giovedì 31 marzo 2016

L’ultranazionalista Vojislav Šešelj per il Tpi de L’Aja è innocente

Vojislav Šešelj, il leader ultranazionalista serbo già parlamentare e fondatore del Partito radicale serbo, è stato oggi scagionato dal Tribunale penale internazionale per i crimini di guerra nella ex Jugoslavia (Tpi) da tutti e nove i capi d’imputazione a suo carico. La sentenza del caso Šešelj era attesa dal 2012. Nel frattempo il discusso leader ultranazionalista era stato rilasciato dal Tpi per permettergli di curarsi in Serbia, salvo poi rifiutarsi di tornare a L’Aja.
Šešelj doveva difendersi (cosa che ha fatto avvalendosi solo di un consigliere legale) da tre atti d’accusa per crimini contro l’umanità e da sei atti d’accusa per crimini di guerra, incluse uccisioni, torture e trattamenti crudeli di prigionieri. La Procura generale lo accusava di aver perpetrato direttamente i crimini di cui sopra o di essersi adoperato attraverso la propaganda affinché fossero commessi, il tutto in nome della creazione della Grande Serbia attraverso l’amputazione di parti della Bosnia e della Croazia e la loro annessione alla Serbia.

Quando si prepara una fiera del libro...

...come, in questo caso, la seconda edizione di BookPride a Milano, in questo fine settimana, si crea un caos indescrivibile. Tutto va segnato, messo nelle scatole, chiuso, trasportato... poi riaperto a allestito in fiera... quindi, alla chiusura, imballato di nuovo e ritrasportato indietro... per essere di nuovo aperto e rimesso a posto. E si spera sempre che tornino meno scatole di quante non ne partano, questo è chiaro.
Dopo tanti anni la domanda sempre più insistente è: ha senso fare tutto questo?
La risposta è molto semplice e pragmatica: ne ha, se il pubblico viene a incontrare gli editori, a confrontarsi, ad acquistare. Per questo molte iniziative ormai non hanno più senso: perché il pubblico non viene più, non le riconosce più valide, non vi si identifica.
A Milano l'Odei (Osservatorio degli editori indipendenti) sta dimostrando molta buona volontà e le premesse sono davvero valide. Speriamo che pubblico e stampa premino gli sforzi di tutti, ancor più meritevoli se si pensa che Odei è del tutto indipendente e tutti noi che ne siamo parte fin dalla prima ora rischiamo davvero in prima persona.
Detto questo, vi aspettiamo a Milano venerdì 1, pomeriggio, sabato 2 e domenica 3, tutto il giorno. Siamo allo stand B1. E non è un dettaglio di poco conto...

...E nello stesso giorno, vanno in promozione i libri di luglio e settembre 2016

Avete mai visto dei copertinari o schede di promozione editoriale?
Eccone undici appena usciti dalla stampante che, insieme a un paio di risme di altri "fratellini e sorelline" di carta, più i pdf per chi è dotato di lettori elettronici, partono domani con destinazione Bologna, dove saranno lavorati e assegnati agli agenti aventi il compito di raccogliere le prenotazioni presso le librerie indipendenti, quelle di catena, i grossisti e così via. Sei volte l'anno vanno prodotti questi materiali, insieme a molti altri, per restare nel "grande gioco" (grande e costoso) della promozione e della distribuzione nazionale. Si spera che le schede raccolgano l'interesse dei librai e che i lettori entrino poi a frotte nelle librerie e, stipati come sardine, comprino tutto e leggano come mai nella storia. Evidentemente è fantascienza o non parliamo comunque dell'Italia. Ma sognare non costa nulla... almeno quello, per ora...

Quando due libri importanti vanno in stampa...

Pochi minuti fa ho dato l'ok alla stampa di due libri veramente importanti, in uscita per Infinito edizioni in aprile.
Ecco le copertine in anteprima.
Si tratta del nuovo rapporto di Antigone onlus sullo stato delle carceri italiane, un lavoro importantissimo che può contare su una prefazione a dir poco eccezionale di Roberto Saviano; e di uno dei rarissimi libri sull'eutanasia presenti nel mercato editoriale italiano. Si tratta di una storia vera di eutanasia, raccontata in prima persona dalla scrittrice belga Pat Patfoort, una delle leader mondiali della nonviolenza, con la prefazione di una donna speciale e forte, Mina Welby, e il patrocinio dell'Associazione Luca Coscioni.
Due libri tosti, soprattutto per un pubblico disattento e menefreghista come quello italiano. Ma le sfide andavano lanciate, e ancora una volta lo abbiamo fatto. Buona lettura a chi avrà il buon senso e l'apertura mentale di farlo.

mercoledì 30 marzo 2016

A Milano, da venerdì 1 a domenica 3 aprile c'è BookPride

Avviso agli amici di Milano e dintorni. Non prendete impegni per questo fine settimana: vi aspettiamo alla seconda edizione di BookPride, la fiera nazionale dell'editoria indipendente, che si tiene da venerdì 1 a domenica 3 aprile presso lo Spazio Base (via Bergognona, 34). Vi aspettiamo, veniteci a trovare al nostro stand, il B1, con questi orari:
- venerdì 1 dalle 14,00 alle 21,00
- sabato 2 dalle 10,00 alle 21,00
- domenica 3 dalle 10,00 alle 20,00.
Al nostro stand ci saranno circa 120 titoli, tra i quali tutte le novità, un'anticipazione e i classici.
Ci vediamo a Milano!

31 marzo: un anno perso per la chiusura degli Opg

Il 31 marzo sarà passato un anno dalla data del 31 marzo 2015, fissata dalla legge 81/2014 per la chiusura degli Ospedali psichiatrici giudiziari (Opg). A oggi ancora 90 persone sono rinchiuse nei quattro Opg ancora in funzione, ed esattamente 40 a Montelupo Fiorentino, sei a Reggio Emilia, 18 ad Aversa e 26 a Barcellona Pozzo di Gotto. Secondigliano, a Napoli, è stato chiuso nel dicembre 2015 mentre l’Opg di Castiglione delle Stiviere ha cambiato targa trasformandosi in Residenza regionale per l’esecuzione della misura di sicurezza (Rems), con all’interno oltre 220 internati. Altre 230 persone, inoltre, sono ristrette in altre Rems.
A oggi l’unico passo concreto effettuato dal governo in carica è stato quello di nominare, con ampio ritardo, il Commissario per il superamento degli Opg, Franco Corleone, apprezzato dal collettivo di associazioni riunite in StopOpg. Per il resto, tutto sembra fermo e il disinteresse della politica e dei cittadini italiani sembra totale e assoluto, come del resto la disinformazione sui media.
Per saperne di più sull’inferno degli Opg italiani, come sempre consigliamo una lettura illuminante, quella di MALA DIES, capolavoro del mai troppo compianto Angelo Lallo.

