giovedì 29 ottobre 2015

Germania, in manette Paraga: nel 1993 fece uccidere tre volontari italiani

Si chiamavano Sergio Lana, Fabio Moreni e Guido Puletti i tre volontari italiani partiti da Brescia e fatti assassinare da Hanefija Prijić, detto Paraga, il 29 maggio 1993, all’inizio del secondo anno di guerra in Bosnia Erzegovina. Lana, Moreni e Puletti si stavano recando – autorizzati e attesi – nella cittadina di Zavidovići, nella Bosnia centrale, per portare aiuti umanitari e prelevare una sessantina di vedove di guerra con figli per sottrarre tutti loro alle mostruosità della guerra e condurli in salvo.
Le tre vittime viaggiavano con altri due volontari e pacifisti italiani, Agostino Zanotti e Christian Penocchio.
Intercettati dal gruppo di fuoco guidato da Paraga sulla via che collega Gornji Vakuf con Travnik, la cosiddetta “strada dei diamanti”, i cinque italiani erano stati fatti scendere dai loro mezzi di trasporto ed erano stati trascinati in uno spiazzo nel bosco. Qui, dopo alcuni attimi di esitazione e di tensione terribile, Paraga dette ordine di assassinare i cinque volontari italiani. Va ricordato che Paraga non agiva né da paramilitare né tanto meno da balordo sbandato, essendo egli a quel tempo comandante del terzo battaglione della 317ima brigata della Armija BiH, ovvero l’esercito regolare della Bosnia Erzegovina, sottoposto agli ordini che giungevano attraverso la catena di comando dallo stato maggiore di Sarajevo.
Lana, Moreni e Puletti caddero trafitti dai colpi, Penocchio riuscì a farsi passare per morto mentre Zanotti riuscì miracolosamente a gettarsi in un corso d’acqua, rimanendovi nascosto per ore. I due sopravvissuti riuscirono successivamente a raggiungere la località di Bugojno e a chiedere la protezione dei caschi blu, denunciando la vicenda.
Da allora Zanotti e Penocchio, insieme alle famiglie delle tre vittime, non hanno mai lesinato gli sforzi per ottenere giustizia e verità.
Giustizia è stata fatta solo in minuscola parte quando, nel 2001, Paraga fu condannato da una corte bosniaca a 15 anni di reclusione per la strage di volontari italiani di Gornji Vakuf. Tra i testimoni, faccia a faccia col carnefice, c’erano Zanotti e Penocchio, che riconobbero davanti ai giudici il carnefice dei loro compagni. La pena fu poi ridotta a 13 anni in appello, ma dopo alcuni anni di reclusione il condannato era stato ammesso ai benefici della semilibertà.
Zanotti, però, non s’è mai arreso. Non solo ha continuato, con l’associazione di cui è presidente – Ambasciata della Democrazia Locale (ADL) di Zavidovići – a viaggiare lungo la Bosnia per portare conforto alla popolazione civile di Zavidovići, ma ha condotto coraggiosamente una lotta di giustizia e verità coinvolgendo anche le autorità italiane. È stato questo che ha portato, l’altro ieri, all’arresto a Dortmund, in Germania, di Paraga, in virtù di un mandato di arresto internazionale emesso dalla giustizia italiana contro l’ex comandante bosniaco, ricercato nel nostro Paese per “tentato omicidio, omicidio preterintenzionale e rapina a mano armata”.
Ora la parola spetta alle autorità giudiziarie teutoniche, che saranno a breve chiamate a determinare se dare seguito – come tutti ci auguriamo – alla richiesta di estradizione italiana o se invece rimettere in libertà il criminale bosniaco erzegovese. Il quale – e siamo al doloroso capitolo della verità – non ha mai chiarito se e da chi abbia avuto ordine di far assassinare i volontari italiani, né ha mai voluto fare luce sulle ragioni di quell’atto crudele ed efferato ai danni di cinque pacifisti che si proponevano, in tutto e per tutto autorizzati sia dalle autorità bosniache sia dall’Unprofor, di portare in salvo dei civili inermi.
Speriamo di poter avere presto risposte e di ricevere quanto prima notizia dell’ok all’estradizione in Italia di Paraga. Sarebbe un primo spiraglio di luce su questa storia orribile.