venerdì 1 aprile 2011
Retayan, la bambina che trasforma l’attesa in speranza e l’abbandono in famiglia – intervista ad Anna Maria Persia
C'erano una volta,
in un Paese che sembrava adagiato tra il cielo e l’azzurro Golfo del Hean, un Re e una Regina che non sapevano fare i genitori, poiché nessuno l’aveva insegnato loro.
Quando nacque la loro bambina, la splendida principessina Retayan, decisero di affidarla alle Fate Invisibili dell’allegria e dell’armonia, sicuri che quelle le avrebbero trovato una mamma e un papà in grado di accudirla e farla crescere felice.
Così comincia RETAYAN, il bel libro scritto da Anna Maria Persia e illustrato da Serena Rossi (Infinito edizioni, 2011, 36 pagine a colori su carta patinata in formato cm. 20x20, € 9,00), dedicato al mondo delle adozioni.
La piccola principessa Retayan è figlia di un re e di una regina che non sanno essere genitori. La bambina, appena nata, viene affidata alle Fate Invisibili dell’Allegria e dell’Armonia, per accudirla e farla crescere felice. Retayan va così a vivere, come tanti altri bambini, nel Castello Incantato tra i Monti Careim, dove le Suore si prenderanno cura di lei in attesa che le Fate le trovino una nuova famiglia, che la saprà amare e la farà davvero sentire una vera principessa.
È, RETAYAN, una favola basata su storie realmente accadute, illustrata ad acquerelli, sincera e delicata, che parla di adozione, d’amore, d’amicizia, con un finale dolce come gli occhi grandi e profondi di Retayan e di migliaia di bambini che condividono ogni giorno la sua esperienza.
È inoltre, per andare ancora più in profondità, un testo scritto sapientemente per giungere facilmente alla comprensione di lettori appartenenti a diverse fasce d'età.
La prima chiave di lettura è quella più piana e superficiale, destinata a un pubblico infantile, che trova nel libro avventura, amicizia, amore genitori-figli, semplici riflessioni sui diritti dei bambini.
La seconda chiave di lettura, più profonda, è quella destinata a un pubblico adolescenziale e adulto, con diversi livelli di approfondimento a seconda del background culturale del lettore. In questa seconda chiave troviamo allora facilmente e profondamente tematiche importanti come non solo l'adozione ma prima ancora l'abbandono, il trauma del rifiuto da parte dei proprio genitori, il sostegno all'infanzia che soffre e i diritti violati o negati, la forza universale dell'amicizia e il riscatto dalla condizione di dolore. ma anche una lettura scorrevole e divertente.
Le illustrazioni accompagnano abilmente e coerentemente questo doppio impianto, diventando a tutti gli effetti parte integrante del testo.
Ogni fascia d'età può trovare dunque il suo ristoro intellettuale e il suo livello d'impegno etico e morale in questo lavoro, in linea con la tradizione di questa casa editrice, che fa della coniugazione tra impegno sociale e piacere intellettuale la sua grande scommessa e, fin qui, uno dei suoi solidi punti di forza.
Di tutto questo e molto altro abbiamo parlato con l’autrice del libro, Anna Maria Persia.
Anna Maria, come nasce e chi è “Retayan”?
Sono partita dall’idea di raccontare cosa pensassero i bambini in istituto quando vedevano arrivare le mamme e i papà dei loro amici; cosa significasse per loro vederli andar via. Ho provato, attraverso il racconto, a dar voce ai loro pensieri e alle loro paure e li ho riportati in questa fiaba, perché le fiabe ci aiutano a trasformare l’attesa in speranza, la paura in forza e i desideri in realtà. E trasportata dalla fantasia ho immaginato che per i bambini vedere andar via un amico, con i propri genitori, fosse la testimonianza che i miracoli accadono davvero.
Raccontare queste sensazioni, oltre che un atto d’amore verso tutti i bambini che ho incontrato lungo il mio percorso, mi sembrava la cosa giusta da fare per rappresentare un mondo, quello dell’infanzia negata, fatto di attese e di sofferenze e che forse troppo spesso si ignora. Volevo porre l’attenzione sui diritti dei bambini ad avere una famiglia, ad avere protezione e cure necessarie.
Una delle cose che mi sono sentita chiedere durante la stesura della fiaba è se quella che si stava delineando era la storia della mia principessa e se stavo raccontando la mia esperienza di madre adottiva. Posso dire che i sentimenti sono assolutamente veri, concreti e vissuti, ma come in tutte le fiabe il tempo, il luogo, perfino i personaggi posseggono una magia e una indeterminatezza che li rende non identificabili. Retayan quindi è una bambina, anzi è ogni bambino “sospeso” che trova una mamma e un papà.
Possiamo provare a fare un “identikit” di Retayan, considerando la protagonista della tua favola la “bambina media” in attesa di un’adozione?
È una bambina abbandonata che vive in un istituto da poco tempo o forse da tanto, comunque senza l’affetto e l’amore dei genitori, senza le relazioni tipiche di una famiglia. Conosce la paura e la sofferenza, tuttavia nessuna difficoltà riesce a scoraggiarla. È determinata, è forte e non si lamenta neppure quando ha fame, sete o si sente male. Al di là di tutto, sa gioire delle piccole meraviglie che la vita le offre, ma la sua più grande risorsa è la speranza; infatti mai, neppure per un momento, rinuncia a pensare che il suo sogno possa realizzarsi.
