie mani. Il Fronte non reagì bene.
Nell’agosto del 1999 mi arrestarono, trascinandomi in carcere. Ho vissuto per
tre anni tra quattro luride mura. Fui liberato nell’agosto del 2002». Ma
Charlie non potrà mai più cancellare quei 36 mesi. «Non c’è stato giorno, non
c’è stata ora in cui i miei carcerieri non mi imponessero umiliazioni o in cui
non mi infliggessero torture e violenze fisiche e morali d’ogni genere. Ogni
giorno – riprende con gli occhi velati d’angoscia – i militari mi costringevano
per ore a mettermi accosciato, nella posizione di una rana, e a saltare. E
questo finché non si stancavano di ridere e di divertirsi con la mia
sofferenza. Spesso mi tenevano per lungo tempo sospeso da terra, legato per le
braccia o per i polsi». Ma la tortura è un’altra cosa. Mi guarda quasi
attonito. Ora sembra rianimarsi. Sorride di nuovo «La tortura? Ne vuoi vedere
un esempio? – fa con gli occhi lucidi, che rispecchiano il tonfo dell’anima
nella palude infestata dei fantasmi dei ricordi – Ecco che cosa vuol dire
essere torturati dai militari del Npfl». Avvicina una mano alla bocca. Il
sorriso, quel bel sorriso fatto di denti grandi e perfettamente allineati, ora
è lì, sul palmo della mano di Charlie, tenuto insieme da una placca rosa.
«Questa – fa dopo avere rimesso la protesi in bocca – è una delle conseguenze
meno spiacevoli che possono capitare a chi viene torturato. Senza contare che
ogni volta, dopo essere stato picchiato, nessuno ha mai pensato di portarmi in
infermeria per medicarmi le ferite».
Nell’agosto del 2002 venne proclamata
un’amnistia. Il Npfl decise di svuotare le carceri. Dopo una tragedia lunga
tre anni anche Charlie poté tornare a vedere la luce del sole. Ma, per assurdo,
la sua vita era a questo punto più in pericolo di prima.”
La testimonianza di Charlie è raccontata in
Uomini e belve.Storie dai Sud del mondo di Luca Leone ed è liberamente disponibile per la
stampa citando la fonte © Infinito edizioni – 2015.