martedì 19 gennaio 2016

"I ragazzi di Brema": pagina su Repubblica e novità in libreria

 Preceduto da una bellissima pagina firmata, su "Repubblica", da Emenuela Audisio, è da oggi in distribuzione il nuovo splendido libro di Dario Ricci, I RAGAZZI DI BREMA, Infinito edizioni, il lavoro definitivo, nel cinquantesimo anniversario, sugli eventi che colpirono la Nazionale italiana di nuoto il 28 gennaio 1966 a Brema, in Germania.


Di Dario Ricci
Prefazione di Massimiliano Rosolino
Introduzione di Stefano Arcobelli

È il 28 gennaio 1966 nelle case degli italiani risuonano le note delle canzoni del festival di Sanremo. “Un aereo delle linee interne della Lufthansa è precipi­tato nei pressi dell’aeroporto di Brema, in Germania…”: il tono stentoreo del conduttore del telegiornale della sera spazza via il clima di gioiosa confusione che le canzonette sanremesi si portano dietro.
Sette atleti della Nazionale azzurra di nuoto, il loro allenatore e il giornalista della Rai Nico Sapio, muoiono in un incidente aereo in fase di atterraggio al termine del viaggio che li avrebbe dovuti portare da Milano a Brema per gareggiare in un importante meeting internazionale. A mezzo secolo dalla tragedia, Dario Ricci ripercorre le ultime ore di quei campioni, le loro vite, le loro carriere. Pagine che rendono ancora oggi indimenticabile il ricordo de “i ragazzi di Brema”.

venerdì 15 gennaio 2016

Jovo, l’uomo più vecchio della Bosnia: 109 candeline, cinque guerre e tanta voglia di futuro

Il portale d’informazione bosniaco Klix.ba riportava ieri una notizia curiosa e al contempo, per una volta, bella. La testata on line ha infatti rintracciato in un pensionato per anziani della periferia di Sarajevo un vecchio professore di russo che ha da poco compiuto 109 anni e che, a buon diritto, può essere considerato la persona più longeva dell’intera Bosnia Erzegovina, ma chissà, forse di tutti i Balcani.
Per chi fosse interessato, l’articolo è disponibile qui in serbo-croato: http://www.klix.ba/vijesti/bih/cika-jovo-je-prezivio-pet-ratova-i-logore-ali-i-dozivio-109-godinu/151231028

lunedì 11 gennaio 2016

Su Jim Morrison, Gasparri e Goran Hadžić

Nel fine settimana il Web s’è infiammato per una boutade che ha avuto quattro protagonisti: il gruppo satirico “Vergogna Finiamola Fate Girare” (che ha spesso trovate singolari e spiazzanti); il povero barbuto Jim Morrison; l’ex ministro e attuale senatore forzaitaliota ed ex aennino ed ex missino Maurizio Gasparri; e Goran Hadžić. Quest’ultimo, a cui è stata burlescamente attribuita la faccia di Morrison, è stato presentato dal gruppo satirico come un rapinatore seriale di ville nel nord-est d’Italia, con all’attivo più di 50 rapine, ma sempre rilasciato dopo ogni arresto. Gasparri, interpellato via Twitter in chiave anti-renziana, è caduto nel tranello e ha dato fondo al suo populismo.
Io ignoro se esista un Goran Hadžić rapinatore seriale di ville del nord-est. So però bene che esiste un Goran Hadžić oggi poco meno che sessantenne che durante gli anni sanguinosi e spaventosi della guerra nella ex Jugoslavia – tra l’altro, a quel tempo anch’egli barbuto – è stato presidente della auto-proclamata Repubblica serba di Krajina, entità fantoccio fondata sulla pulizia etnica e sul sangue e spazzata via nel 1995 dall’esercito croato con la pulizia etnica e col sangue.
Goran Hadžić è stato uno dei principali ricercati da parte del Tribunale per i crimini di guerra nella ex Jugoslavia ed è stato latitante fino al 2011, grazie a una serie di vergognose connivenze e protezioni. Oggi, con Ratko Mladić e Radovan Karadžić, è uno dei tre “grandi” “presunti” criminali di guerra (va lasciato il “beneficio del dubbio” fino a condanna emessa) sotto processo a L’Aja.

venerdì 8 gennaio 2016

C'è un modo per rifiutare di diventare dei rifiuti?

