Una sera a teatro: un
giovane spettatore tiene in mano il programma di sala del nostro spettacolo
sulla guerra nella ex-Jugoslavia. Nel programma si dice che racconteremo la
storia di Srebrenica. Sono in platea per salutare alcuni amici prima
dell'inizio e sento il ragazzo in questione tentare goffamente di leggere
quello strano nome di città in una lingua che non conosce. Il suo compagno di
posto ride e dice che a lui la parola "Srebrenica" ricorda il nome di
una marca di vodka. «L'avevi mai sentita prima questa cavolo di parola?». «Mai»
risponde l'altro, alzando le spalle per poi tornare ad armeggiare con un grosso
smartphone. Io continuo ad ascoltarli allibito.
«Hai mai sentito parlare di Srebrenica? Hai mai sentito parlare del più grave
genocidio dalla fine della Seconda Guerra Mondiale?»
«Mai».
Questo 11 luglio cambiamo le cose. RICORDIAMO QUELLO CHE È STATO. RICORDIAMO SREBRENICA.
«Mai».
Questo 11 luglio cambiamo le cose. RICORDIAMO QUELLO CHE È STATO. RICORDIAMO SREBRENICA.