venerdì 25 marzo 2016

Il discorso di Tito contro i nazionalismi, 26 marzo 1967

Il 26 marzo del 1967 a Priština, in un acceso discorso, Tito interviene duramente contro il pericolo dei nazionalismi. Di conseguenza – ricorda Bruno Maran in Dalla Jugoslavia alle Repubbliche indipendenti. Cronaca postuma di un’utopia assassinata e delle guerre fratricide molti intellettuali ade­renti alla Matica Hrvatska si dimettono o sono espulsi dalla Lega dei comu­nisti, tra essi il generale Franjo Tuđman.
Il tema del nazionalismo torna nuovamente nella storia della Jugoslavia il 31 marzo del 1981, quando si segnala una ripresa delle manifestazioni a Priština. Le dimostrazioni hanno un carattere decisamente nazionalista, con scritte inneggianti all’unità di tutti i territori albanesi, esponendo immagini del leader albanese Hoxha. Purga nel­la Lega dei comunisti del Kosovo con 2.000 arresti tra gli iscritti. La durezza vuole essere un monito anche per le “tendenze nazionaliste” di sloveni e croati.
C’era una volta la Jugoslavia: dal Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, passando per il Regno di Jugoslavia, alla tremenda guerra di liberazione dagli invasori nazi-fascisti. Nacque nel 1947 la Repubblica socialista federativa di Jugoslavia, guidata dal maresciallo Tito: uno Stato federale esistito fino al 1991, quando scoppia la guerra, che porta nell’Europa della fine del XX secolo i crimini contro l’umanità, lo stupro etnico, il genocidio, l’urbicidio, la fuga di milioni di profughi, per concludersi con una pace ingessata, cui è seguita una guerra… “umanitaria”. Dalla Jugoslavia alle Repubbliche indipendenti. Cronaca postuma di un’utopia assassinata e delle guerre fratricide racconta la storia di quel Paese, anno per anno, giorno per giorno. Un lavoro certosino di ricerca per realizzare un libro fondamentale.

giovedì 24 marzo 2016

Divjak: “Karadžić e Mladić? A loro va la memoria quando si pensa al bambino ucciso da un cecchino”

“I giovani orfani di cui mi occupo sono consapevoli del fatto che, se non hanno più i genitori e vivono in povertà, la colpa è di due criminali che si chiamano Karadžić e Mladić.erto, tutti sanno che Milošević è il responsabile maggiore di quanto è successo nella ex Jugoslavia e, dalla fine della guerra, i nostri media hanno diffuso molti reportage e pubblicato analisi su di lui, che però resta un personaggio lontano. Invece i bosgnacchi non dimenticheranno così facilmente Karadžić e Mladić. Non passava giorno senza che apparissero in televisione o fossero sui giornali. I due erano a 15 chilometri da Sarajevo, a Pale. È a loro due che rivà la memoria – tenuta desta dalla stampa che li menziona continuamente – quando si pensa al bambino o al vecchio ammazzati da uno sniper”.

(da Jovan Divjak, Sarajevo, mon amour, Infinito edizioni, 2007)
(foto Luca Leone)

40 anni a Karadžić, condannato a L’Aja per genocidio e crimini contro l’umanità

La terza camera di giudizio del Tribunale penale internazionale per i crimini di guerra nella ex Jugoslavia (Tpi) ha condannato oggi pomeriggio in primo grado l’ex presidente dell’autoproclamata Repubblica serba di Bosnia (Rs), Radovan Karadžić, a quarant’anni di carcere in qualità di supremo comandante delle forze armate serbo-bosniache per genocidio (quello di Srebrenica), crimini contro l’umanità e violazione delle leggi sulla detenzione dei prigionieri di guerra.
“In qualità di presidente della Rs e comandante supremo del Vrs (le forze armate dell’entità serbo-bosniaca, N.d.r.), l’accusato era l’unica persona nella Rs con il potere d’intervenire per prevenire che i bosniaci musulmani di sesso maschile potessero essere uccisi”, ha detto il presidente della Corte, giudice Kwon, in riferimento ai fatti di Srebrenica.
Il condannato ha ora la possibilità di ricorrere in appello contro una condanna destinata a provocare parecchie polemiche: insufficiente (e destinata a essere ridimensionata forse in appello) per i più, di certo ingiusta per il mondo ultranazionalista ortodosso, serbo, greco e russo in testa.
Il processo di primo grado contro Karadžić – arrestato il 21 luglio 2008 a Belgrado – è cominciato il 26 ottobre 2009 e si è svolto nel corso di 498 udienze. Circa 11.500 le prove ammesse in aula, 586 i testimoni ascoltati, dei quali 337 chiamati a testimoniare dalla procura generale, 248 dalla difesa e uno dalla Corte stessa.
Quello contro Karadžić è il centoquarantanovesimo processo giunto a sentenza presso il Tpi dal maggio del 1993, quando il Tribunale fu fondato. A oggi, sono 161 i processati dalla Corte. Sono al momento in corso dodici procedimenti contro altri accusati, tra i quali Ratko Mladić.

Per "Eden" oggi è il primo giorno in libreria

Primo giorno reale di distribuzione e di arrivo in libreria per EDEN. IL PARADISO PUÒ UCCIDERE. Un momento atteso quasi tre lustri...
Che arrivi nel giorno della sentenza di primo grado a Karadžić può essere un bel regalo (a seconda dell'entità della condanna)...
Vi invito a leggere EDEN. IL PARADISO PUÒ UCCIDERE. E aggiungo che non ve ne pentirete!