Un giro all'isola ecologica per lasciare carta, plastica, lattine, vetro... C'è un container che si riempie sempre più, man mano che svuotano un furgone bianco. Quello degli "ingombranti". Materasso, coprimaterasso, pantofole, piumoni, coperte, vestiti... c'è una vestaglia celeste, un paio di pigiami bianchi... tante calze... Chissà quanti anni aveva... Di sicuro, una donna. Non doveva essere molto alta.
Dunque, è così che finisce tutto? Una vita ad ammucchiare oggetti e speranze, delusioni e sogni, gioie e incertezze, a cercare una propria dimensione, a plasmarci man mano uno spazio, possibilmente caldo e confortevole... poi l'isola ecologica...
Neanche la sensibilità, da parte di chi sta su quel furgone bianco, di pensare ai poveri, ai migranti, comunque a chi ha di meno o non ha.
C'è un modo per rifiutarsi di diventare dei rifiuti...?

giovedì 7 gennaio 2016

Sulla Corea del Nord, la bomba atomica e quella volta a Roma, in ambasciata…

Ordigno nucleare o bomba all’idrogeno – e la differenza non è di quelle insignificanti… –, l’ennesimo affronto al pianeta e all’umanità da parte del regime dittatoriale nordcoreano mi ha fatto tornare in mente un episodio di ere geologiche fa della mia umile carriera di giornalista.
Lavoravo, a quel tempo, nella sede romana di un giornale di riferimento della sinistra italiana, la cui direzione ostinatamente, tra le varie cose, continuava a negare fatti ed evidenze storiche di non poco conto, non ultimo… il genocidio di Srebrenica. Mi occupavo, con altri sfortunati par mio, della redazione esteri e non era facile barcamenarsi in un contesto controllato dal figlio del direttore, immeritatamente e sfacciatamente posto a capo di una redazione così importante e non certo per meriti acquisiti sul campo.
A quel tempo scrivevo soprattutto di Balcani, Europa Orientale e Africa, ma una serie di casi (che nelle prossime settimane racconterò, perché legati a un progetto editoriale in arrivo) mi spinsero a viaggiare un po’ nell’Asia più lontana. Questo, agli occhi folli di chi comandava, mi rendeva un “esperto di Asia”. Per questa ragione, quando arrivò in redazione un invito rivolto dall’ambasciata nordcoreana al nostro direttore, il fax venne immediatamente girato a me e mi ritrovai inserito nella lista degli invitati. E trattandosi di lavoro, non ci si poteva di certo rifiutare.
La sera convenuta mi presentai con la mia giacca scura d’ordinanza presso la sede dell’ambasciata, dove ero il più giovane, il più ingenuo, il più fuori luogo, il più sorpreso… C’era un nugolo di italiani, ospiti dell’ambasciatore. Che all’improvviso comparve, pronunziò un applauditissimo discorso di regime e poi ci lasciò in sala con abbondanti libagioni, celermente spazzolate via dai tavoli dal copioso drappello di italioti presenti. C’era qualche giornalista di testate di sinistra, qualche politico di estrema sinistra, probabilmente qualcuno dei servizi segreti, alcuni più o meno oscuri sedicenti “imprenditori”, di sicuro altri, che non riconobbi e non mi fu dato modo di riconoscere perché, in quanto elemento estraneo, da estraneo fui trattato e rapidamente isolato da ogni gruppetto nel quale cercavo di attaccare discorso per capire con chi diavolo avessi a che fare.
La serata si concluse con centinaia, migliaia di “ciao compagno”, “arrivederci compagno”, “viva la Corea del Nord”, “viva la famiglia Kim”, eccetera. Niente di straordinario, insomma: la conferma che c’è tanta di quella merda, in Italia, che non basterebbe un buco nero per tirarla tutta via.