Tempi
duri per il padre-padrone della Repubblica serba di Bosnia (Rs), l’entità
amministrativa fondata sulla pulizia etnica di cui il milionario Milorad Dodik
è signore assoluto da circa un ventennio. Un forte attacco nei suoi confronti è
partito ieri dal capo del più importante partito d’opposizione, il Partito
democratico serbo (Sds), Mladen Bosić, secondo cui Dodik, con l’indizione del
referendum contro le competenze della magistratura centrale bosniaca sul territorio
della Rs, avrebbe messo l’Entità “in una posizione di grande svantaggio”, e per
questo dovrebbe dimettersi e indire nuove elezioni a ogni livello
amministrativo.
Il
Sds, opposizione a Banja Luka ma nel governo a livello nazionale, è noto per
avere posizioni non troppo più concilianti e “democratiche” di Dodik. Resta l’evidenza,
già da tempo da alcuni notata, di una frattura sempre più forte nella destra
nazionalista serbo-bosniaca – strappo che oramai contrappone duramente anche
filo-russi e filo-europeisti – e del fatto che l’astro di Dodik sia in procinto
di tramontare a causa dell’esuberanza e degli eccessi del tycoon serbo-bosniaco. Molto governi europei, e recentemente anche
l’Unione europea, hanno espresso malumore per l’indizione del referendum, che
potrebbe trasformarsi in una bolla di sapone o, come molti auspicano, in un boomerang per Dodik.