L’Aja, attesa per la sentenza del processo Karadžić, prevista per oggi pomeriggio

Salvo sorprese dell’ultima ora, oggi pomeriggio i giudici del Tribunale per i crimini di guerra nella ex Jugoslavia (Tpi) a L’Aja, in Olanda, dovrebbero emettere la sentenza di primo grado nel processo contro l’ex autoproclamato presidente dell’autoproclamata Repubblica serba di Bosnia (Rs), lo psichiatra e sedicente poeta Radovan Karadžić.
Diversi i capi d’accusa a carico di Karadžić, il più pesante dei quali è quello di genocidio.
Karadžić, classe 1945, è in custodia a L’Aja dall’estate del 2008 (fu arrestato a Belgrado, dove si nascondeva sotto falsa identità, nel luglio di quell’anno) e durante l’intera durata del processo a suo carico ha rifiutato un avvocato difensore, servendosi unicamente di un consigliere legale. Scelta fatta anche da un altro noto ultranazionalista in attesa (dal 2012) di sentenza a L’Aja, il politico estremista ed ex leader paramilitare Vojislav Šešelj, da diversi mesi uccel di bosco dopo essere stato rilasciato per cure dal Tpi per un presunto tumore alla prostata.
Dodici anni di latitanza, nove anni di reclusione a L’Aja, cinque anni di processo, quasi seicento testimoni, 10.701 morti nel genocidio di Srebrenica, circa 250.000 morti nella guerra bosniaco-erzegovese, almeno 50.000 stupri etnici, un milione e mezzo di profughi, due milioni di sfollati interni sono altre cifre che possono forse aiutare a comprendere meglio l’identità e la complicata personalità di colui che potrebbe subire la sesta condanna all’ergastolo (la prima per un politico, gli altri sono stati tutti militari) nella storia del Tpi de L’Aja, ma che potrebbe essere il primo politico europeo a subire una simile sorte dai tempi del Tribunale di Norimberga (come molti auspicano). Un ultimo numero: quaranta. Ovvero le volte in cui il procuratore generale de L’Aja Alan Tieger lo ha definito “bugiardo” nel corso della dura requisitoria finale, durata circa cinque ore.
Questo pomeriggio forse, finalmente, potrà essere scritta – anche se con grave e imperdonabile ritardo – una pagina storica nella vicenda torbida e spaventosa della guerra in Bosnia Erzegovina. In attesa del processo d’appello e di quello, ancor più importante, contro il carnefice di quella terra martoriata, l’ex generale Ratko Mladić.

mercoledì 23 marzo 2016

Donne nascoste. Ritratti di vite in bianco e nero

Infinito edizioni - novità in libreria
(€ 12,50 – pag. 108)

di Barbara Martini
introduzione di Teresa Bruno - postfazione di Giulia Spagnesi

Emozioni al femminile

Ventidue vicende vere di donne danno vita a un album di ricordi e di denunce in cui il femminile rivela le sue pieghe nascoste, i drammi e le emozioni più intime con cui la donna racconta a sé e agli altri l’avventura del suo esistere. Sono istantanee d’esistenza raccontate in bianco e nero, che narrano di figure e vite dentro cui l’autrice recupera un universo nascosto e selvaggio, intriso di quel desiderio irrefrenabile d’esprimersi e d’arrivare dalle pareti del proprio corpo al mondo, con la voce unica e speciale che solo le donne possiedono.
“Diventare visibili, prima di tutto a se stesse, definirsi al di là dei ruoli di moglie, amante, madre, prostituta, pertanto “essere di per sé”, può aprire alla possibilità di un conflitto per portare alla luce un ordine diverso che metta in crisi lo squilibrio di potere che a tutt’oggi definisce la relazione fra uomini e donne”. (Teresa Bruno)

martedì 22 marzo 2016

Per Karadžić, a pochi giorni dalla sentenza dell’Aja, una cittadella universitaria a Pale

Con esemplare scelta di tempo – a pochi giorni dall’attesa sentenza di primo grado a carico di Radovan Karadžić da parte del Tribunale penale per i crimini di guerra nella ex Jugoslavia (Tpi), attesa per il 24 marzo – il presidente-padre-padrone della Repubblica serba di Bosnia (Rs), una delle due entità che costituiscono la Bosnia Erzegovina, il milionario ultranazionalista Milorad Dodik, ha inaugurato una targa recante il nome di Karadžić nella nuovissima cittadella universitaria del villaggio di Pale, ex sede durante la guerra del governo della Rs nonché luogo in cui Karadžić costruì la sua villa (per la quale ha subìto in passato anche una condanna per abusivismo edilizio). Lo riferisce in uno scarno take l’Agenzia France Press.
Oltre che Dodik, detto “l’orso”, all’inaugurazione e alla “estensione” della targa hanno partecipato anche la moglie dell’ex autoproclamato presidente dell’autoproclamata Rs, la signora Liljana Zelen Karadžić, e la loro erede Sonja Karadžić Jovičević, da sempre emula del padre, che le ha spalancato le porte di un’importante carriera politica nella Rs, fin dai tempi della guerra (d’altronde, da sempre la Rs è una “questione di (poche) famiglie”…).
“Abbiamo dedicato questa cittadella all’uomo che senza dubbio ha gettato le basi della Repubblica serba di Bosnia, Radovan Karadžić, il primo presidente della Repubblica”, ha detto un compiaciuto Dodik, omettendo l’evidenza che il suo capolavoro Karadžić lo ha fatto utilizzando in maniera estensiva strumenti quali lo stupro etnico, la pulizia etnica e, se considerato colpevole in proposito dal Tpi, il genocidio, i crimini di guerra e i crimini contro l’umanità (a suo carico ci sono undici capi d’accusa spaventosi). Davvero un gran bel padre fondatore della patria…

lunedì 21 marzo 2016

"21 Marzo", Gaia Gentile per Alda Merini


E mi innamoro di te
nel silenzio di una pagina bianca
mentre vibro frugando il pensiero.
La mente cerca parole per te
che sei nata "il ventuno a primavera",
la mia "pazza della porta accanto".
Varco l'uscio e nella penombra
riconosco me attraverso te
nel profumo di violette e cardamomo.
Un nuovo giorno visita la casa:
candele accese e foglie sull'acqua
vestono le stanze tirate a lucido
per vecchi e nuovi versi,
per te e per me,
mia anima, mia malattia,
mia follia .... Poesia.

sabato 19 marzo 2016

"Srebrenica. La giustizia negata" oggi a Modena, libreria Emily Boookshop

Carissimi, la giornata soleggiata e primaverile non vi esenta assolutamente dal partecipare questo pomeriggio, a Modena, alla presentazione di SREBRENICA. LA GIUSTIZIA NEGATA. Anzi, mai occasione fu più propizia per farsi una passeggiata, prendere un bel gelato e vederci oggi pomeriggio alle 17,00, presso la libreria Emily Boookshop, via Fonte d’Abisso 9/11. Sarà la presentazione numero 51 di SREBRENICA. LA GIUSTIZIA NEGATA... insomma, niente male.
Aspettiamo modenesi e limitrofi in questa splendida, piccola, calda e accogliente libreria nel cuore storico e architettonico della bella Modena.
Ricordo che, per l'occasione, saranno esposte in libreria le splendide foto del fotografo Carlo Martini. Occasione in più per non mancare.
Il dettaglio:
- sabato 19 marzo, MODENA, Emily Bookshop, via Fonte d’Abisso 9/11, ore 17,00; modera Francesco Benatti.
I prossimi impegni balcanici del duo Leone/Noury:
Aprile
- mercoledì 6 aprile, FORLÌ, Università, in definizione;
Maggio
- giovedì 12 maggio, BOLOGNA, luogo in definizione, ore 19,00; organizza il Laboratorio Balcani dell’associazione studentesca Rete degli Universitari Bologna; modera Matteo Pagliani.

