Nuova estemporanea iniziativa del presidente della Republika Srpska (Rs), una delle due Entità in cui gli Accordi di Dayton del 1995 hanno suddiviso la Bosnia Erzegovina.
Il vulcanico e provocatorio leader del nazionalismo serbo-bosniaco – record mondiale di referendum indipendentistici convocati e poi regolarmente ritirati – questa volta è tornato a cavalcare uno dei suoi vecchi cavalli, o forse sarebbe meglio dire ronzini, di battaglia: la soppressione dell’Ufficio dell’Alto Rappresentante della comunità internazionale. Il miliardario padrone e signore della Rs ha così scritto di suo pugno una letterina all’Onu, nella quale sostiene che “dopo 16 anni di pace non vi è ormai più alcuna necessità di avere in Bosnia Erzegovina un Alto Rappresentante, che viola i diritti umani e democratici dei cittadini bosniaci, frena lo sviluppo economico, non favorisce l’integrazione nell’Unione europea e mina la costruzione di un consenso interno”.
Questione, evidentemente, di punti di vista, poiché – per quanto l’Ufficio dell’Alto Rappresentante in Bosnia abbia fatto molto meno di quanto avrebbe dovuto e potuto, la sua azione sia stata limitata da farraginosità burocratiche e dalla diplomazia, e non di rado la carica sia stata assegnata a politici di basso spessore internazionale – è proprio grazie alla presenza dell’Alto Rappresentante (oltre che fino a poco tempo fa di contingenti militari prima dell’Onu, poi della Ue, e oggi della polizia europea) se la Bosnia Erzergovina ha fatto qualche piccolo passo avanti sul terreno dello sviluppo, della democrazia e della sicurezza interna. Per Dodik, in effetti, la presenza internazionale in Bosnia è sempre stata una limitazione non dei diritti dei bosniaci, ma dei suoi presunti e infondati diritti di vita e di morte sui serbo-bosniaci. Interpretata in questo modo, la letterina del miliardario all’Onu può essere allora più chiara e non lasciare spazio a fraintendimenti. Su questo campo, si badi bene, Dodik non è isolato, poiché anche il nazionalismo musulmano da tempo aspira alla cacciata dell’Alto Rappresentante, ultimo baluardo per impedire che pochi noti finiscano di mettersi in tasca il Paese, dividendolo tra i loro sostenitori interni e quelli internazionali (nel caso di Dodik, senz’altro la Russia e la onnipresente Francia, in quello dei nazionalisti musulmani, Turchia, Stati Uniti e alcuni Paesi arabi).
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