venerdì 13 febbraio 2009

Dalla parte di chi fugge da guerre e persecuzioni


Bruxelles, 18 febbraio 2009: Annet Henneman e l’Hidden Theatre portano nel Parlamento europeo la tragedia dei richiedenti asilo

(foto di Silvia Bertoni)

Il Teatro di Nascosto (o Hidden Theatre) di Volterra e l’europarlamentare Giusto Catania saranno impegnati, il prossimo mercoledì 18 febbraio, a Bruxelles, presso il Parlamento europeo, in una audizione parlamentare teatralizzata dal titolo “Vattene a casa! Lo farei, se potessi…”.

Si tratta di una nuova, coraggiosa iniziativa promossa da Annet Henneman, anima e cuore dell’Hidden Theatre, che da anni ha dedicato, con Gianni Calastri e gli altri bravissimi attori della compagnia, la sua vita e la sua professionalità alle enormi problematiche legate ai diritti dei richiedenti asilo. L’iniziativa si tiene nella Sala 1G3 dell’Europarlamento, dalle 18,00 alle 20,00.

È, questo, un nuovo coraggioso passo di Annet, volto a chiedere l’applicazione dei principi sanciti dalla Charta di Volterra, presentata al mondo il 5 novembre 2007 con un’azione clamorosa: tutti gli attori del Teatro di Nascosto, simbolicamente ammassati su una piccola barca, sono sbarcati a Marina di Bibbona, di fronte a Piazza del Forte e, con una performance di teatro-reportage, hanno per l’ennesima volta dato voce a chi, come gli immigrati clandestini, non ne ha.

Da allora Annet e il Teatro di Nascosto non si sono mai fermati, arrivando, nel 2008, a proporre un’azione di teatro reportage direttamente sul selciato di Montecitorio, a Roma. Alla politica italiana, però, azioni di civiltà come quelle del Teatro di Nascosto non interessano. Politici e politicanti sono troppo presi dalle beghe di salotto e dagli interessi più o meno personali per poter compiere una vera riflessione sulla tragedia dei richiedenti asilo, persone in fuga da guerre e persecuzioni che, giunte in Italia, subiscono spesso angherie inaccettabili, in violazione degli accordi internazionali e dei più elementari principi etici. Nel più assoluto silenzio e disinteresse dei media. Se non fosse per pochi coraggiosi che ancora riescono a denunciare questi soprusi.

Nonostante tutto, però, l’Hidden Theatre e Annet non mollano, e il 18 febbraio rappresenteranno una nuova occasione per provare a dare voce e volto a chi, purtroppo, non ne ha. Con Annet abbiamo parlato di questo e di molto altro nell’intervista che segue.

Annet Henneman, tu che sei il cuore dell’Hidden Theater di Volterra e ormai sei nota e apprezzata in tutta Europa per il tuo teatro impegnato a favore degli ultimi, e in particolare dei richiedenti asilo e dei loro diritti negati, puoi spiegare la ragione di questa nuova iniziativa e quali scopi intenda raggiungere?

Questa nuova azione è un seguito naturale di tutto il percorso che fin qui abbiamo fatto. È importante portare la Charta anche al Parlamento europeo, come un documento simbolico, per chiedere come cittadini ai nostri rappresentanti di continuare a lavorare per una migliore politica europea a favore dei rifugiati. Anche per questo ho pensato di fare questa nuova azione prima delle elezioni europee. L’idea è di consegnare ufficialmente la Charta nell’ambito dell’hearing del 18 febbraio, il cui titolo è Go home, I would if I could… (Vai a casa. Andrei se potessi…), una frase che rappresenta le tante reazioni di “noi Europei”, che vorremo, specie in questo momento di crisi economica, rispedire via il maggior numero possibile di coloro che arrivano a cercare qui un futuro, senza porci la domanda di dove saranno rispediti e che cosa li aspetterà… Nello stesso hearing interverranno europarlamentari che illustreranno la situazione europea, con qualche riferimento a quella italiana. Per me è importante che arrivino al pubblico dei presenti voci e storie vere di rifugiati. Così, durante l’hearing ci saranno azioni e racconti teatrali con cui daremo un volto alle storie e un’esperienza alle cifre e alle leggi.