Quali sono le problematiche dell’adozione internazionale e perché molte coppie scelgono questa soluzione al posto dell’adozione nazionale?
Le problematiche sono molte, basti pensare ai costi elevati (biglietto aereo, albergo, pranzi e cene), alla lunga attesa, agli ostacoli burocratici da superare e anche al difficile riconoscimento dell’idoneità. Però, in realtà credo che non siano tanto le coppie a scegliere l’uno o l’altro iter adottivo quanto i tribunali. Mi spiego meglio. La maggior parte presenta contemporaneamente doppie domande sia per l’adozione nazionale che per l’internazionale. Siccome la disponibilità nazionale ha validità tre anni, i tribunali prima dello scadere del tempo non prendono in considerazione le coppie, sperando che l’iter internazionale vada avanti e si concluda. Effettivamente in tre anni una coppia riesce ad adottare un bambino con l’adozione internazionale.
Il tempo è il fattore più pesante per una coppia di aspiranti genitori adottivi o c’è di peggio?
Sicuramente lo è, ma bisognerebbe considerare il tempo come fase ulteriore di preparazione. “L’attesa” è l’occasione per capire meglio i propri sentimenti e il significato di diventare genitori di un bambino abbandonato.
Invece, vista dall’altra parte, dalla parte di una bambina o di un bambino che aspetta dei genitori, quali sono i momenti più duri da superare?
I bambini affrontano due tipi di problematiche in momenti diversi: prima di incontrare i genitori e dopo che li hanno incontrati.
Prima: i bambini vivono le ansie dell’attesa, il dolore di vedere gli amici andar via e la paura di non realizzare i propri sogni.
Dopo: i bambini vivono le paure di cominciare una nuova vita con due persone sconosciute, in un Paese lontano; la paura di lasciare tutto il loro mondo (lingua, affetti, abitudini, punti di riferimento) per entrare definitivamente in un altro, ricominciando tutto da capo. I bambini compiono un salto nel buio e affrontano l’ignoto da soli. Poi piano piano arriva il giorno in cui il miracolo si compie e i due sconosciuti diventano mamma e papà.
Esiste un trauma da superare dopo che finalmente genitori adottivi e bambino si sono riuniti? E come farcela?
All’inizio del percorso adottivo, molte coppie pensano che basti l’amore per superare tutto. A volte pensano: “Quando il bambino starà con noi le sue ferite scompariranno” . E ancora: “Più il bambino è piccolo meno ricordi ha, più è piccolo e meno risente degli effetti dell’abbandono”.
Niente di più sbagliato! Le ferite si curano, non scompaiono. Essere adottati non è qualcosa che accade e poi si mette da parte, il passato resta e l’abbandono lascia i segni in un neonato così come in un bambino più grande. I genitori non possono cambiare né cancellare il passato del proprio figlio; quello che invece è fondamentale è rispettare e ascoltare la loro storia, per scrivere insieme il presente e il futuro. Solo così il bambino potrà meglio convivere con quello che è successo prima.
Qual è stato per te il momento più duro e quale quello indimenticabile, che ti ha ripagato di ogni sofferenza?
I momenti più belli sono stati quelli quando ho visto le loro foto, i più duri il tempo che ho dovuto aspettare prima di partire; quelli indimenticabili quando li ho presi la prima volta tra le braccia.
Questa splendida fiaba non solo vuole raccontare con dolcezza e positività ad adulti e bambini l’avventura dell’adozione, ma ha anche molteplici finalità etiche. Quali?
Lo scopo della fiaba non è solo quello di rappresentare le sofferenze dei bambini, perché rappresentarle non basta; i bambini che vivono negli istituti hanno bisogno di medicinali, cibo, vestiti, istruzione: per questo i proventi derivanti dai diritti d’autore del libro saranno interamente devoluti a favore dei bambini abbandonati. I progetti da seguire sono tanti, di volta in volta si stabiliscono quelli ai quali dare priorità.
Che cosa ha detto la tua Retayan quando ha visto che la sua mamma è diventata una scrittrice e che ha raccontato una storia che poteva essere simile alla sua?
Mia figlia non è contenta che io scriva, non perché abbia qualcosa contro le scrittrici – ci mancherebbe! – Lei è contro qualsiasi tipo di lavoro se a farlo sono io. Spera, come tutti i bambini, che la mamma resti a disposizione 24 ore su 24. Quanto alla storia, è stata molto chiara, mi ha detto: “Mamma, le fiabe sono tutte inventate, solo tu hai scritto una fiaba vera”. Tutto sommato non credo che il suo giudizio volesse essere negativo.
Un consiglio per chi, in conclusione, sogna di adottare.
Posso solo dire che l’adozione è una grande avventura. Affascinante e piena di vita.
È un sogno che si realizza. Una vita che comincia di nuovo per i figli, una vita che comincia di nuovo per i genitori. Certo è anche una sfida. Ci vuole una lunga preparazione e spesso ci si spaventa di fronte alle difficoltà che si debbono superare; a volte si pensa di non essere pronti.
Ma ne vale la pena perché al termine della strada c'è una affettività dilatata, senza confini.
I proventi dei diritti d’autore di questo libro sono devoluti in progetti a favore dei bambini abbandonati.