venerdì 14 ottobre 2011

Facebook: quando la censura oltre che idiota è cieca e sorda


“Incitamento alla violenza!”: un’accusa da carcere quella avanzata contro Enzo Barnabà. Non un ultrà da stadio – badate bene – né un facinoroso delle nostre giungle urbane. Barnabà è un ricercatore storico di accreditata competenza e accuratezza, è un saggista e un romanziere noto sia in Italia che in Francia. Ed è un uomo che da tutta la vita combatte contro i nazionalismi, i fascismi e le censure.
Barnabà è autore, tra gli altri, di un libro che ha venduto qualche migliaio di copie e che in Francia non è passato inosservato (anzi, potremmo dire che è stato abbondantemente adoperato come fonte di ispirazione…). “Morte agli Italiani”, s’intitola il libro, edito da Infinito edizioni nell’ottobre 2008, ristampato da allora tre volte e poi ampliato in un’aggiornata seconda edizione. Il volume, molto apprezzato dal pubblico e recensito con parole magnifiche da Gian Antonio Stella (che ha anche scritto una splendida prefazione) sulle pagine del “Corriere della Sera”, analizza scrupolosamente i documenti e rivela verità inedite e oggi – grazie al lavoro di Barnabà – universalmente riconosciute sull’eccidio di Aigues-Mortes, nel sud della Francia, che il 17 agosto 1893 costò la vita a nove operai italiani linciati da una folla inferocita e ha portato a un radicale e drammatico peggioramento dei rapporti tra Roma e Parigi.
“Il libro di Enzo Barnabà è una boccata d’ossigeno. Perché solo ricordando che siamo stati un popolo di emigranti vittime di odio razzista si può evitare che oggi, domani o dopodomani si ripetano altre cacce all’uomo. Mai più Aigues-Mortes. Mai più”, ha scritto nella sua prefazione al libro Gian Antonio Stella. Dov’è, allora, il problema?

Barnabà, che è uomo di diplomazia e ragionamenti profondi, proprio per promuovere il ricordo dei fatti e farne lezione per l’umanità – oggi, in tempi di dilagante razzismo e xenofobia nell’Italia della Lega Nord e dei rigurgiti di un passato non troppo lontano fatto di leggi razziali – ha deciso di aprire una pagine su Facebook, grande agorà della libertà d’espressione in rete, radunando attorno a questa pagina più di 500 persone. Tra le quali, guarda un po’, anche il sindaco di Aigues-Mortes, oltre ad altri amministratori pubblici e politici italiani (nessuno dei quali, per inciso, accusabile di estremismo), professori, intellettuali e altri ancora. Barnabà ha inaugurato la sua pagina, tra l’altro, nel 2008, non l’altro ieri, ma il 6 ottobre 2011, un giovedì come tanti altri, Facebook si accorge di questa pagina, piena di riflessioni e di documentazione storica, e…la cancella! Perché “incita all’odio”!
“Mi hanno cancellato la pagina ‘Morte agli italiani!-Mort aux Italiens!’ sostenendo che vi si incita alla violenza, mentre è vero proprio il contrario: imparare dalla storia a non commettere i crimini del passato. La pagina è bilingue e ha pubblicato una notevole mole di documenti e interventi di storici italiani e francesi, tra i quali quelli di Gerard Noiriel, il maggior studioso francese dell’argomento”, spiega un accigliato e sorpreso – e offeso – Barnabà. Aggiungendo che “il libro ‘Morte agli Italiani’ e la stessa pagina Facebook a esso dedicata sono serviti da base alla Giornata di riconciliazione della Memoria del luglio 2010 che ha avuto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica”. Ma questo Facebook non lo sa e non lo vuole sapere, visto che parlare con un essere umano stipendiato dalla prestigiosa agorà del terzo millennio è impossibile. Spiega Barnabà: “Annaspo nel surreale, ma, quando cerco di segnalare l’abbaglio, passo al kafkiano. Il centro assistenza di Facebook possiede un’ampia casistica che non menziona tuttavia il mio problema. Riesco con fatica a trovare una serie di indirizzi e-mail, ma tutti mi rispondono in automatico e mi ripropongono la casistica di cui sopra: il gatto che si morde la coda. Esiste una maniera per invitare Facebook a dare uno sguardo un po’ più attento alla pagina che con fatica e passione curo da anni nell’intento di lanciare un messaggio di non violenza e di tolleranza?”.
Alla domanda possono solo rispondere il ricco Mark Zuckenberg, Mr. Facebook, e i suoi disattenti e irrintracciabili censori. Intanto, dal 6 ottobre, Facebook non è stata liberata dalla pagina di un pericoloso istigatore ma è stata impoverita di contenuti fondamentali per la comprensione delle dinamiche migratorie e per la loro rielaborazione in un’ottica di rispetto dei diritti umani.
Difficile dire se Facebook farà ammenda. La domanda, allora, è: val la pena continuare a mettere se stessi su un sistema di comunicazione cieco, sordo, muto e ottuso, dunque l’esatto opposto della comunicazione, o sarà meglio “emigrare” altrove, lasciando a Zuckenberg una scatola vuota e asettica con cui trastullarsi?
“Comunicare con le macchine è impossibile. Non disumanizziamo il mondo. Facebook deve poter permettere di contattare, per iscritto o a voce, un umano con cui dialogare”, insiste Barnabà. Ma, ammesso che la stampa e internet si occupino del caso, chi lo dirà ai responsabili ciechi, sordi, muti e fuori dal mondo in cui viviamo di Facebook?