venerdì 8 aprile 2016

Mia madre ha sempre avuto una passione smisurata per le ciliegie...

Mia madre ha sempre avuto una passione smisurata per le ciliegie. Nella vecchia casa, un tempo, avevamo un albero che, in più di trent’anni di vita, aveva sviluppato un tronco grande e slanciato e dei rami robusti e nervosi, aperti a guardare, dall’alto della fitta coltre estiva di foglie, i quattro punti cardinali.
Ogni anno, tra fine giugno e fine luglio, mia madre giocava la sua dura partita con l’albero di ciliegie. Dopo essersi tolta le scarpe, senza neanche l’aiuto di una scala si arrampicava lungo il tronco e, una volta arrivata alla base dei rami, scelto quello giusto cominciava la scalata alla conquista dei grappoli più maturi. Nulla poteva farla retrocedere dalla sua lotta personale per i preziosi frutti, neppure le formiche o il solleone.
Un giorno, l’ultimo che la vidi arrampicarsi sull’albero, mise un piede in fallo e rischiò di farsi molto male. In attesa che i “volontari” la traessero d’impaccio, rimase per una lunga manciata di secondi appesa per le sole mani a un alto ramo, con le foglie immobili nella densa calura del primo pomeriggio estivo. Una volta scesa, non fece una piega. Ci distribuì in premio le ciliegie che aveva raccolto e riposto nelle capienti tasche del grembiule e si disinfettò le abrasioni, togliendosi di dosso una a una le poche formiche che l’avevano eletta a loro personale universo. L’anno dopo comprò una lunga scala e cambiò le sue abitudini.
Alla fine di quell’estate l’albero morì, improvvisamente. Le radici marcirono, le foglie caddero, il tronco parve piegarsi di lato, come fosse scosso da un dolore a noi incomprensibile. Forse – mi accarezzò per un istante l’idea – a uccidere quell’essere solitario fu l’assenza improvvisa del peso del corpo di mia madre, la scomparsa del solletico fatto dai piedi sulla corteccia, la mancanza delle gocce di sudore che, scivolandole dalla fronte lungo le gote e il naso verso il mento, il caso stillava imprevedibilmente, facendole picchiettare con sorda sinfonia sulla grigia corteccia liscia e dura del ciliegio.

(Incipit del terzo capitolo di EDEN. IL PARADISO PUO' UCCIDERE)