A proposito di elezioni e di disastri provocati dalla politica, giungono aggiornamenti dalla Repubblica serba di Bosnia (Rs), dove, all’indomani dell’alluvione, i nazionalisti serbo-bosniaci s’erano lanciati nella promessa di un bonus di 5.000 marchi convertibili a favore degli alluvionati.
Orbene, nella Rs è cominciata ufficialmente la
distribuzione dei buoni dell’importo di 5.000 KM, con l'obbligo di presenza
delle telecamere e dei più alti rappresentanti delle autorità locali, dopo i
primi scandali registrati lo scorso giugno, allorché capibastone locali avevano
cercato di approfittare dell’alluvione per farsi rifare casa. Ma una volta
intascato il buono, ecco gli inevitabili problemi. Molte imprese che avevano
firmato un impegno con il governo della Rs per l’incasso dei buoni stanno
chiudendo oppure stanno aumentano notevolmente i prezzi dei prodotti
necessari alla ristrutturazione di una casa. Non c’è la possibilità di
rescissione del contratto per le imprese che hanno firmato l’accordo con
il governo e adesso le stesse stanno cercando le garanzie, che non ci sono e forse
non ci saranno, dalle banche. I buoni, tra l’altro, possono essere usati dai
pochi che al momento li hanno ricevuti solo nella Repubblica Srpska, anche se magari
chi ha subìto danni vive a pochi chilometri o a poche centinaia di metri dalla
Federazione di Bosnia Erzegovina (FBiH), dove i prezzi dei prodotti utili sono rimasti
molto più bassi.
Sarebbe addirittura sorto una specie di mercato
nero dei bonus della Rs, con i buoni
da 5.000 KM venduti a 3.000 KM o anche a meno pur di avere il contante subito.
Insomma, un vero e proprio – l’ennesimo – disastro.
Nella Federazione non va di certo meglio, visto che
gli amministratori non hanno, al momento, ancora organizzato nulla a sostegno degli
alluvionati. È stata approvata, è vero, la decisione di costituire un fondo di
solidarietà, ma alcun passo successivo al momento è stato mosso, per cui non si
sa ancora – e forse mai si saprà – chi e come andrà a gestire il fondo, chi e
come controllerà la (auspicabile ma difficile) trasparenza della gestione, i
criteri per la distribuzione delle eventuali risorse e così via.
Il malcontento degli alluvionati è sempre più
grande, per qualcuno sfiora o va ben al di là della disperazione. La politica è
totalmente sorda ai bisogni dei cittadini, è in campagna elettorale ed è ben
decisa, una volta di più, a non rinunciare a neppure un privilegio. Nuove
manifestazioni di protesta sono alle viste e il rischio è che stavolta siano
molto più violente di quelle registrate nella prima metà del 2014, perché molte
persone oggi non hanno più nulla, neppure un letto in cui tornare a dormire
alla sera, e la disperazione rischia d’essere una cattiva consigliera. Questo
potere bosniaco non si porrà troppi problemi nel mandare i militari a
contrapporsi con la popolazione che scenderà in piazza per protestare. Oggi
come non mai viene purtroppo spontanea una drammatica domanda: che ne sarà
della povera Bosnia Erzegovina stuprata dalla guerra e definitivamente
distrutta dagli Accordi di Dayton?