martedì 29 marzo 2011

“Monnezza”, ovvero sulla suggestione dell’uomo che affonda nelle sue deiezioni mentre politici e camorristi ridono – intervista a Francesco De Filippo


Nato a Napoli nel 1960, Francesco De Filippo è giornalista, scrittore e uomo d’alti ideali e profonda umanità, che ha fatto dell’impegno civile parte irrinunciabile del suo stare al mondo. MONNEZZA (Infinito edizioni, novembre 2010) ne è la dimostrazione evidente. Definito da Andrea Camilleri "una divertentissima e amara metafora sulla vicenda della monnezza che da fenomeno reale si trasforma addirittura in una metafisica della condizione umana”, questo libro, giunto alla terza edizione, è la cronaca acre vergata con dolore e al contempo punte di grande ironia e comicità da un ottimo e raffinato scrittore che racconta la sua città – e l’intera Italia – mentre sprofonda nei rifiuti, respira diossina, si ammala. Spiegando quali sono i meccanismi, drammatici e criminali, che permettono che questo accada ogni giorno sulla pelle dei napoletani perbene. Di tutti gli italiani perbene.
Abbiamo parlato di MONNEZZA con Francesco De Filippo, raccontando non solo il libro ma tracciando i confini – tutt’altro che invisibili – della corruzione, del clientelismo, della vergogna che soggioga un’intera città, una regione, un Paese, agli interessi di pochi corrotti e altrettanti criminali loro accoliti.

Napoli, la Campania, l’interno Meridione, ma in realtà tutto il Paese, sono alle prese con l’allarme immondizia. In determinati momenti sembra quasi che si debba finire tutti per affogare in questa quantità immensa di “monnezza” in cui annaspiamo. Perché questa emergenza e perché questa strana periodicità della crisi?
Soltanto alcune regioni italiane si sono dotate di impianti di smaltimento rifiuti che, dopo la raccolta differenziata, sono in grado di convertire in energia il frutto della combustione dei rifiuti stessi. O, almeno, di distruggere l’immondizia e nel modo meno dannoso possibile. Al contrario, sono la maggior parte quelle regioni che ancora conferiscono in discarica una gran parte di rifiuti solidi, magari in modo indifferenziato: un sistema ormai dall’insostenibile impatto ambientale. È questo che causa la crisi. Se il caso di Napoli è più tragicamente teatrale, quello di Palermo non è meno grave, così come quello di Roma, dove la discarica di Malagrotta è ormai pressoché satura e l’alternativa è l’apertura di un’altra discarica.

La commistione camorra-politica, nel caos campano, è esemplarmente descritta nel tuo splendido libro. Puoi riassumerne i passaggi essenziali per chi ci legge?
Il libro, tengo a precisare, non è un saggio o un’inchiesta giornalistica ma un romanzo, ironico e spiritoso. Ho voluto spiegare come sia possibile che una grande città di cultura, un’antica capitale, una metropoli possa finire materialmente sommersa sotto migliaia e migliaia di tonnellate di “monnezza”. Il libro comincia dunque con la comparsa dei primi insediamenti edilizi abusivi in una zona periferica dove la tolleranza o l’amicizia ha il sopravvento sulle regole. Quando però il fenomeno si allarga, questo buonismo diventa violazione, affarismo; e se ad esso si intrecciano la camorra e la politica, allora si trasforma in prevaricazione e corruzione. Nel libro l’apoteosi si consuma in una sorridente, ipotetica riunione ad altissimo livello locale.

Ma quale camorra è quella che gestisce la crisi rifiuti a Napoli? Una camorra violenta, che spara ai testimoni, o una camorra paragonabile alla nuova mafia, quella dei colletti bianchi, che investe in borsa e frequenta i salotti-bene della Repubblica?
Ritengo che esistano due livelli, collegati tra loro, di criminalità organizzata: la manovalanza e i colletti bianchi; i primi operano nelle strade, i secondi in borsa, negli uffici asettici agli ultimi piani dei grattacieli, nelle sedi deputate alla politica. La manovalanza, opportunamente indirizzata, provoca i disordini sociali, la seconda briga perché in Campania giungano di continuo finanziamenti. Questa è la ragione dell’emergenza: creare le condizioni perché da Roma arrivino fondi per risolvere in qualunque modo e in fretta le proteste di piazza e l’interruzione del prelievo della monnezza. Quando urge fare qualcosa non si va tanto per il sottile: si opera in deroga ai controlli, alle ispezioni, spesso alle regole.

