sabato 17 aprile 2010

Minicar, le bare a quattro ruote: per i miei lettori in omaggio un capitolo di “100 ottime ragioni per non amare Roma”


Le tragedie stradali a Roma degli ultimi giorni – con due giovani vittime della strada a bordo delle cosiddette minicar, ovvero quadricicli considerati dalla legge italiana alla stregua di motocicli – ha acceso finalmente i riflettori nazionali su questo fenomeno.
Ben prima che si verificassero le due tragedie di cui sopra, in “100 OTTIME RAGIONI PER NON AMARE ROMA” avevo denunciato con ironia il pericolo rappresentato dalle oltre 5.000 minicar che girano per la Capitale, spesso modificate illegalmente e guidate da minorenni immaturi o da veri pirati della strada.
Ai lettori regalo il capitolo di “100 ottime ragioni per non amare Roma”, il cinquantaquattresimo, sperando – come è scopo del libro – di informare facendo sorridere (o, se volete, di far ridere informando).

Chi c’ha i quattrini
nun c’ha mai torto

(proverbio romano)

Minicar

Ovvero, il far west.
Quando un uomo a piedi incontra un uomo con la minicar, l’uomo a piedi è un uomo morto, diceva più o meno Clint Eastwood in uno dei capolavori western di Sergio Leone (che purtroppo non mi era né nonno né zio, acc…!).
A Roma ciò accade, perché questo è il parco giochi più divertente e impunito del mondo.
E allora venghino siori, venghino!
La caccia è aperta!
La vuole gialla? È la più graziosa. Ma le facciamo rosse, blu… Anche nere, ma sanno molto di regime… Sa, di fascio… Ah, ma lei è… Beh, lo siamo tutti, no…? Eh, poro nonno mio…! Se figuri! Eccole la minicar nera. Vede lì? C’è anche posto per il manganello… Volendo, eh…! De ‘sti tempi…
E così, ecco i figli di papà, i cugini di mamma, i parenti di zia e tutti tutti tutti gli altri che, alla moda perché così deve essere, scelgono minicar.
La maxi moto a quattro ruote per i viziati impuniti del ventunesimo secolo.
Alè! Una meraviglia!
Si parcheggia meglio eh… Facendone un uso accettabile, ovviamente.
Sì, ma sono oltre 5.000. Cinquemila bare ambulanti guidate da pazzi scatenati appena svezzati e ancora puzzolenti di rigurgito e pannolino che zigzagano ai semafori, sfrecciano siccome siluri di moscovita schiatta, parcheggiano persino sotto le palle dei bronzi e dei marmi equestri e, se proprio non hanno niente da fare, truccano pure i motori e nottetempo partecipano a simpatiche gare di velocità al Pincio o in altri ameni luoghi. Luogo prima, loculo poi.
Tanto, i rischi sono calcolati.
Se sfascio la macchina, racconto una fregnaccia a papà e lui mi stacca l’assegnino. Era gialla? Et voilà! Ora me la faccio rossa!
Se ammazzo un innocente, scappo. Se resto bloccato per qualsiasi motivo, mi sento subito male, poi nego tutto, poi ammetto e alla fine mi pento, oh mamma quanto mi pento. Tre anni di gabbio per una vita umana, magari fuori per buona condotta dopo sei mesi, tiè famo otto… Se po’ fa’. Eppoi se sa: è tanto ‘n bravo ragazzo, de famija bona!... Se sarà sbajato l’acceleratore cor freno… Eppoi, me scusi tanto, sa, ma er morto che ce stava a fa’ popio là?...
Cinquemila folli, molti poco più che ragazzini, sfrecciano nelle strade di Roma.
Minicar o maxicazzi?