Dal 29 aprile abbiamo presentato il libro 50 volte: Ancona, Attigliano-Guardea (Terni), Bari, Bologna, Cagliari (2), Campobasso, Cava de’ Tirreni (SA), Chiari (Bs), Civitavecchia (RM), Collecchio (PR), Cuneo (2), Desenzano del Garda (BS), Faenza (2), Fano, Fiorano (MO), Firenze, Giavera del Montello (TV), Guastalla (RE), Lacchiarella (MI), Lanciano, Lecce, Lecco, Maccarese (RM), Macerata, Monteleone di Roncofreddo (FC), Nocera Inferiore (2), Nuoro, Padova, Pavia, Ponte Samoggia (BO), Ravenna (2), Roma, Roseto degli Abruzzi, Rosolina Mare (RO), San Benedetto del Tronto, Sassari (2), Soleto (LE), Taranto, Teramo, Todi, Torino, Trento, Treviso, Venezia.

9/ “Eden”, un ultimo passo (e un "aperitivo"...) prima dell’azione

Inizialmente la parte introduttiva del libro – quella in cui si introducono i personaggi, si delinea la loro psicologia e si creano le basi per l’azione – era molto più lunga. I tagli e le riscritture del 2010 e del 2015 mi hanno permesso di ridurla a tre capitoli, che in parte mi hanno anche permesso di introdurre lo stile della narrazione, completamente diverso da ogni libro che ho scritto in precedenza, incluso il mio amato “I bastardi di Sarajevo”. In questo libro avevo deciso di lanciarmi una sfida, quella di rinunciare alla comodità del narratore. In EDEN, invece, ho voluto fortemente il narratore e mi sono lanciato una sfida ben diversa, ovvero quella di renderlo non un accessorio utile per la narrazione ma una parte insostituibile e irrinunciabile, direi costitutiva, del libro.
L’ingresso nell’azione, dopo le due riscritture di cui sopra, nella versione definitiva di EDEN è quasi immediato, e il lettore ne è accompagnato al centro già nella prima metà del secondo capitolo, esattamente con questo passaggio piuttosto agile, ma fondamentale:

Rimanemmo ancora qualche istante in silenzio, quasi in ascolto, ognuno alle prese con i suoi, di tarli. Il picchiettare sulla porta, infine, ci destò.
Katia tornò a fare capolino tra le due ante, alla stregua di un’adolescente colta in flagrante mentre spia i genitori: «Ivano, sono arrivati i signori…», sembrò giustificarsi mentre, pian piano, dopo gli occhi entravano nella stanza anche il naso, la bocca carnosa e altera, il collo sottile e un piede, frammenti di una nuova figurina della mia squinternata collezione.
«Tra cinque minuti, Katia. Tra cinque minuti…», si affrettò a dire Bentivoglio, alzandosi poi in piedi mollemente e dirigendosi verso la finestra. Un piccione grigio con una curiosa macchia bianca sulla testa continuò a spulciarsi tranquillamente sul davanzale, ignaro del cerchietto di plastica che qualche mano gli aveva legato attorno alla zampa rugosa. Intanto, un flebile raggio di sole sembrava voler fare capolino tra le nubi nere spesse di pioggia; ma queste ultime, alleate col vento, prontamente lo ricacciarono indietro, negandogli l’idea d’arrivare a specchiarsi sui selci inondati di pioggia mista agli scarti della civiltà, muti simboli colorati del disumano regresso del progresso umano.
«Hai idea di quanto costi, ogni anno, il giocattolo sul quale scrivi?».
«Me ne sono fatto una mezza idea, anche se personalmente non adoro sguazzare tra scartoffie e falsi in bilancio…».
«Ah, di quelli se ne fanno sempre meno! Non conviene più… E poi i politici ultimamente ci hanno dato una bella mano, in materia… E hai idea di quanto mi costi, tu, ogni anno, con i tuoi viaggi?».

venerdì 18 marzo 2016

8/“Eden”, diapositive malesi

Fin qui ho cercato di darvi un’immagine di Malesia per ciascuno dei post dedicati al mio EDEN. IL PARADISO PUÒ UCCIDERE. A quel tempo non c’erano le macchine fotografiche digitali, quindi quelle che ho pubblicato sono scansioni di foto stampate su buona carta fotografica, ma certamente un po’ provate dallo scorrere del tempo e dall’ammonticchiarsi della polvere.
Ecco, ora, alcune delle immagini che si sono fissate di più nella mia mente durante quel viaggio, e che hanno contribuito a darmi le idee poi sviluppate nel romanzo.

Snapshots, direbbero gli inglesi. Sì. Ma scatti che parlano di natura saccheggiata, di diritti negati, di immigrazione della disperazione, di reazione violenta nei confronti della disperazione. Ma anche forza primigenia e inarrestabile della natura, nonostante gli sforzi e i saccheggiamenti dell’uomo per piegare, abbrutire, controllare la natura. Un’impresa impossibile. Destinata, come dovremmo aver capito, a perire insieme a noi in virtù dell’inevitabile reazione del pianeta alla nostra brutale stupidità.

