“Il fatto che stiamo ormai assistendo allo scoppiare di così tante nuove
crisi senza che nessuna delle precedenti venga mai risolta è la chiara dimostrazione
della mancanza di capacità e di volontà politica di porre fine ai conflitti,
per non parlare di prevenirli. Il risultato è un’allarmante proliferazione di
eventi non pronosticabili e di impunità.” Con queste parole, di António
Guterres, Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, dà inizio al Rapporto
2015-2016. La situazione dei Diritti Umani del mondo
diffuso da Amnesty International e
pubblicato in Italia dalla casa editrice Infinito edizioni. Il Rapporto si apre
con le parole di Salil Shetty, Segretario
generale di Amnesty International, che evidenzia le crisi del diritto
internazionale e che riportiamo in estratto nelle righe che seguono.
“L’anno da poco concluso
ha messo a durissima prova la capacità dell’intero sistema internazionale di risposta
alle crisi e agli sfollamenti di
massa di persone, che si è rivelato tristemente inadeguato. Era dalla seconda guerra mondiale che i flussi di
sfollati e di persone in cerca di rifugio non raggiungevano le dimensioni globali attuali. Questa
situazione è stata in parte alimentata dal perdurare del conflitto armato in Siria, con ormai più della metà della
popolazione in fuga, oltre i confini nazionali o sfollata internamente al
paese. Finora i tentativi di trovare una soluzione al conflitto non sono
serviti a nient’altro che a mettere in luce divisioni globali e regionali.
Negli ultimi mesi, la
reale gravità della crisi ha spinto le iniziative multilaterali di risposta
all’ormai ininterrotto flusso di rifugiati, compreso il Piano regionale delle
Nazioni Unite per i rifugiati e la resilienza, verso un maggiore coordinamento
tra Egitto, Iraq, Giordania, Libano e Turchia. I governi europei, il Canada e
gli Usa, dove la percezione dell’opinione pubblica della problematica dei
rifugiati è stata scossa dalla struggente immagine diffusa dai mezzi
d’informazione del corpo annegato del piccolo siriano Aylan Kurdi, sono stati
costretti a reagire all’indignazione generale e alle richieste di accogliere i
rifugiati e di porre fine alla crisi.
Sia nei paesi dell’area
vicini alla Siria sia negli stati occidentali sono emerse profonde divergenze
d’approccio nelle risposte alle crisi e ai conflitti. Se da un lato moltissimi
rifugiati siriani hanno trovato ospitalità in alcuni dei paesi della regione,
molti governi fuori e dentro la regione del Medio Oriente e Africa del Nord
hanno continuato a mostrarsi riluttanti ad aumentare l’ammissione di rifugiati
oltre una certa soglia. La condivisione degli sforzi e delle responsabilità ha
continuato a essere terribilmente sbilanciata e le risorse fornite non
riuscivano a far fronte a una crisi in rapida evoluzione. Nel frattempo, i
diritti umani di molte famiglie e singole persone in movimento venivano
violati, anche mediante la criminalizzazione dei richiedenti asilo,
provvedimenti di refoulement, respingimenti e trasferimenti verso altri
territori, oltre a varie iniziative degli stati che si sono configurate come
una vera e propria negazione dell’accesso alle procedure di richiesta d’asilo.
Mentre il mondo si
sforzava di dare una risposta all’enorme flusso di persone in fuga dalla Siria,
la guerra che imperversava all’interno del paese ha concretizzato le pressanti preoccupazioni riguardo all’applicazione delle norme internazionali sui diritti umani
e del diritto internazionale umanitario, che da anni erano state sollevate,
tra gli altri, da Amnesty International. Il conflitto siriano è ormai diventato
il simbolo dell’inadeguata protezione dei civili a rischio e, in senso più ampio,
del sistematico fallimento da parte delle istituzioni nel far rispettare il
diritto internazionale”.
Il testo di Salil
Shetty è liberamente disponibile per la stampa citando la fonte © Infinito
edizioni - 2016