martedì 16 ottobre 2012

Dodik il “gufo” e il collasso della Bosnia


Il presidente – e per due legislature primo ministro – serbo-bosniaco Milorad Dodik non ha a genio l’esistenza della Bosnia Erzegovina e non perde occasione per farlo presente in giro. Questa volta a raccogliere le perle di saggezza del miliardario ultranazionalista è stata la tv privata serba B92, alla quale Dodik ha dichiarato che “la Bosnia Erzegovina esiste ancora poiché la comunità internazionale è ancora legata all’idea ridicola di saldare il debito, perché tanto denaro è stato investito in essa”. Secondo “l’illuminato” tycoon, la Bosnia come è stata concepita a Dayton è un errore e la Republika Srpska, l’entità di cui egli è presidente, non deve farne parte. E affinché ciò accada, Dodik, signore e letteralmente padrone dell’Entità serbo-bosniaca, ha auspicato “il collasso” della Bosnia, cosicché “ciascuno si senta libero di andare dove vuole”. Lui, naturalmente, non ha dubbi sulla direzione da prendere, poiché “tra Sarajevo e Belgrado, io sceglierò sempre Belgrado”. Sussurri di un tenero innamorato...
Dodik, insomma, non si smentisce mai. Ma mai come in quest’occasione le sue parole sono vicine alla realtà. L’elezione alla presidenza serba di Nikolic, se i due riusciranno a venirsi incontro seppellendo le comuni antipatie da galletti nel pollaio del neo-fascismo nazionalista locale, è una strada importante verso il viatico auspicato da Dodik, anche perché ormai i partiti nazionalisti hanno del tutto bloccato il funzionamento della res publica bosniaca, con la conseguenza che il Paese è sempre più indebitato, ha perso tutte le principali risorse produttive perché svendute a gruppi amici dei potenti di turno e ha, come unica reale prospettiva, il fallimento. Fallire vorrebbe dire tornare al vecchio disegno nazionalista dell’Erzegovina bosniaca assorbita dalla Croazia, della Republika Srpska inglobata nella Serbia dei cugini chic e un po’ boriosi di Belgrado e della Bosnia “musulmana” largamente rurale con l’enorme testa sarajevese ridotta alla fatidica “tazzina di caffè” di cui si sarebbe accontentato il defunto ex presidente Alija Izetbegovic, che di nazionalismo avrebbe potuto dare fior di lezioni, anche lui.
Insomma, laddove non è arrivata la guerra e la carneficina, rischia di riuscire l’economia. Laddove non è riuscita l’aggressione, rischia di trionfare l’incapacità e la corruzione. Il risultato sarebbe lo stesso e alla fine, come sempre, a prevalere sarebbe una minoranza di gente con tanto pelo sullo stomaco. Materia di cui Dodik, e non solo lui, è ricco quasi quanto di soldi…