giovedì 25 giugno 2009

Andrea e il Paese dei cachi


Intervista ad Andrea Leccese, autore de “Torniamo alla Costituzione!

Nel Paese dell’evasione fiscale, dei furbi per forza e per vocazione e dell’abuso sempre permesso e condonato, la società civile non si è ancora arresa, e anzi lotta con forza e grinta, nonostante gli spazi d’espressione siano sempre più limitati. Andrea Leccese, autore per Infinito edizioni del pamphlet Torniamo alla Costituzione! compie una disamina lucida e inequivocabile dell’Italia in cui viviamo, mettendo in luce le responsabilità di tutti, non solo della mediocre classe politica da cui il Belpaese è afflitto. Partendo da chi, questa classe politica, se la sceglie a sua immagine e somiglianza. Ovvero tutti noi.

D. Andrea, da che cosa nasce questo tuo invito – quasi un grido di dolore – a tornare alla Costituzione?
R. Il mio saggio nasce anzitutto dalla preoccupazione per il diffondersi della becera invettiva antipolitica, quasi mai accompagnata dal reale desiderio di migliorare le cose. Bisogna smetterla di processare il Palazzo, di sputare sul potere, senza guardarsi allo specchio. Diciamocelo pure: gli italiani non sono molto meglio della classe politica che li rappresenta. La cosiddetta Casta non proviene da Marte. E la società che si lamenta del malcostume dei parlamentari è la stessa nella quale prosperano le più potenti organizzazioni criminali del mondo. È la stessa società che produce livelli di corruzione da “repubblica della banane”. È la stessa società dove l’evasione fiscale è una pratica collettiva. Dunque finiamola di insultare i politici, e avviamo piuttosto una seria riflessione sulla nostra società. Chiediamoci a che punto sta la nostra democrazia. Se ci guardiamo intorno, ci accorgiamo del quotidiano vilipendio di regole sancite a chiare lettere nella Carta Costituzionale. Se ci guardiamo intorno, ci accorgiamo che l’Italia è un Paese “fuori legge”, perché l’abuso dilaga ovunque.

D. In particolare, che cosa allontana oggi l’Italia reale da quella immaginata e impressa dai nostri padri costituenti in una delle carte fondamentali più avanzate e apprezzate del mondo contemporaneo, quella approvata il 27 dicembre 1947?
R. L’Italia che sognavano i nostri costituenti è un Paese fondato sulla solidarietà. Ma il loro fu un vero e proprio atto di “superbia intellettuale”. Come si può pretendere di imporre regole di democrazia sostanziale a noi popolo di furbi e di familisti “amorali”? La regola seguita dall’italiano medio è quella di massimizzare i vantaggi materiali e immediati della famiglia, pensando che tutti facciano lo stesso. “Frego il prossimo e lo Stato, perché tengo famiglia e perché così fan tutti”. Da noi, sembra essersi affermata una strana idea di libertà, quella di fare i propri porci comodi, gabbando il prossimo e calpestando le leggi e la Costituzione. Ma questa non è la libertà dei cittadini, ma la libertà dei ricchi, dei boiardi e dei confratelli. Che questo sia chiaro!

D. Nella quarta di copertina del tuo saggio parli, riferendoti all’Italia, del “familismo amorale di un Paese in cui la democrazia è manipolata”. In che cosa consiste esattamente questa manipolazione e come siamo arrivati fino a questo punto?
R. Gli strumenti di manipolazione della democrazia sono molteplici, ma il mezzo più efficace consiste nell’uso politico della paura. Si individua un nemico, normalmente gli extracomunitari, e si diffonde la paura, con lo scopo principale di giustificare agli occhi dell’opinione pubblica politiche reazionarie, di restrizione dei diritti civili e sociali. Ovviamente la paura viene seminata con i mass media. Ed ecco un altro strumento molto efficace per addomesticare il regime democratico: la disinformazione. Molto spesso, si ha l’impressione che da qualche parte operi una sorta di “ministero della Verità” che decide quali siano le notizie da dare. Quali quelle da nascondere. Quali quelle da mettere in risalto. Quali quelle da sussurrare. E quali siano le balle da confezionare. Un’informazione adulterata non può che tradursi nella manipolazione della stessa democrazia. Se guardiamo la tivù e leggiamo certi giornali, rischiamo di convincerci che il più grave problema di Palermo non sia più il “traffico”, ma i lavavetri al semaforo. Intanto, la Mafia S.p.a. produce un utile annuo di 130 miliardi di euro.

