“Come più volte ribadito – ha detto a tal proposito il consigliere
personale di Nikolić per gli Affari internazionali, l’ex ministro degli Esteri
serbo Ivan Mrkić – il presidente sarebbe disposto a rendere omaggio alle
vittime musulmane di Srebrenica se Bakir Izetbegović facesse la stessa cosa per
le vittime serbe a Kravica, Bratunac e in altri posti”. Bakir Izetbegović è l’attuale
rappresentante musulmano bosniaco della presidenza tripartita bosniaco
erzegovese, oltre a essere figlio dell’ex presidente Alija Izetbegović, per l’universo
nazionalista musulmano bosniaco padre della patria ma in realtà co-responsabile
del pantano bosniaco, soprattutto a causa di alcune sue discutibili scelte
durante la guerra del 1992-1995.
Le vittime di cui parla Mrkić, come noto, sono diverse centinaia di civili
serbo-bosniaci uccisi tra il 1992 e il 1993 da squadre della morte bosniache
musulmane che lasciavano Srebrenica assediata per cercare nei villaggi
circostanti cibo e armi ma che, nel farlo, non hanno lesinato di seminare morte
e distruzione. La cifra che la propaganda serba fa, in riferimento a quelle
vittime, è di circa 3.500 persone.
“Nikolić – ha aggiunto Mrkić – è pronto ad andare con Izetbegović nei
luoghi dove persone innocenti furono uccise, ma non è morale dividere le
vittime in base alla loro origine etnica, quanto meno dal nostro punto di vista”.
Parole importanti, quelle di Mrkić, che ha parlato a nome di Nikolić. Al di
là dell’errore non solo antropologico ma anche politico nel voler continuare a
dividere i popoli balcanici in etnie, quasi fossero tribù, dando a
sottintendere sempre che una possa essere migliore delle altre, viene da
chiedersi quanto sia invece morale continuare, discutibilmente, a negare non
solo il genocidio di Srebrenica, ma le responsabilità del governo di Milošević
in materia. Un gesto coraggioso di Nikolić in questa direzione rappresenterebbe
un cambio di passo decisivo e darebbe un esempio di coraggio a livello
planetario. Invece la destra serba – di cui Nikolić incarna un volto simpatico
ma decisamente estremista in certe posizioni – preferisce restare nel pantano
di una polemica stucchevole, continuando a giocare la partita perdente di quello
serbo come popolo perseguitato. Se è perseguitato, lo è dalla mediocrità dei
suoi rappresentanti e dalla scelta di prestarsi a fare il gioco della Russia di
Putin in nome di una contrapposizione con l’Occidente perdente per tutti, almeno
per i Paesi europei, non solo per i serbi.
In seguito a pressioni degli ambienti dell’estrema destra serba, è al
momento in dubbio anche la presenza del primo ministro Aleksandar Vučić l’11
luglio a Srebrenica.
Intanto continua il braccio di ferro in sede Onu sulla proposta di
risoluzione britannica in riferimento al genocidio di Srebrenica. La Russia,
sostenuta da Serbia e Repubblica serba di Bosnia, sta lavorando per “sterilizzare”
il testo della risoluzione, evitando che si parli di genocidio. Insomma, un
lavoro di omertà e di negazione su larga scala.