La liberazione di Grbavica, Sarajevo, 19 marzo 1996

Dopo un assedio durato quattro anni, il 19 marzo del 1996 Grbavica, l’ultimo quartiere di Sarajevo a presenza serba, passa sotto la giurisdizione della Federazione croato-mus­ulmana. Un corteo di bosniaci vi entra con bandiere: Sarajevo è finalmente riunificata, l’assedio è rimosso per sempre - ricorda Bruno Maran nel libro Dalla Jugoslavia alle Repubbliche indipendenti. Fuggono a decine di migliaia dai quartieri periferici che, in base agli accordi, devono passare sotto controllo musulmano. Rimangono i rancori, le nostalgie, i rimpianti. L’anarchia e la rabbia accendono gli ultimi fuochi: i serbo-bosniaci e gli ultimi paramilitari četnici abbandonando il quartiere bruciando e minando molte abitazioni. Mentre Grbavica brucia, i bersaglieri arrestano alcuni giovani incendiari. Alcune donne anziane, prigioniere delle fiamme, sono salvate dai soldati italiani. Un giornalista locale è rapito e poi liberato, sempre dai bersaglieri. A Ilidža, bande armate terrorizzano il sobborgo, depredando i pochi abitanti che hanno deciso di rimanere, edifici sono dati alle fiamme.
Una donna serba si fa esplodere una bomba a mano in seno. Una donna bosniaca con la sua bambina sono vittime dell’esplosione di una mina men­tre visitano la loro casa, abbandonata all’inizio dell’assedio. Sempre a Ilidža, poliziotti bosniaci sono assaliti da giovani serbi. Gli episodi di violenza si moltiplicano, bande di bosniaci in cerca di vendetta e di bottino terrorizza­no i serbi rimasti, derubandoli. La “pulizia etnica” è completata, la separa­zione è irreversibile, l’apartheid è l’unico antidoto a nuovi conflitti. Sarajevo è riunificata, ma sfuma la possibilità di ricostruire la Sarajevo multietnica vissuta fino al ‘92. Se vi sono ancora dubbi sui risultati della pace di Dayton, questo deserto attorno a Sarajevo li scioglie tutti.
A Goradže si completa il trasferimento degli abitanti serbo-bosniaci: la città passa sotto la giurisdizione croato-musulmana. Alla mezzanotte si con­cludono anche le operazioni di smilitarizzazione della “zona di separazione”, una fascia larga quattro chilometri sorvegliata dall’Ifor, che corre per 1.030 chilometri, dividendo la FBiH dalla Rs.

giovedì 17 marzo 2016

7/“Eden”, un prologo e un incubo fuori dagli schemi

Un libro può nascere in molti modi.
EDEN. IL PARADISO PUÒ UCCIDERE è nato, come vi raccontavo nei post precedenti, da un viaggio sui generis in Malesia, dalla macerazione interiore delle esperienze fatte durante questo viaggio – e in particolare di alcune immagini che sono rimaste fissate più di altre nella mia memoria – e da una lettura approfondita delle opere di Arthur Conan-Doyle, in particolare il suo Il mondo perduto.
A un certo punto, dunque, gli elementi per “l’incendio creativo” c’erano tutti. Mancava la scintilla. Che mi arrivò una notte da un incubo di quelli che ti restano impressi per tutto il resto della vita, sognato senza apparenti ragioni né spiegazioni, non ricordo sinceramente quando.
Il giorno dopo, di getto, mi ritrovai a scrivere la cronaca di quel sogno sotto forma di versi in rima. Pochi giorni dopo, cominciai la prima delle quattro stesure del libro che, come raccontavo in precedenza, ho scritto e riscritto tra il 2003 e il 2015.
Quel sogno – quell’incubo – è diventato l’incipit – il prologo – di EDEN. IL PARADISO PUÒ UCCIDERE.
Eccolo qua.

Ho visto morti piangere, ier notte,
li ho visti che morivano di nuovo,
e nere coi lor teschi silenziosi
labbra che vibravan senza suono;
ho poi odorato olezzi mai annusati
di corpi decomposti in acque scure,
che lisce e senza onde andavan lente
del lugubre lor pasto ben sicure.

Il rispetto dei diritti umani in Europa e in Asia Centrale, il bilancio di Amnesty International

Il 2015 – si legge nel “Rapporto 2015-2016. La situazione dei Diritti Umani nel mondo” diffuso da Amnesty International – è stato un anno turbolento per la regione Europa e Asia Centrale e negativo per i diritti umani. È iniziato con feroci combattimenti nell’Ucraina orientale e si è concluso con pesanti scontri nella Turchia orientale. Nell’Eu, l’anno si è aperto e chiuso con attentati armati in Francia, a Parigi e dintorni, ed è stato completamente dominato dalla situazione critica di milioni di persone, la maggior parte in fuga da conflitti, che sono arrivate sulle coste europee. In questo contesto, il rispetto dei diritti umani è peggiorato in tutta la regione. In Turchia e in tutta l’area dell’ex Unione Sovietica, i leader politici hanno sempre più abbandonato il rispetto dei diritti umani, rafforzando il controllo sui mezzi d’informazione e prendendo ulteriormente di mira persone critiche e oppositori. Nell’Eu, la tendenza regressiva ha assunto una forma diversa. Alimentati dalla persistente incertezza economica, dal disincanto verso le politiche della classe dirigente e da un crescente astio contro le istituzioni dell’Eu e contro gli immigrati, i partiti populisti hanno ottenuto importanti risultati elettorali. In assenza di una leadership di buoni princìpi, il ruolo dei diritti umani come pietra angolare delle democrazie europee è sembrato più che mai vacillare. Ampie misure antiterrorismo e proposte per limitare l’afflusso di migranti e rifugiati sono state tipicamente annunciate con tutte le consuete cautele per la protezione dei diritti umani ma sempre più svuotate di contenuto.
Nel Regno Unito, il Partito conservatore al governo ha presentato proposte per abrogare la legge sui diritti umani; in Russia, alla Corte costituzionale è stato dato il potere di annullare le decisioni della Corte europea dei diritti umani; in Polonia, pochi mesi dopo la sua elezione, il partito di governo Legge e giustizia ha fatto approvare misure che limitavano la supervisione della Corte costituzionale. Con una crescente diminuzione del loro peso politico sulla scena internazionale, gli stati membri dell’Eu hanno chiuso un occhio su violazioni dei diritti umani che una volta avrebbero fortemente condannato, mentre cercavano di concludere accordi economici e ottenere il sostegno di paesi terzi, nei loro sforzi per combattere il terrorismo e tenere a distanza rifugiati e migranti.

