Era il 5 marzo di settant’anni fa quando – ricorda Bruno Maran in Dalla Jugoslavia alle Repubbliche indipendenti – lo
statista britannico Winston Churchill pronunciò il famoso
discorso sulla “cortina di ferro” al Westminster College di Fulton, nel Missouri: “Diamo il benvenuto alla Russia nel suo giusto posto tra le più grandi Nazioni del mondo. Siamo lieti di vederne la bandiera sui mari. Soprattutto, siamo lieti che abbiano luogo frequenti e
sempre più intensi contatti tra il popolo russo e i nostri popoli. È tuttavia
mio dovere prospettarvi determinate realtà dell'attuale situazione in Europa.
Da Stettino nel Baltico a Trieste
nell’Adriatico una cortina di ferro è scesa attraverso il continente. Dietro
quella linea giacciono tutte le capitali dei vecchi Stati dell’Europa centrale
e orientale. Varsavia, Berlino, Praga, Vienna, Budapest, Belgrado, Bucarest e
Sofia; tutte queste famose città e le popolazioni attorno a esse giacciono in
quella che devo chiamare sfera sovietica, e sono tutte soggette, in un modo o
nell’altro, non solo all’influenza sovietica, ma anche a un’altissima e in
alcuni casi crescente forma di controllo da parte di Mosca”.
Con queste parole si apriva la fase post bellica
della guerra fredda, con la netta divisione geopolitica in blocchi e sfere di
influenza che terminerà solo nel 1989.
L’atteggiamento della Jugoslavia verrà espresso –
continua Maran – il 1° marzo del 1948
attraverso le critiche del Comitato centrale del Partito comunista jugoslavo nei
confronti dell’influenza dell’Urss nella politica dei Paesi a guida comunista, rivendicando uguaglianza dei
diritti dei singoli partiti comunisti.
C’era
una volta la Jugoslavia: dal Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, passando per il
Regno di Jugoslavia, alla tremenda guerra di liberazione dagli invasori
nazi-fascisti. Nacque nel 1947 la Repubblica socialista federativa di
Jugoslavia, guidata dal maresciallo Tito: uno Stato federale esistito fino al
1991, quando scoppia la guerra, che porta nell’Europa della fine del XX secolo
i crimini contro l’umanità, lo stupro etnico, il genocidio, l’urbicidio, la
fuga di milioni di profughi, per concludersi con una pace ingessata, cui è
seguita una guerra… “umanitaria”. Dalla Jugoslavia
alle Repubbliche indipendenti. Cronaca postuma di un’utopia assassinata e delle guerre
fratricide racconta la storia di quel Paese, anno per anno,
giorno per giorno. Un lavoro certosino di ricerca per realizzare un libro
fondamentale.
Con
il patrocinio dell’Associazione per i Popoli Minacciati
L’autore
Bruno
Maran (Padova), fotoreporter di Stampa
Alternativa, ha firmato grandi reportage
da Bosnia, Macedonia, Croazia, Serbia e
Kosovo, India, Sri Lanka.
Si occupa di fotografia sociale e reportage, è co-fondatore del Gruppo Controluce e collabora con Radio Cooperativa.
Ha preso parte a decine di mostre fotografiche personali e collettive.
Ha firmato i documentari Zastava AnnoZero e Trieste-Risiera
di San Sabba. Ha pubblicato il saggio Una
lunga scia color cenere (La Città del Sole, 2013).