D. Come uscire da questa situazione?
R. Occorre appunto recuperare e diffondere i valori della Carta del 1947, una miniera da cui attingere preziose risorse per la nostra democrazia. Solo così potremo dire addio all’eterna Italia del “tengo famiglia”, all’eterna Italia del Marchese del Grillo, all’eterna Italia dei mafiosi che commemorano le proprie vittime, all’eterna Italia di uccellacci e uccellini.

D. Hai anche l’impressione che ormai nulla possa più scuotere i nostri connazionali? Come fare a recuperare o trovare l’amore per la patria, il rispetto per il prossimo e per la Costituzione, un vero senso di convivenza e di fratellanza in un Paese che sembra infrangersi, giorno dopo giorno, in mille pezzi?
R. Gli italiani hanno bisogno di esempi positivi che provengano non solo dai politici, ma da tutta la classe dirigente. E le famiglie possono essere collegate alla società tramite reti di associazioni che coltivino i valori democratici. Inoltre, si deve puntare molto anche sulla scuola che, con un più incisivo insegnamento delle norme costituzionali, può contribuire in modo efficace a creare le premesse per il progresso civile del nostro Paese.

D. Secondo te la classe politica contemporanea, indipendentemente dal colore politico, è in grado o semplicemente vuole “tornare alla Costituzione”, oppure ormai gli interessi di parte sono così cristallizzati e l’impunità per i potenti è arrivata a livelli tali da non far pensare che questo stato di cose possa, un giorno, essere civilmente e democraticamente modificato?
R. “Tornare alla Costituzione” è oramai una necessità. Il 2008 è stato l’anno di una crisi economica epocale. L’anno della crisi di quel capitalismo senza etica celebrato per decenni dai cosiddetti neoliberali. Essa ci dovrebbe insegnare che il sistema capitalistico non può esistere senza una giustificazione etica. Il capitalismo “sbrigliato”, senza regole, non solo provoca disastri economici, ma rischia di sgretolare le fondamenta della stessa convivenza civile. Ma dove troviamo la ricetta per una società migliore? Senz’altro nella Carta Costituzionale! Sì, proprio in quella norma fondamentale tanto denigrata dagli “spaghetti neocon”, promotori dello “Stato minimo” e del trionfo dei “porci comodi”. La Repubblica disegnata dai nostri Costituenti è uno Stato che interviene nell’economia con l’obiettivo di fondare una “società decente”, nella quale venga tutelata la dignità di tutti. È uno Stato che ha il compito di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” (art. 3, comma 2, Cost.).

D. Che cosa ne pensi del peronismo all’amatriciana in cui il Paese è sprofondato e delle idee di riformare la Costituzione in chiave presidenzialista, snaturando totalmente il progetto, ancora vivo e perfettibile, dei costituenti? L’Italia è in grado, oggi, di accettare e di sopravvivere all’“uomo forte” al potere o la vera via è e continua a essere il parlamentarismo?
R. Una riforma di questo genere non può non preoccupare gli spiriti democratici più attenti, in un Paese che è stato la culla del fascismo. In un Paese nel quale i germi del fascismo sono sempre vivi e vegeti. Al familista amorale non dispiace un sistema che garantisce l’ordine per le strade e la difesa delle frontiere, mentre chiude un occhio e anche due sull’evasione fiscale, sulla criminalità organizzata, sulla corruzione, sugli abusi edilizi, eccetera. Attenzione poi all’“uomo forte” eletto dal popolo e unto dal Signore, che può rivelarsi il Napoleon di turno! La democrazia produce facilmente la sua negazione. Preferisco di gran lunga il Parlamento, luogo della necessaria seppur “noiosa” dialettica democratica.

D. Un’ultima domanda. Parliamo di evasione fiscale, di cui approfonditamente sottolinei i disastri e le conseguenze nel tuo ottimo e accorato saggio. A che livelli è, oggi, l’evasione?
R. Ogni anno sfuggono al Fisco oltre 100 miliardi di euro. “Dati imbarazzanti per un Paese serio”, ha detto Luca Cordero di Montezemolo. In realtà, i numeri dell’infedeltà fiscale non sorprendono affatto. Italia, la terra dei cachi e dell’evasione fiscale.