“Monnezza” nasce dopo un lungo viaggio che hai fatto personalmente nel degrado della tua città e della sua periferia. Quali immagini ti sono rimaste più impresse di quel viaggio e come le hai fatte confluire nel tuo lavoro letterario?
Quando in televisione guardiamo i cumuli di immondizia nelle strade ci manca un elemento fondamentale per comprendere questa stato di cose: l’olfatto. Le montagne di sacchetti non sono solo volume, spazio, sono fetore che allontana, che semina nell’aria veleni e sostanze che rendono precaria la situazione igienico-sanitaria. La suggestione dell’uomo che affonda, che viene sommerso dai propri rifiuti, dalle proprie deiezioni è enorme e filosofica. Io ho fatto un lavoro faticoso: tradurre il dolore, l’offesa fisica inflitta agli incolpevoli napoletani perbene in quello spirito distaccato e gommoso tipicamente partenopeo che consente a questo popolo di resistere a qualunque calamità naturale o umana.

Domanda da cento milioni di euro: Napoli in particolare, l’Italia più in generale, usciranno mai dalla crisi-immondizia?
Attenzione: la vicenda napoletana non è un fenomeno localistico. In questa vicenda sono coinvolti tutti: imprenditori settentrionali, politici di vari schieramenti e diverse provenienze geografiche, boiardi e servitori di Stato. Basta guardare cosa sono riuscite a scoperchiare le indagini della magistratura. Una volta tanto voglio ragionare per luoghi comuni, quelli banali e grossolani dei leghisti: mettiamo il caso che davvero il Sud sia soltanto terra agricola di bergamotti e arance e il Nord il polmone industriale del Paese; da dove provengono allora le migliaia di tonnellate di scorie tossiche portate al Meridione? Dove sono gli efficaci controlli del Nord? E dove l’onestà, dove le regole degli alacri industrialotti settentrionali? Quali sono i rapporti di questi con la camorra e le altre organizzazioni criminali?
Si esce dalla crisi soltanto con la realizzazione di un ciclo completo di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi. Cito solo un dato: Copenhagen usufruisce di teleriscaldamento che usa il calore di scarto prodotto dalle centrali elettriche alimentate dai rifiuti. Non da oggi, dal 1984: 27 anni fa!

Vieni da una città che convive quotidianamente con la tragedia dei reati ambientali, in un Paese in cui ne viene compiuto uno in media ogni tre quarti d’ora. Come i reati contro l’ambiente e il paesaggio hanno cambiato il volto di Napoli, con quali conseguenze?
I reati ambientali sono quelli che si vedono meno e creano maggiori danni. Il paesaggio, l’orografia del territorio cambiano poco, o, se ciò avviene, il cambiamento è così lento da non essere visibile a occhio nudo. Chi si accorge, ad esempio, di una collina ricoperta di verde sorta nell’arco di anni in una zona fuori mano di Milano, Roma o Palermo? A New York già decenni fa erano “cresciute” montagne: nulla di naturale, si tratta di strati di rifiuti. Lì come in Italia il fenomeno è uguale. Quando non si sviluppa in altezza, l’immondizia affonda nel terreno per trenta, cinquanta metri. Immensi vasconi scavati nelle periferie in cui si getta di tutto e che, una volta colmi, vengono ricoperti con elementi naturali. Che si tratti di rifiuti normali o di scorie tossiche, in pochi se ne accorgono. Chi tra cinque, dieci anni si ammalerà di tumore o sarà affetto da altre gravi patologie, come ricondurrà il suo male all’essersi cibato – oggi - di alimenti coltivati in prossimità di discariche? All’aver inalato – ieri - diossina sviluppatasi dall’incendio di plastiche o acidi?

Secondo te “mariuoli” e politici incompetenti (quelli competenti li mettiamo d’ufficio tre i “mariuoli”?…) come la prenderebbero se leggessero il tuo libro?
Riderebbero, ma senza quel retrogusto tragico che ha la risata del lettore comune e critico. Riderebbero divertiti. Gli italiani si sono incattiviti e i politici che li rappresentano – tranne pochi esempi – sono animati da una cieca rapacità e da uno spietato individualismo che ricorda lo spirito sbrigativo e feroce dei camorristi. Vuoi che rimangano colpiti dal “leggersi” nelle pagine di un libro? Occorre ben altro per la redenzione.