In quanti sarete?
Una quarantina tra attori e studenti di teatro. Con il Teatro di Nascosto sono coinvolti un’accademia teatrale e l’associazione degli artisti africani del Belgio. L’hearing è solo un inizio perché vogliamo già fissare un appuntamento per il dopo elezioni europee, in modo da garantire continuità al nostro lavoro sul tema dei rifugiati.

Intanto il governo italiano si accinge ad adottare misure sempre più severe ai danni degli immigrati, richiedenti asilo inclusi e, oltre a finanziare i centri lager in Libia, impone addirittura nuove tasse su chi, immigrato o richiedente asilo in Italia, si trova a pieno diritto nel nostro Paese…
È una situazione non solo italiana ma purtroppo attuale in diversi Paesi europei. Sono olandese e negli ultimi anni ho visto il mio Paese cambiare e diventare, da Paese ospitale che accoglieva anche 90.000 rifugiati l’anno, un posto che dà oggi protezione a non più di 9.000 persone. Vedo che sono adottate a volte misure che vanno verso il razzismo. In Italia fanno passare il popolo Rom e i rumeni come la feccia del mondo, in Olanda tocca ai marocchini… Ora in Italia è la volta dei decreti che chiedono ai medici di denunciare i clandestini che si presentano in ospedale per essere curati… Credo che stiamo andando in una direzione sempre meno tollerante… Una situazione semplicemente vergognosa.

Accennavamo in precedenza alla Charta di Volterra. Puoi raccontarci come nasce e quali scopi si prefigge?
La Charta nasce nel novembre 2007. Il documento è stato scritto da parlamentari venuti da diversi Paesi europei, che hanno stilato questo documento inserendovi direttive volte ad adottare una politica di accoglienza e protezione a livello europeo a favore dei rifugiati. Non siamo stati dunque noi, come Teatro di Nascosto, a scrivere la Charta ma dei politici. L’Hidden Theatre ha tante cose da raccontare sui rifugiati dopo anni di lavoro, ma noi non facciamo politica, bensì teatro reportage. Anche durante l’incontro con i parlamentari a Volterra abbiamo posto in essere azioni per rappresentare i rifugiati e le loro storie. Questo sentiamo come nostro compito.

Qual è il cuore della Charta?
La Charta contiene una seria di direttive per il rispetto dei diritti umani di persone che, non avendo per la più grande parte documenti all’arrivo in uno dei Paesi europei, sembrano non avere nessun diritto. D’altronde, per loro non esiste ancora in Italia una legge organica.

Perché una grande attrice come te un giorno scopre che il teatro può aiutare gli ultimi e decide di dedicare la sua intera vita al teatro reportage e all’impegno, assumendo sulla sua persona rischi anche gravi?
Non è stato una scelta fatta da un giorno a l’altro. Quando, abbastanza ignorante di quello che succedeva nel mondo, anni fa ho iniziato a viaggiare, a vivere sulla pelle, per poco, l’oppressione, le bombe, le conseguenze delle guerre, il dolore e l’odio; quando ho iniziato ad amare e volere bene alle persone che vivono sotto le bombe; quando ho vissuto la solitudine di una città che vive completamente isolata dal mondo una guerra quasi ignorata; quando ho visto negli occhi di tanti rifugiati che hanno vissuto con noi il dolore, l’odio, l’angoscia, e accanto a questo la voglia di continuare a vivere, non ho più potuto andare avanti facendo finta di non sapere. Sapevo, e ho sentito che dovevo raccontare, cercare di fare qualcosa. I rischi ci sono, quando si viaggia in una città dove se non ti proteggi ti potrebbero prendere in ostaggio, o dove potrà esplodere una bomba… Ma credo che se voglio raccontare davvero la vita di chi non ha voce, allora devo, anche per poco, vivere sulla pelle quello che tocca a loro, se si tratta di guerre. Ma anche, ad esempio, la condizione di donne che vivono in tribù.

