Il
vecchio distributore – che mai e poi mai, per svariate ragioni, rimpiangeremo –
ha scelto la settimana più fredda dell’anno per rendere i libri come da
contratto. Abbiamo così ricevuto alle otto del mattino di un gelido martedì 27
febbraio che ricorderemo a lungo ben tredici carton-pallet di dimensione
centimetri 120 per 80 di base, alti 80 centimetri. Dei mostri. Dentro le rese
nostre e quelle di un editore amico, che non aveva spazi logistici sufficienti
ad affrontare l’opera titanica. Totale: quasi 26.000 libri per circa quattrocento
titoli da lavorare. La maggior parte gettati dentro alla rinfusa. Molti dei
quali mai hanno visto il mondo al di fuori del magazzino del distributore.
Tanto, quando sono gli altri a pagare per i costi di stampa, qual è il
problema? L’ambiente? L’ecologia? Questi sconosciuti.
Il
lavoro, all’aperto, si è svolto dalle otto del mattino del 27 febbraio all’una
di notte del 28 febbraio; poi dalle otto del mattino del 28 febbraio alle
undici di sera del giorno stesso. Con l’incubo della neve (che per un’oretta in
effetti è scesa, il 27 pomeriggio), annunciata dalle dieci di sera del 28, e
con temperature che hanno raggiunto i -7 gradi centigradi. Il tutto, in due
persone.
Naturalmente
il telefono non ha fatto altro che squillare per due giorni. Ma rispondere era semplicemente
impossibile. Qualcuno ha anche scritto stizzito, sia sms che e-mail. Chissà mai
perché in tanti, troppi, hanno il brutto vizio di attaccare il prossimo prima
di sincerarsi che sia ancora vivo e in condizione di intendere e di volere…
Ora
ci troviamo tra piramidi e colonne di libri, con una domanda che ci mulina nel
cervello: che farne?
Vedremo.
Tutto
questo, alla fine, per dire che siamo tornati su piazza e che a volte ci sono
persone costrette a impegnarsi in lavori che gli altri nemmeno immaginerebbero.
Qualche
anno fa una vecchia collaboratrice mi “accusò” di aver scelto di fare questo
lavoro in proprio per starmene in pantofole, mentre lei, poverina, ogni giorno
doveva smazzarsi dei chilometri in auto per venire al lavoro. Io in quelle
trentanove ore, passate tra l’altro senza mangiare, tranne ogni tanto un tè
caldo (che diventava gelato nel volgere di dieci minuti) di pantofole non ne ho
viste. Ma le sognavo. Vedo e ascolto ogni giorno tanti luoghi comuni. Magari
prima di spararne fuori altri, sarebbe bello che in tanti sperimentassero l’esperienza
di riordinare 26.000 libri al gelo. Altro che pantofole, mia cara ex collaboratrice…
Nelle due foto, qualche scorcio di colonne in smaltimento...