La Corte
di Cassazione di Amsterdam ha giudicato colpevoli, in terzo grado di giudizio,
i peacekeeper olandesi per la morte di tre cittadini bosniaci appartenenti al
gruppo nazionale musulmano. La sentenza si riferisce alla tragedia del
genocidio di Srebrenica, consumatosi tra l’11 e il 16 luglio 1995 sotto lo
sguardo tutt’altro che vigile e responsabile di 400 caschi blu olandesi,
appartenenti al Dutchbat III, il famigerato terzo battaglione olandese agli
ordini del baffuto colonnello Ton Karremans (decorato, come molti altri suoi
colleghi e sottoposti, dallo Stato olandese proprio per il “servizio” reso a
Srebrenica…).
La
Cassazione ha confermato la sentenza di secondo grado della Corte d’Appello
(2011), in una causa civile promossa dai famigliari delle tre vittime contro lo
Stato olandese. Nella sentenza, la Cassazione olandese riconosce come il 13
luglio 1995 i caschi blu inviati da Amsterdam di stanza a Srebrenica abbiano
respinto i tre cittadini bosniaci musulmani da una “zona protetta” sotto il
controllo dei militari di Amsterdam, di fatto consegnando le tre persone agli
aguzzini serbo-bosniaci e serbi al comando di Ratko Mladic e di diversi
“comandanti” paramilitari impegnati nel mettere in esecuzione il genocidio.
L’aggravante, se possibile, è data dal fatto che due delle vittime avevano fin
lì svolto servizio di traduzione e interpretariato per i tre battaglioni
olandesi succedutisi di sei mesi in sei mesi a Srebrenica a cominciare dal
gennaio 1994.
Per
tradurre il tutto, avendo raccolto spesso a Srebrenica e Tuzla storie relative
al comportamento abominevole degli olandesi durante i giorni tragici del
genocidio, in sostanza gli olandesi consegnarono le tre vittime agli assassini
ai comandi di Mladic; in altre occasioni, invece, gli olandesi omisero di proteggere il personale
bosniaco che fino a un istante prima aveva lavorato per il Dutchbat, questo perché il personale bosniaco chiedeva di estendere la protezione a loro sulla carta
spettante ai famigliari. Tuttavia, di fronte al diniego olandese, alla fine
i collaboratori bosniaci del Dutchbat hanno preferito andare a morire accanto ai loro cari piuttosto che salvarsi
da soli.
Amnesty
International ha parlato di “sentenza storica”, a ragione. “La sentenza
dovrebbe aprire le porte alla piena riparazione, compresi i risarcimenti da
parte del governo olandese verso i familiari che hanno promosso la causa e le
altre famiglie di vittime del genocidio”, ha commentato Jezerca Tigani,
vicedirettrice del Programma Europa e Asia Centrale di Amnesty.
Purtroppo
non sarà così facile né immediato, ma i bosniaci hanno ricevuto una grande dose
di ottimismo e un prezioso insegnamento da questa storica sentenza e l’auspicio
è che non recedano dalla loro volontà di avere giustizia attraverso il ricorso
ai tribunali di tutta Europa e del mondo intero.