martedì 4 novembre 2008

“RiScatto” per le vittime dello stupro


In un libro il progetto voluto da Olivia Molteni Piro e da Il Sole onlus in Etiopia


Olivia Molteni Piro è forza allo stato puro, vera dinamite.
Tutti la conoscono, a Como – dove è nata e vive – come ad Addis Abeba, e in tanti hanno imparato ad amarla. Madre adottiva, madre naturale e donna naturalmente slanciata verso il prossimo, un giorno di qualche anno fa ha scoperto che lo stupro in Etiopia, anche nelle famiglie, è una piaga sociale molto diffusa e assai poco punita.

Quel giorno la sua vita, già improntata al sostegno del prossimo in difficoltà, è cambiata del tutto e i viaggi, dapprima in Etiopia, poi in Burkina Faso, sono diventati una costante per lei e per la sua famiglia, forgiata nel granito esattamente come questa donna dagli occhi luminosi e sereni. Granito, sì, ma con sotto un enorme cuore che batte e pompa sangue.

Fondato Il Sole onlus, oggi Olivia si è “ritirata” a fare la nonna a tempo pieno, lasciando la sua “creatura” a un gruppo ben affiatato, guidato da Vittorio Villa.
Il progetto “Fiori che rinascono”, creato appositamente per portare aiuto e una speranza di futuro alle vittime della violenza sessuale ad Addis Abeba, è nel frattempo diventato un libro per i tipi di Infinito edizioni, “RiScatto”, il cui titolo ha appositamente una doppia lettura: atto finale di un corso di fotografia tenuto dal fotografo Gin Angri per aiutare le ragazze a superare il trauma; ma anche riscatto sociale e personale da una condizione di prostrazione interiore a una rinascita profonda, con la vita che, al termine del tunnel, torna a risplendere (come testimoniano anche gli scritti delle ragazze, pubblicati a corredo dell’importante apparato fotografico).

Uno splendido libro fotografico a colori, “RiScatto”, appositamente a basso prezzo di copertina, il cui scopo è finanziare il progetto “Fiori che rinascono”, sia in Etiopia sia nel nuovo Paese africano, il Burkina Faso, in cui Il Sole intende diventare operativo, sempre con lo scopo di opporsi alla pratica generalizzata e impunita dello stupro.

Con Olivia abbiamo fatto il punto della situazione sul progetto “Fiori che rinascono”, sul libro che da questo progetto è stato generato e sul nuovo impegno in Burkina Faso. Facendo una panoramica piuttosto rara su un argomento, lo stupro, di cui si parla sempre poco e poco volentieri, ma che purtroppo distrugge e condiziona la vita di milioni di bambine e donne non solo in Africa ma in tutto il pianeta.

Olivia, cominciamo dal titolo: che cosa rappresenta per te e per Il Sole e per le ragazze questo riscatto?
Il riscatto è una battaglia combattuta con ogni strumento a disposizione e senza ripensamenti o esitazioni per la conquista di uno status sociale perso e di una dignità distrutta dalla violenza sessuale. Comincia con la riappropriazione di una percezione positiva di sé e del proprio corpo, passa attraverso la ricostruzione di un’autostima e un’identità forti e stabili, e si conclude con il desiderio e la spinta motivata a essere reintegrati in un tessuto sociale che respinge, isola e stigmatizza.

Quali sono i contorni e le dimensioni dell’emergenza legata, in Etiopia, alla violenza sessuale contro i minori e perché Il Sole ha scelto di lavorare in questo Paese così difficile?
Le dimensioni dell’emergenza legata alla violenza sessuale in Etiopia non sono di facile definizione perché difficile è definire cosa si intenda per” violenza” in un contesto culturale che legittima abusi di ogni tipo su donne e bambini all’interno della famiglia stessa. Un contesto dove i matrimoni precoci (età media delle bambine 13 anni) avvengono di regola nella maggior parte delle regioni del Paese. Dove i matrimoni riparatori per rapimento e stupro sono il 50% nel sud del Paese. Dove il 74% delle donne ha subito la mutilazione dei genitali. Forse si può azzardare che due bambine su dieci sono vittime di stupro nel Paese. Ma ha veramente importanza quantificarne il numero?
Quando Il Sole iniziò a occuparsi del fenomeno, nel 2002, fu il primo a creare un network di organismi istituzionali, ong locali, strutture sanitarie, uffici legali e di polizia che lavorassero in modo coordinato per avere il polso della situazione e strutturare servizi a 360 gradi per le piccole vittime della violenza. E fu il primo a offrire, tramite una formazione specifica e mirata agli operatori del settore, gli strumenti che non esistevano per un approccio professionale con la riabilitazione psicologica e ad avviare momenti di incontro con le famiglie finalizzati a creare consapevolezza di un ruolo genitoriale di protezione e tutela che la cultura locale non prevede.
Proprio perché l’Etiopia era un Paese così difficile culturalmente, nel rapporto con le istituzioni, e per la limitata libertà di azione, lavorare per i bambini sessualmente abusati è stato un dovere dal quale Il Sole non ha potuto chiamarsi fuori. Ed il progetto “Fiori che rinascono” è stata la sfida più grande che l’associazione abbia mai affrontato.

