Il
Parlamento nazionale bosniaco erzegovese ha respinto le due proposte
socialdemocratiche che intendevano negare ai criminali di guerra la possibilità
di candidarsi a cariche rappresentative e che puntavano, al contempo, a introdurre
il reato di negazionismo del genocidio di Srebrenica, con pene previste tra sei
mesi e tre anni di reclusione.
Nel
primo caso, il parlamento si è espresso con 16 voti a favore della non candidabilità
dei criminali di guerra, con 17 contrari e un astenuto. Nel secondo caso, è
finita in perfetta parità, 17 a 17, ciò che ha reso impossibile introdurre nel
codice penale il reato di negazione del genocidio.
A
fare la differenza sono stati, come facilmente prevedibile, i deputati
serbo-bosniaci, che hanno votato in massa contro le due proposte di legge.
I
socialdemocratici, incassate le due sconfitte, hanno chiesto All’alto rappresentante
della comunità internazionale di “uscire dal letargo” e di adoperarsi per fare
in modo che la Bosnia adotti le due proposte di legge e torni a essere presentabile
a livello internazionale. Finché questo non dovesse avvenire, continueranno a
sedere sui banchi del parlamento sia negazionisti sia politici con le mani
sporche di sangue, cosa che di solito coincide. Tutti sanno chi sono, incluso l’Alto
rappresentante, ma in quasi cinque lustri nessuno ha pensato di adoperarsi
affinché questa vergogna a cielo aperto abbia fine.