Con parole semplici, Annet, ci spieghi perché i governi europei stanno sbagliando in materia di immigrazione e quale ricchezza gli immigrati, quelli onesti, rappresentano per un Paese vecchio e chiuso come l’Italia e per l’Europa tutta?
Non sono davvero un politico, anche se per il mio percorso professionale m’incontro con quel mondo. Credo che abbiamo raggiunto un tale benessere, pur essendo in crisi, che abbiamo paura di perderlo. So che qua adesso ci sono tante persone in difficoltà economica reale, inclusa me stessa, ma ho anche visto la differenza tra la nostra povertà e quella, per esempio, di Calcutta. Credo che tanto sia legato alla sicurezza, e anche alla proiezione dei nostri problemi sul “diverso”, che è più facile da attaccare, perché più debole, incapace di difendersi. Ma onestamente non ho risposte semplici e, ripeto, non sono una politica. Vedo che tanto è legato all’economia, adesso. Dopo anni di presenza pacifica in Gran Bretagna di portoghesi e italiani, che lavorano in Inghilterra a un costo più basso degli inglesi, ora con la crisi gli operai britannici dicono che gli stranieri rubano il loro lavoro. Credo che la convivenza di culture sia una ricchezza; che chi viene dalla povertà può insegnare a conviverci; che chi viene dalla guerra può aiutarci a dare un altro senso alla vita; che una religione diversa possa insegnare valori diversi. Ma so anche che le diversità possono creare conflitti e incomprensioni. Nel nostro lavoro ho imparato che una delle cose più importanti per poter convivere con persone che vengono da Paesi come Afghanistan, Rwanda, Kurdistan, Iran, Darfur, e da altri “mondi”, è raccontare, spiegare, condividere, e credo che questo potrebbe essere uno dei problemi del mondo occidentale: stiamo diventando sempre più individualisti, concentrati su noi stessi. L’incomprensione sta crescendo anche all’interno della nostra società. È un’incomprensione per il diverso: il senza tetto, il diversamente abile, l’anziano…

Come potrà il teatro salvarci in un Paese in cui al teatro non va più nessuno, o magari ci si va per istupidircisi al Bagaglino?
Non credo che il teatro possa salvarci. A volte divento molto pessimista. Però può, se il pubblico vuole, creare più coscienza e l’immedesimazione nelle vita di persone, come nel caso del Teatro di Nascosto, che vivono culture e situazioni molto lontane da noi, e con questo facilitare una comprensione diversa. E credo che il nostro teatro non possa aspettare che sia il pubblico a venire a cercarci; dobbiamo essere noi ad andare dal pubblico, fare le nostre azioni di teatro reportage dove vogliamo arrivare, da Piazza Montecitorio al Parlamento europeo, a scuole, piazze chiese, teatri…. Se poi, dopo uno spettacolo, alcuni studenti e a volte anche insegnanti raccontano di aver cambiato idea sugli extracomunitari, allora mi sembra di avera fatto qualcosa… Ma se uno si sofferma a guardare gli atteggiamenti e le chiusure del grosso dei governi e delle persone, allora a volte è inevitabile perdere la speranza… A volte quando viaggio – come per caso è accaduto alcuni giorni fa quando, in uno scompartimento di treno con due polacche e tre italiani, due dei quali, i più giovani, avevano un atteggiamento così sprezzante sia verso quelle donne sia verso di me (credendomi polacca) – sento quanto deve essere difficile, tante volte triste, la vita per chi, straniero, lavora in Italia, onestamente, ma non è rispettato per quello che è, ovvero, semplicemente, una persona onesta.