17 marzo 1945: i nazisti impiccano Ciro e altri tre compagni ai lampioni del Campedèl di Belluno

Il 17 marzo 1945 – settantuno anni fa – ai lampioni del Campedèl, la piazza principale di Belluno venivano impiccati quattro partigiani. Il loro capo era il siciliano ventiquattrenne Salvatore Cacciatore, nome di battaglia “Ciro”, che affrontò la morte con una dignità e un coraggio fuori del comune. I nazisti avevano consegnato al più giovane dei quattro una corda alla quale egli avrebbe dovuto fare un nodo scorsoio che avrebbe poi infilato al collo del suo capo. I due furono fatti salire su due scale che erano state appoggiate a un lampione e il ragazzo si mise all’opera. Fece vari infruttuosi tentativi: era terrorizzato e le mani gli tremavano in continuazione. Guardò il capo come per chiedere aiuto. “Ciro” gli disse qualcosa e lo incoraggiò con lo sguardo mentre egli faceva l’ennesimo tentativo. Quando finalmente il cappio fu pronto, fu lo stesso condannato a porgere la testa. 
Dopo la Liberazione, il luogo cambierà nome e si chiamerà Piazza dei Martiri.
Lo storico Enzo Barnabà ripercorre, nel romanzo storico Il Partigiano di Piazza dei Martiri. Storia del siciliano che combattè i nazisti e finì appeso a un lampione la vicenda di “Ciro”, colmando così un grande vuoto.

mercoledì 16 marzo 2016

Sabato, a Modena, "Srebrenica" fa 51 (presentazioni)...

SREBRENICA. LA GIUSTIZIA NEGATA vi aspetta sabato 19 marzo a Modena, alle 17,00, presso la libreria Emily Boookshop. Sarà la presentazione numero 51... insomma, niente male.
Aspettiamo modenesi e limitrofi in questa splendida, piccola, calda e accogliente libreria nel cuore storico e architettonico di quella gran bella città che è Modena.
Il dettaglio:
- sabato 19 marzo, MODENA, Emily Bookshop, via Fonte d’Abisso 9/11, ore 17,00; modera Francesco Benatti.
I prossimi impegni balcanici del duo Leone/Noury:
Aprile
- mercoledì 6 aprile, FORLÌ, Università, in definizione;
Maggio
- giovedì 12 maggio, BOLOGNA, luogo in definizione, ore 19,00; organizza il Laboratorio Balcani dell’associazione studentesca Rete degli Universitari Bologna; modera Matteo Pagliani.

Dal 29 aprile abbiamo presentato il libro 50 volte: Ancona, Attigliano-Guardea (Terni), Bari, Bologna, Cagliari (2), Campobasso, Cava de’ Tirreni (SA), Chiari (Bs), Civitavecchia (RM), Collecchio (PR), Cuneo (2), Desenzano del Garda (BS), Faenza (2), Fano, Fiorano (MO), Firenze, Giavera del Montello (TV), Guastalla (RE), Lacchiarella (MI), Lanciano, Lecce, Lecco, Maccarese (RM), Macerata, Monteleone di Roncofreddo (FC), Nocera Inferiore (2), Nuoro, Padova, Pavia, Ponte Samoggia (BO), Ravenna (2), Roma, Roseto degli Abruzzi, Rosolina Mare (RO), San Benedetto del Tronto, Sassari (2), Soleto (LE), Taranto, Teramo, Todi, Torino, Trento, Treviso, Venezia.

6/“Eden” ovvero l’avventura e il sogno a occhi aperti al potere. Oppure…

La Malesia, una spedizione scientifica sui generis, un incidente, la lotta spietata contro l’immigrazione clandestina in quel Paese, l’ingresso in un mondo incredibile che dietro l’apparenza nasconde un segreto insvelabile, un’umanità assurdamente e invariabilmente divisa in caste. Un segreto di guerra e di dominio che fonde passato remoto e presente in un connubio possibile e fatale. La scomparsa, la tragedia, il ritorno. E la trasformazione come parte irrinunciabile di ogni essere umano, senza la quale la vita non trova più un suo canale per scorrere.
Sono questi alcuni dei temi trattati in EDEN.IL PARADISO PUÒ UCCIDERE, libro di avventura e di fantascienza, sì. Ma forse no. O forse non proprio del tutto.
Perché non è dato sapere – e l’autore non vuole o non può farvelo sapere – se quanto narrato sia per davvero solo frutto della fantasia o abbia un fondo più o meno spesso di verità.
Quel che si può dire, ad esempio – con uno dei protagonisti del libro – è questo: «Pensa a quei conflitti, a quelle dittature… o a quei nuovi governi che, pretendendo libertà e autodeterminazione, respingono la protezione dei nostri finanziatori e dei loro alleati. Che cosa ci hanno dimostrato e ci dimostrano, al di là di tutto? Che il binomio uomo-tecnologia non riesce, almeno non ancora, a venire a capo dell’incredibile capacità di resistenza, di adattamento, di trasformazione e metamorfosi dell’essere umano. L’uomo è più forte di se stesso, insomma. E allora, laddove neppure la tecnologia può giungere, non rimane che risvegliare gli incubi del passato, i mostri ancestrali, gli istinti pre-umani, ciò che l’uomo non conosce e a cui, almeno sulla carta, non può né sa resistere. I finanziatori vogliono questo, e noi siamo quasi riusciti a darglielo…».

martedì 15 marzo 2016

5/Eden e Arthur Conan-Doyle, o la mancanza di memoria collettiva dei nostri tempi

Dedicare una seconda puntata a sir Arthur Conan-Doyle, raccontando di EDEN. IL PARADISO PUÒ UCCIDERE, è come minimo doveroso.
Arthur Conan-Doyle è stato uno dei geni inimitabili della letteratura moderna e credo che, nei generi che ha creato dal nulla, ancora oggi non sia stato eguagliato da nessuno.
Conan-Doyle era, in qualche modo, un predestinato. Nato nel 1859, l’anno in cui Darwin pubblicò il suo fondamentale saggio sulla Origine delle specie, il giovane Arthur si laureò in Medicina all’Università di Edimburgo nel 1885 e poi, spirito ribelle, s’imbarcò su una baleniera come medico di bordo. Al suo rientro in Europa, si trasferì in Inghilterra e aprì uno studio a Southsea, ma con scarso successo dal punto di vista del numero di pazienti e delle soddisfazioni professionali.
Durante i non infrequenti periodi di inattività professionale cominciò a scrivere. Tanto. Ma con scarso successo. Il soggetto preferito dei suoi esperimenti letterari si chiamava Sherlock Holmes, la cui idea nasce dalla stima che Conan-Doyle aveva per il suo amico e collega Joseph Bell, abilissimo nel dedurre dai minimi dettagli le caratteristiche psico-fisiche dei suoi pazienti.
La prima pubblicazione di Conan-Doyle fu però uno dei suoi racconti del terrore: Il mistero della valle di Sasassa.
Conan-Dolyle, col tempo, si allontanò sempre di più dalla professione medica e, diventato oramai l’apprezzato autore delle vicende dell’investigatore dilettante ma geniale Sherlock Holmes, si trasformò in inviato durante la Guerra Boera in Sudafrica, la cui narrazione, nelle pagine del libro The Great Boer War, gli fruttò il titolo di baronetto nel 1902.
Siamo negli anni della maturità di Conan-Doyle, prima che si facesse trascinare dal suo interesse per l’occultismo. Quello che per me è il suo capolavoro assoluto – copiato e plagiato da scrittori e registi nei decenni a seguire – è del 1912: The Lost World, Il mondo perduto.
Un libro che costituisce la nascita non di un “genere” ma senz’altro di un “sottogenere”.