Il recente “giro di vite” del governo di Addis Abeba ai danni delle organizzazioni umanitarie straniere quali conseguenze ha avuto sul progetto “Fiori che rinascono” e sulle ragazze?

In questo momento il progetto “Fiori che rinascono” è temporaneamente sospeso, in attesa di individuare una nuova modalità per continuare a implementarlo secondo gli standard previsti per il raggiungimento di obiettivi di base significativi. È ovvio che Il Sole non rinuncerà a renderlo nuovamente operativo nel momento in cui le condizioni saranno favorevoli alla “rinascita” del progetto. E le ragazze non sono state abbandonate a loro stesse perché continuano a usufruire di alcune forme di sostegno che ci permettono di tenerle monitorate e continuare il percorso con loro in attesa di tempi migliori.

Qual è la cosa che più ti è rimasta impressa ne rapporto con queste ragazze?
La contraddizione tra i loro sguardi che parlavano in silenzio di disperazione, rabbia e rassegnazione al tempo stesso e il bisogno, espresso in modo prepotente e quasi gridato, di individuare figure adulte delle quali fidarsi ancora. La richiesta di essere amate nel modo giusto, con rispetto, con attenzione per la loro unicità, con accettazione di quel vissuto che le aveva lacerate e offese.

Ora “Fiori che rinascono” si sposta da est a ovest del continente africano e approda nel Burkina Faso. Perché e con quali aspettative?
Perché la violenza sessuale su un minore è un fenomeno transnazionale che colpisce ovunque con la stessa ferocia, lasciando conseguenze devastanti. È dovere morale di tutti, in particolare di chi ha scelto di operare nel settore della tutela dei diritti dei bambini, affiancarsi a quelli di loro che maggiormente soffrono per la violazione di tali diritti. Etiopia, Burkina Faso, India… Ovunque anche un solo bambino diventi invisibile e muto, noi siamo chiamati a restituirgli identità e voce, usando gli strumenti di cui disponiamo e l’esperienza che ci siamo costruiti sul campo, anche pagando prezzi alti in termini di frustrazioni e sconfitte. Il Sole si aspetta di interloquire, anche in Burkina Faso, con le istituzioni e la società civile, per creare una rete di strutture nell’ambito delle quali i bambini vittime di violenza sessuale possano trovare accoglienza, ascolto e gli strumenti adeguati per diventare adulti socialmente attivi e capaci di costruire una società più accogliente e sicura per i loro bambini.

Quanto occorre investire per un progetto come “Fiori che rinascono” e come fa una piccola organizzazione umanitaria a trovare i fondi?
L’investimento su un progetto come “Fiori” non è affatto cosa facile. Non si tratta di “semplice” raccolta fondi. È qualcosa di più profondo, di più complesso. Si tratta di aggregare risorse di ogni genere, umane, materiali, logistiche e anche, successivamente, finanziarie.
L’impegno che il progetto “Fiori” richiede è totale, assoluto e totalizzante. Non è pensabile gestire il progetto con solo alcune delle risorse richieste. Servono tutte. Per cui non bastano fondi, ma serve un gruppo di persone legate da uno spirito di gruppo indissolubile, una volontà ben precisa, un’ideale comune in grado di mettere in relazione le diverse risorse necessarie e renderle le più produttive possibili. In questo senso il “costo” del progetto è elevato, ma i “benefici” (giusto per usare termini cari agli economisti) per chi partecipa attivamente in ogni singola fase del progetto sono sicuramente ben più cospicui.
In conclusione, il progetto “Fiori” è particolare non solo per la specificità del problema toccato, ma anche e soprattutto per la modalità corale di mettere insieme le risorse necessarie per trovare soluzioni adeguate a questo problema.

Se qualcuno volesse aiutarvi, in modi diversi, come potrebbe fare?
Pur riconoscendo che il sostegno finanziario è imprescindibile per la realizzazione di un progetto quale “Fiori che rinascono”, l’impegno di persone che abbiano una professionalità specifica nel campo del recupero del trauma indotto dalla violenza sessuale sui minori e che siano disponibili a collaborare con Il Sole su basi di volontariato è altrettanto importante e significativo. Per una piccola organizzazione umanitaria quale Il Sole, risorse umane motivate e che condividano gli ideali e le finalità dell’associazione facendosene portavoce, sono un patrimonio prezioso.