martedì 27 gennaio 2009

In ricordo della Shoah e degli altri genocidi


Il 27 gennaio 1945 – appena 64 anni fa – le truppe sovietiche dell’Armata Rossa entravano nel campo di sterminio nazista di Auschwitz e rivelavano al mondo uno degli abomini compiuti da Adolf Hitler e dai suoi (largamente impuniti) genocidi. Perché a Norimberga troppi furono gli assenti, tra i colpevoli, ormai trasferitisi in America Latina con responsabilità politiche rilevanti di molti governanti, non solo sudamericani.

Oggi in tutto il mondo si celebra quella data, ripromettendoci che “non accadrà mai più”.

A quasi tredici lustri di distanza, purtroppo, il negazionismo estremista nero non ha cessato di negare l’evidenza. Oggi la strategia è almeno in parte mutata: si cerca non tanto più di negare la Shoah quanto di modificarne al ribasso i dati numerici, per svilirla, ridimensionarla e, in definitiva, negarla in modo più sottile ma non meno disgustoso. Gli ultimi “studi” del negazionismo più gretto oggi tendono a fissare in 1,5 milioni le vittime del genocidio, sottolineando che probabilmente “le cifre andranno riviste al ribasso”. Non c’è limite all’abominio umano, insomma, neppure di fronte alle immagini, alle testimonianze degli ultimi sopravvissuti ancora in vita, agli studi storici – quelli veri.

Il clima politico mondiale – e nazionale – sospinge verso questi estremi, incurante della tragedia di bambini, donne e uomini che il nazismo volle brutalmente torturare e uccidere in massa, con la complicità dei suoi alleati, primi fra tutti i fascisti d’Italia.

Fa male ammettere che in un passato assai recente l’Italia dei Savoia e di Benito Mussolini si macchiò dell’infamia delle leggi razziali, delle deportazioni, dei campi di concentramento e di sterminio. Eppure andò così, e mai abbastanza tutti potremo chiedere scusa per il crimine orribile di cui questo Paese e la sua classe governante (una dittatura) di allora si è macchiato. E senza dimenticare le responsabilità vaticane, storicamente rilevate e rilevanti.

Il 27 gennaio di ogni anno, però, oltre a essere una data che simbolicamente ricorda la mostruosità di Aushwitz e degli altri campi di sterminio nazisti, rappresenta un’occasione importante per non dimenticare anche gli altri genocidi che hanno segnato l’umanità.

È spaventoso, se ci pensate, constatare che i genocidi più spaventosi della storia sono stati commessi nell’arco dell’ultimo secolo.

Prima della Shoah e del genocidio di sei milioni di ebrei, rom (il secondo gruppo numericamente più colpito dai nazisti), oppositori politici, omosessuali, ci fu ad esempio il genocidio degli armeni o Grande Male. In particolare il cosiddetto “secondo massacro armeno”, compiuto dai Giovani Turchi con la bassa manovalanza di gruppi kurdi, vide tra il 1915 e il 1916 centinaia di migliaia di morti, interrati in fosse comuni. Il genocidio armeno si ricorda il 24 aprile di ogni anno, ma per lo più viene fatto passare sotto silenzio. Troppo forti gli interessi che l’Europa nutre verso la Turchia, per ricordare una pagina nera della storia turca, che provocò circa 1,2 milioni di morti. Il tutto si riduce, dunque, a un balletto di cifre nazionaliste, con i turchi che sminuiscono il dato numerico, parlando di circa 200.000 morti, e gli armeni che lo gonfiano fino a 2,4-2,5 milioni. Il nazionalismi: la peste europea.

Dopo la Shoah è bene ricordare, tra gli altri, il genocidio cambogiano, consumatosi tra il 1975 e il 1979 ai danni degli oppositori politici di Pol Pot e dei Khmer Rossi, poi semplicemente di tutta la popolazione, con almeno 1,5 milioni di morti e un Paese ridotto sotto ogni punto di vista in ginocchio.

Neanche vent’anni dopo fu la volta del genocidio ruandese del 1994, con circa 800.000 morti vittime della propaganda mediatica e degli interessi economici e politici di pochi. E tra il 1992 e il 1995 si consumò quello bosniaco, con la Bosnia Erzegovina ridotta un cumulo di macerie dall’aggressione serba e serbo bosniaca e, anche qui, il balletto macabro delle vittime: qualche decina di migliaia per la parte ortodossa, 250.000 per quella musulmana, a oggi convenzionalmente fissate in 100.000, cifra probabilmente destinata a essere rivista in crescita.

Nel mattatoio bosniaco una pagina a parte, grondante sangue e vergogna, è quella di Srebrenica, laddove criminali di guerra come Ratko Mladic, Arkan, Vojislav Seselj, nell’impotenza dei caschi blu e della comunità internazionale, si macchiarono della tortura e del genocidio di un numero non inferiore a 8.500 e non superiore a 12.500 persone, quasi tutti maschi bosniaci di appartenenza culturale musulmana, di età compresa tra 12 e 77 anni, con lo scopo preciso di “serbizzare” l’area e di cancellare anche il solo ricordo del passaggio di musulmani nella “serba Srebrenica”. Il nazionalismo, appunto: la peste dell’ultimo secolo.

Oggi, nel silenzio e nel disinteresse generale, la falce grondante sangue miete vittime a milioni nella Repubblica democratica del Congo, e in particolare nella regione orientale del Kivu. Qui sono almeno 4 milioni le vittime della barbarie, un’inciviltà che ha le mani sporche di dollari, quelli che fruttano dalla raccolta e dal commercio spesso abusivo di coltan, oro, platino, legname pregiato, petrolio…

La Memoria è un dono e una risorsa che va curata e coltivata non per promuovere vendetta e divisione ma per ricordare e riappacificare. La Memoria serve per non far cadere nell’oblio innanzitutto l’evidenza della fallacità e della debolezza umana, per rammentare a tutti noi che il razzismo è una bestia cattiva che sa annidarsi negli animi di chiunque, a ogni angolazione.

Il ricordo della Shoah non può essere cancellato o rimosso da nessun negazionismo; le responsabilità storiche e umane vanno attribuite e riconosciute, e le colpe espiate. Perché, secondo l’insegnamento basilare del premio Nobel per la pace Adolfo Pérez Esquivel, “non può esservi pace senza giustizia”. Sia così per il genocidio degli ebrei come per gli altri genocidi. E la politica abbia il buon senso e il buon gusto di esimersi dalle strumentalizzazioni, che ingenerano solo odio e astio, ma si limiti a rispettare il dolore e ad adoperarsi per fare sì che davvero, in tutto il mondo, pagine come quelle di cui abbiamo accennato non accadano mai più. Mai più.

Forse sarebbe sufficiente prevedere per legge che ogni politico eletto in ogni Paese de mondo si rechi in visita ad Aushwitz e nel centro commemorativo di Tuzla, in Bosnia, in cui gli antropolologi forensi stanno cercando di ridare un nome a migliaia e migliaia di persone fatte a pezze e gettate nelle fosse comuni, per avere un mondo più attento ai diritti umani e civili. Chi lo sa: forse oggi non avremmo le tragedie dell’Iraq, del Tibet, dell’Uganda del nord, del Kivu. O forse…

Per approfondire sul Cassetto.it: La Shoah dalla A alla Z