lunedì 14 marzo 2016

Quando un libro nuovo arriva in casa editrice...

 ...è sempre una festa.
Se poi è il proprio libro, la festa è doppia.
La settimana prossima EDEN. IL PARADISO PUO' UCCIDERE va in distribuzione, ma da oggi è disponibile già qui da noi e sul sito Web della casa editrice. E a breve sarà in home page, insieme alle altre novità del mese di marzo.
Proprio oggi, per pura coincidenza, è arrivato il primo acquisto del libro, da parte di una lettrice di Lecce molto interessata ai Balcani. Grazie per la fiducia, Federica!
Ciò detto... beh, comincia una nuova avventura. Anzi, un'Avventura con la A maiuscola...!
Lasciamo che sia... e facciamo che sia qualcosa di bello... anzi di Bello, con la B maiuscola!

4/“Eden”, Arthur Conan-Doyle e “The Lost World”: tutto comincia un secolo fa

Oggi posso dire che non sia stato un caso.
Ho scoperto la letteratura di Arthur Conan-Doyle “tardi”, intorno ai 25 anni.
“Sbagliando” – si fa per dire – decisi di cominciare dalla lettura di tutti i romanzi e i racconti dedicati dal grande scrittore di Edimburgo alla sua più geniale creatura, Sherlock Holmes.
Ne rimasi estasiato.
Allora decisi di andare oltre, dedicandomi ai romandi e ai racconti fantastici e d’avventura di quello che stava rapidamente diventando il mio scrittore preferito (e oggi non lo è senz’altro di meno). Acquistai un cofanetto composto da tre libri. E cominciai subito con la lettura di “The Lost Word”. Ne rimasi fulminato. Lo lessi in un giorno e una notte. Poi ricominciai. Arrivato alla terza lettura, mi resi conto che l’amore era definitivamente e inevitabilmente scoccato.
Da allora le figure del giornalista un po’ impacciato Edward Dunn Malone, del collerico e geniale professor George Challenger e dei loro due compagni d’avventura, l’arcigno e acido professor Summerlee e l’atletico sportsman Lord John Roxton, non mi hanno più lasciato.
Sulla figura scomparsa e lontana, ma a suo modo affascinante, degli sportsmen ci sarebbe da scrivere tantissimo. A partire dai tanti sportsmen italiani, emuli di quelli anglosassoni, in gran parte nobili annoiati, è vero, ma anche uomini arditi che, grazie alle loro possibilità economiche e alle loro capacità organizzative, hanno scritto pagine fondamentali dello sport tra le seconda metà dell’Ottocento e i primi vent’anni del Novecento, per poi scomparire pian piano.
Alla fine del processo di macerazione del viaggio malese e dopo la sesta o settima rilettura de “Il mondo perduto”, salì dentro di me il desiderio fortissimo di cimentarmi in un’avventura letteraria simile a quella narrata in quel romanzo-capolavoro dal grande Conan-Doyle. Siamo intorno al 2003 e in alcuni mesi EDEN. IL PARADISO PUÒ UCCIDERE nasce. Ma niente mondo giurassico, per carità. Ormai Steven Spielberg lo ha reso un luna park poco credibile. Un mondo più vicino a noi e scarsamente battuto dalla grande letteratura era ciò che faceva al mio caso. E sono cominciate le ricerche.
Da allora l’ho rimaneggiato almeno tre volte in maniera profonda: 2006, 2010 e 2015. E sono arrivato alla conclusione che EDEN.IL PARADISO PUÒ UCCIDERE è finalmente pronto e da dare alle stampe.
Che cosa è successo nel frattempo?
Tante, tantissime cose. La più interessante e singolare delle quali è che il romanzo, numericamente e qualitativamente, nelle librerie è in crisi, in depressione assoluta.
E ancora oggi, con le prenotazioni in libreria terminate e il romanzo alle stampe, mi chiedo se non sia stata una follia il volerlo pubblicare.
Ma non potevo aspettare oltre, non ce la facevo più. EDEN chiedeva di nascere, finalmente. E io, in qualità di autore, non potevo continuare a ignorare quell’esigenza profonda. E così, ora sono in attesa del primo vagito di un libro che aspetto da circa tredici anni…

sabato 12 marzo 2016

3/“Eden”, se la fortuna aiuta gli audaci (almeno per una volta), tra palafitte e fenicotteri

Le giornate si susseguivano pesanti come sempre in redazione quando, un giorno, la mia segretaria di redazione preferita mi scodella sulla scrivania una delle tante lettere che arrivano ai giornali. Oddio, più che una lettera, una busta bella pesante.
Leggo il mittente e mi viene un sussulto: Ufficio del turismo della Malesia.
Subito torna in cattedra il mio atavico pessimismo. Mi viene in mente che sarà una lettera formale con la quale mi dicono che hanno tanto gradito la mia disponibilità, ma sarà per un’altra volta. Mi era da poco successo con l’Enea nel tentativo di coronare il mio sogno di andare a fare un reportage nella base italiana in Antartide, in fin dei conti…
Apro la busta e… dentro trovo istruzioni, contatti, ringraziamenti, complimenti, ogni altro ben di dio e… i biglietti di andata e di ritorno.
Non ci credo. Non è aprile, ma in un giornale non si sa mai. Telefono. Mi confermano tutto. E mi ringraziano pure.
Parto prima di Pasqua e torno esattamente quella domenica.
Biglietto Roma-Singapore-Kuala Lumpur e ritorno. Per la permanenza, oltre alla capitale e ai dintorni, “ho vinto” un altro scalo aereo a Kota Kinabalu, nel Sabah malese. Mi accorgo di non sapere neanche di che cosa stiamo parlando, mi documento e poi comunico a direttore, capo redattore e capo servizio: “Mi hanno invitato in Malesia, tutto spesato. Se prendo le ferie, col cavolo che scrivo per il giornale. Se non me le fate prendere, sono a disposizione”. È un coro di “fai come ti pare”, “chi se ne frega”, “boh, ci penserò” e solo il capo servizio commenta con un “che culo!”, ma ho sempre pensato che si riferisse a una collaboratrice della redazione sportiva, lì di fronte, e rimarrò per sempre col dubbio, che senz’altro non mi rode.
Così partii, per un viaggio di ripicca nei confronti dell’azienda che non mi pagava, al termine del quale mi ritrovai con un’esperienza umana e professionale notevole, con l’Ufficio del turismo arrabbiato perché non avevo scritto “marchette” sul giornale ma, in parecchi articoli, pubblicati tra Italia e Svizzera, la verità di quel che vedevo (non avevano messo in preventivo che un giornalista non embedded, come nel mio caso, non ha problemi a scavalcare il muro di cinta di un resort, a passare in mezzo a un campo da golf con una partita in corso e ad andarsi a infilare in un villaggio di palafitte in cui vivono i reietti della società, ricavandone immagini e sensazioni terribili, che poi vanno per forza raccontate, se si vuole rimanere liberi e indipendenti) e con un’idea che ancora non nasceva, ma macerava e forse cominciava a voler spuntare fuori. Comunque, in questo post pubblico qualche foto fatta nel villaggio su palafitte in cui vivevano i reietti del Sabah, in larga parte migranti che fornivano lavoro a basso costo all’occorrenza. Ma che vivevano in condizioni igieniche spaventose, scaricando nell’acqua salmastra sotto i loro piedi ciò che avrebbero riutilizzato per sciacquare le verdure che avrebbero mangiato. Ma pensate a una distesa d’acqua nera punteggiata di palafitte e di fenicotteri rosa…

venerdì 11 marzo 2016

2/Come nasce un libro? Beh, “Eden” in tal senso è un libro “furbo”…

Non di rado, leggendo un libro mi sono chiesto come fosse nata l’idea, lo spunto, lo stimolo a scriverlo.
Mi rendo conto di essermi sentito rivolgere tante volte domande inerenti il perché del mio interesse per la Bosnia e per i Balcani nel corso delle centinaia di presentazioni che ho avuto la fortuna, l’onore e il piacere di poter fare in pubblico.
Bene, la genesi di EDEN. IL PARADISO PUÒUCCIDERE è così particolare che credo meriti d’essere raccontata. Perché curiosa, strana, diversa dal solito e… ma sì, mettiamola così: “furba”.
Non ci credete?
Vi spiego.
EDEN nasce per caso nel 2000. Ancora non lo sapevo, in effetti, ma oggi posso dire con certezza che nasce in un tardissimo pomeriggio di un giorno umido e uggioso del febbraio del 2000. Il luogo è Roma, città in cui sono ambientati i primi capitoli del libro. Con precisione, il luogo è la redazione del giornale per il quale lavoravo allora.
Da mesi non percepivamo lo stipendio e le spiegazioni erano sempre più o meno le stesse, decisamente poco convincenti. Eravamo arrabbiati e delusi, più o meno tutti noi giornalisti di quella testata. Ma resistevamo, perché la sentivamo casa nostra, la nostra scommessa, la nostra vita.
Quel tardissimo pomeriggio dovevo spedire dei fax. Pare di parlare di un secolo fa (e in effetti, il secolo scorso era da poco svanito…), ma a quel tempo le e-mail erano ancora molto poco utilizzate nelle redazioni e il fax andava per la maggiore.
In segreteria di redazione c’erano due apparecchi abilitati a spedire e a ricevere fax, ma a quell’ora funzionavano a ritmo continuato in entrata perché, come ogni giorno, arrivavano i materiali per comporre i tamburini delle pagine di cultura e spettacoli (teatri, cinema, concerti, presentazioni…).
Con la schiena appoggiata al muro una volta bianco, aspettavo di poter spedire il mio fax senza neppure il conforto di una chiacchierata con una delle segretarie di redazione, in particolare la mia favorita.
Cominciai così, per pura noia, a scartabellare nella pila di fax appena arrivati. D’altronde, per definizione il giornalista è un ficcanaso…
Ravanando qua e là, improvvisamente mi ritrovo tra le mani un fax inviato al direttore della testata per la quale lavoravo dall’Ufficio del turismo malese in Italia.

“Dalla Jugoslavia alle Repubbliche indipendenti” – accadde oggi: le prime manifestazioni autonomiste in Kosovo – 11 marzo 1981

L’11 marzo del 1981 in Kosovo violente manifestazioni assumono carattere di vera e propria rivolta popolare. Le manifestazioni ricordate da Bruno Maran nel libro Dalla Jugoslavia alle Repubbliche indipendenti – prendono alla sprovvista il governo centrale di Belgrado, che tenta di minimizzare, specie con la stampa estera, poi passa al contrattacco, gridando alla “controrivoluzione fomentata da nemici interni e esterni”. Scatta la repressione con morti, feriti e decine di arresti. I dati ufficiali parlano di nove morti tra i dimostranti e un poliziotto, 75 feriti e 55 arrestati, mentre gli albanesi del Kosovo dichiarano 160 morti e 250 fe­riti. Nei processi sono comminate pesanti condanne ai capi del movimento di protesta. Viene abolita la Difesa territoriale del Kosovo.
C’era una volta la Jugoslavia: dal Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, passando per il Regno di Jugoslavia, alla tremenda guerra di liberazione dagli invasori nazi-fascisti. Nacque nel 1947 la Repubblica socialista federativa di Jugoslavia, guidata dal maresciallo Tito: uno Stato federale esistito fino al 1991, quando scoppia la guerra, che porta nell’Europa della fine del XX secolo i crimini contro l’umanità, lo stupro etnico, il genocidio, l’urbicidio, la fuga di milioni di profughi, per concludersi con una pace ingessata, cui è seguita una guerra… “umanitaria”. Dalla Jugoslavia alle Repubbliche indipendenti. Cronaca postuma di un’utopia assassinata e delle guerre fratricide racconta la storia di quel Paese, anno per anno, giorno per giorno. Un lavoro certosino di ricerca per realizzare un libro fondamentale.